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INTERVISTA/GRANADOS

«Così stanno distruggendo il Giovanni Paolo II»

In questa intervista al sito spagnolo Religion Confidencial, che riportiamo integralmente, il vice preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, padre José Granados, chiarisce come i nuovi Statuti minacciano gravemente l'identità dell'istituto e denuncia le manovre per eliminare i docenti "scomodi". 

Ecclesia 02_08_2019
Padre José Granados

Pubblichiamo la traduzione integrale dell'intervista concessa al sito spagnolo Religion Confidencial dal vice preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, padre José Granados.

È vero che i nuovi statuti stanno distruggendo l’eredità di Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia?
Nei nuovi statuti c’è una svolta decisiva: la drastica riduzione della teologia morale. Nel comunicato ufficiale dell’istituto, emesso il 29 luglio, si dice che la teologia morale trova una nuova collocazione e si segnala che ci sono due cattedre di morale: da un lato la morale sull’amore e sul matrimonio, dall’altro l’etica della vita. Quello che non si dice è che ci sarebbero già, secondo i vecchi statuti, due cattedre dedicate a questi insegnamenti (una cattedra di morale speciale, su sessualità e matrimonio, e una di bioetica). Non si dice nemmeno che, nel piano di studi, la morale sul matrimonio (equivalente alla morale speciale) a oggi, vale solo 3 crediti, la metà rispetto agli altri insegnamenti. La morale, pertanto, è stata dimezzata e non solo: ai docenti che la insegnavano è stato dato il benservito: Melina, Noriega e, per la bioetica, Maria Luisa Di Pietro.

Particolarmente preoccupante è la soppressione della cattedra di morale fondamentale, occupata da mons. Melina. È una cattedra attiva da 38 anni, per la quale ha insegnato il card. Caffarra, e potremmo dire che è essenziale per il lavoro dell’Istituto, se consideriamo che Wojtyla era moralista e che l’assegnò al primo presidente dell’Istituto.

Per approfondire la domanda che mi fa, le do un altro dato, che non riguarda gli statuti, bensì i corsi cancellati in modo inaspettato, in quanto erano già programmati e preparati da marzo: sono stati licenziati quasi tutti i docenti polacchi (Kupkcak, Kwiatkowski, Grygiel). Tenevano corsi in qualità di esperti su K. Wojtyla/Giovanni Paolo II, inerenti in modo particolare i suoi scritti, la sua spiritualità familiare, la sua filosofia. E ora quali corsi verranno offerti per approfondire l’eredità di San Giovanni Paolo II? Per non parlare poi della professoressa Maria Luisa Di Pietro e dei suoi vari corsi, con lei sparisce la rappresentante numero uno del contributo del card. Sgreccia, il quale fu docente nell’Istituto e molto stimato da Giovanni Paolo II. Da ultimo, dando un’occhiata al piano di studi, noterà che anche Antropologia filosofica dell’amore umano, tanto importante per Wojtyla, che esiste solo in una cattedra (ossia quella del professor Kampowski), prevede solo la metà dei crediti rispetto agli insegnamenti delle altre cattedre.

Quali altri cambiamenti sono stati portati agli insegnamenti?
In una delle prime udienze che San Giovanni Paolo II concesse ai docenti dell’Istituto, il card. Caffarra gli disse che tutti i docenti erano disposti a battersi per gli elementi della dottrina cattolica: l’insegnamento di Humanae Vitae sull’amore coniugale e l’indissolubilità del matrimonio. Finora, praticamente tutti i docenti che hanno insegnato nell’Istituto, hanno difeso queste due verità. Se saranno confermati i nomi di alcuni professori che figurano come nuovi, verranno messi in dubbio degli aspetti chiave di questi due insegnamenti. Come si può dire che sarà mantenuta l’eredità di Giovanni Paolo II, punto sul quale ha fortemente insistito il Santo Padre Francesco nel voler rinnovare l’Istituto?

Nei nuovi statuti diminuisce il peso collegiale dei docenti stabili, ci sarà invece un potere diretto del Gran Cancelliere. Quali conseguenze avrà questo cambiamento di potere?
A chi paragona gli statuti vecchi con quelli nuovi almeno due cose sono chiare: in primo luogo, diminuisce la presenza del collegio docenti (i docenti stabili al momento hanno solo due rappresentanti, mentre prima partecipavano tutti, coi loro diversi insegnamenti). Questo vale per l’intera esistenza dell’Istituto: diminuisce il contributo collegiale dei docenti stabili per le tesi di dottorato o per il piano di studi.

In secondo luogo: la nomina di nuovi docenti, decisiva per una comunità accademica, ora è a discrezione diretta del Gran Cancelliere. Esaminando con attenzione il procedimento si vedrà che è quasi impossibile che il corpo docenti possa opporsi alla nomina di un candidato da parte del Gran Cancelliere. Prima si richiedeva che il consiglio, composto da tutti i docenti stabili, approvasse a maggioranza il candidato, e il Gran Cancelliere si limitava ad approvare la persona presentata dal Preside, dopo aver ottenuto l’approvazione del Consiglio.

Soprattutto la perdita della collegialità crea problemi, perché in un istituto interdisciplinare, che si caratterizza per lo studio dello stesso ambito (matrimonio e famiglia) dai diversi punti di vista di ogni insegnamento, è necessario il contributo di tutti i docenti nelle diverse cattedre, sia per esaminare il piano di studi, sia per approvare le tesi di dottorato, sia per eleggere i nuovi membri del corpo docenti. E questo dovrebbe essere riconosciuto come un diritto negli statuti stessi, in quanto punto vitale dell’istituzione.

Quindi l’identità dell’Istituto è morta?
Se quello che si dice sarà confermato, ossia che arriveranno docenti come Maurizio Chiodi - che è favorevole alla contraccezione e che accetta come “bene possibile”, in date circostanze, gli atti omosessuali – e altri sulla stessa linea (senza seguire le procedure abituali, parlando di un’“urgenza”, ma senza spiegarne le motivazioni), si creerà un’enorme tensione nell’Istituto. Con i poteri ora nelle mani del Gran Cancelliere, e le intenzioni che rivela, rinunciando a Melina e Noriega, la sostituzione del corpo docenti con un altro estraneo al pensiero di San Giovanni Paolo II sarà solo questione di tempo. L’identità non è morta, ma è gravemente minacciata. Per questo occorre far presente con rispetto, ma al contempo con chiarezza, le difficoltà oggettive di questo cambiamento e mettere in guardia circa il pericolo per la missione originaria dell’Istituto, che Papa Francesco ha ribadito chiaramente di voler preservare, esattamente perché in essa c’è una fonte di novità e di cammino per la Chiesa e il suo sostegno alle famiglie. È la gravità della situazione che mi ha spinto a rispondere alle sue domande, dopo aver fatto queste osservazioni, invano, a mons. Paglia e mons. Sequeri, in questi anni di ristrutturazione. In qualità di vicepresidente della sede di Roma, in questo periodo di transizione, ho ritenuto necessario esonerarmi dalla responsabilità rispetto ai nuovi statuti, essendone venuto a conoscenza il giorno stesso della loro pubblicazione. Essi non si possono considerare in alcun modo frutto di un lavoro comune, insieme al resto dei consigli dell’Istituto.

Un'altra novità è l'eliminazione della cattedra di Teologia Morale…
In effetti, è un insegnamento decisivo. Se non si conoscono e non si collocano al posto giusto i fondamenti della morale, la morale matrimoniale resta una cosa campata per aria. Così come ti poni davanti a Veritatis Splendor, allo stesso modo affronti le questioni di morale speciale, come la moralità della contraccezione o gli atti sessuali al di fuori del matrimonio. E allo stesso modo ti metterai davanti alla grandezza della vocazione a cui Dio chiama l’uomo e alla dignità della misericordia con cui egli viene rigenerato in Cristo, per poter fare il bene e vivere una vita grande e bella. Pensi che l’allora card. Ratzinger elogiò il documento chiave dell’Istituto nello sviluppo di questa disciplina di morale fondamentale, a tal punto che negli statuti approvati nel 2011, tra gli scopi primordiali dell’Istituto viene menzionata la morale fondamentale, cosa che adesso viene fatta fuori. Infatti, nell’articolo 2 degli statuti del 2011, dove si parla degli scopi dell’Istituto, è inclusa: “ricerca teologica nell’ambito dei fondamenti della vita morale cristiana”.

Perché la cattedra viene eliminata?
La ragione addotta nel comunicato stampa dell’Istituto è inconsistente. Si dice che è un insegnamento del primo ciclo di teologia, che gli studenti dovrebbero aver già assodato. Tuttavia, tra gli insegnamenti ce ne sono almeno altri due (antropologia teologica e teologia fondamentale) che rientrano in questa casistica, e che non sembrano crear problemi. Inoltre, è risaputo che un insegnamento di carattere generale, quando è frequentato al livello superiore della laurea, non si limita a ripetere quanto già appreso nel ciclo istituzionale. Si tratta di approfondire diversi aspetti, come può vedere chiunque dia un’occhiata ai corsi offerti da Melina negli ultimi anni. Melina ha approfondito diversi aspetti concreti della morale fondamentale per far luce, da lì, sulla morale coniugale e familiare. E perché su questo argomento non è stata fatta alcuna obiezione nei 38 anni di vita dell’insegnamento? La ragione addotta può essere spiegabile solo come una cortina di fumo. La vera e triste ragione? Non sarà che Melina, in qualità di titolare della cattedra, è rimasto fedele a Humanae Vitae e a Veritatis Splendor, e che si elimina la cattedra per poter far fuori Melina?

Da qui nasce un'altra domanda: Che cosa ne sarà dell’Area di ricerca in teologia morale fondamentale, una volta che verrà a mancare la cattedra? È un’Area istituita dal card. Scola, fu presieduta in primis da Melina e, in seguito, dal professor Perez Soba, e ha organizzato quasi venti convegni internazionali, con numerose pubblicazioni prestigiose, invitando, tra gli altri teologi, Ratzinger, oltre ai moralisti più rinomati degli ultimi anni e appartenenti alle più svariate tendenze teologiche.

Quindi i professori Melina e Noriega non insegneranno più all’Istituto Giovanni Paolo II. Può chiarire le ragioni addotte dall'Istituto?
In merito alla motivazione fornita a Melina (se non c’è una cattedra, non c’è nemmeno un professore), ho già spiegato la gravità della soppressione di questa cattedra, dopo 38 anni di vita. Perché eliminare morale fondamentale, dicendo che è del primo ciclo, e non antropologia teologica, anch’essa del primo ciclo? E perché aggiungere una cattedra di teologia fondamentale della fede, anch’essa del primo ciclo? Finché non si darà una risposta a queste domande  (anche se son domande senza risposta), resta solo una spiegazione. Non è che Melina non rimane perché non c’è una cattedra; al contrario non c’è una cattedra perché Melina non rimane. È stata fatta fuori la morale fondamentale per sbarazzarsi di un docente di fama riconosciuta, senza giudizio, né diritto alla difesa, solo perché la sua proposta di teologia morale non piace.

Riguardo a Noriega, viene addotta come ragione un’incompatibilità tra il suo incarico di docente e il suo incarico di Superiore Generale di una congregazione religiosa dei discepoli. Tuttavia il canone152 del Codice di Diritto Canonico proibisce soltanto l’assunzione di due incarichi incompatibili e lo stesso si legge in Veritatis Gaudium, art. 29. In questo caso, sono incompatibili, quando la comunità religiosa di p. Noriega conta soltanto 24 membri a pieno titolo? La risposta richiede un giudizio prudente. E le due persone a cui competeva farlo, ossia, i due precedenti presidi, Melina e Sequeri, non hanno ritenuto incompatibili i due incarichi, permettendo quindi al prof. Noriega di insegnare per 12 anni, e la sua condizione di superiore era pubblica e ben nota. Inoltre, il fatto che non erano incompatibili è chiaramente dimostrato dal fatto che entrambi i presidenti hanno affidato a Noriega un ulteriore incarico, quello di direttore editoriale, che andava ad aggiungersi alle sue funzioni di docente. Insomma, non solo ha potuto svolgere il suo incarico di docente, ma lo ha fatto assumendo un lavoro aggiuntivo. Da ultimo, il prof. Noriega termina il suo incarico di superiore generale tra cinque mesi, cosa che mons. Paglia e mons. Sequeri già sanno. Se il problema è l’incompatibilità, e si valuta il suo lavoro, perché non gli concedono adesso, come previsto nel regolamento della curia, un’aspettativa di sei mesi, così da risolvere il problema? Se non si fa così, quale altra spiegazione rimane, se non che si tratta di una scusa per poter liberare la cattedra di morale su amore e matrimonio e sbarazzarsi dell’addetto alle pubblicazioni? È per via della linea pro Humanae Vitae e Veritatis Splendor che ha seguito?

Questi due casi sono gravissimi in un contesto accademico. C’erano per caso problemi dottrinali nell’insegnamento di questi docenti? Come potranno testimoniare gli studenti e come confermerebbe un’analisi dei suoi scritti, sono sempre stati nel rispetto del Magistero, compreso quello di Papa Francesco. Spiegare il magistero papale in continuità con i precedenti pontefici non solo è fondamentale per qualsiasi ermeneutica cattolica, ma va anche a vantaggio del Papa stesso. In ogni caso, se si pensa che ci siano dei problemi dottrinali nel loro insegnamento, perché non li si giudica e non si dà loro la possibilità di difendersi?

La questione, dicevo, è grave. Inoltre, se si permettono questi oltraggi, sarà minacciata la libertà di insegnamento di tutti i docenti. Questo riguarda tutti noi, poiché potremo venire espulsi, non perché neghiamo la dottrina della fede (in questo caso l’espulsione sarebbe giusta), ma perché seguiamo linee teologiche che non piacciono alle autorità universitarie. Da questo punto di vista, tutti noi che abbiamo una cattedra universitaria siamo Melina e Noriega. Dovrebbe allarmarci tutto questo esercizio arbitrario del potere sulla discussione argomentativa in una ricerca comune della verità, che è propria delle università. E cosa penseranno, nell’ambito universitario europeo, di questo modo di procedere?

In effetti, se i nuovi Statuti approvati mantenessero l’identità del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II e non stravolgessero gli insegnamenti, come si spiegherebbe la reazione decisa di 240 studenti ed ex studenti
Come può vedere dalle mie risposte, ci sono problemi seri, che gli studenti hanno rilevato. La lettera, di fatto, non è stata fatta filtrare dagli studenti, in quanto loro l’hanno pubblicata il 30 luglio. La pubblicazione è arrivata dopo aver appreso del comunicato stampa dell’Istituto, in cui si affermava che i rappresentanti degli alunni chiedevano soltanto dei chiarimenti riguardo alle novità, e non si riconosceva il vero scopo della lettera. Questo è il link messo a disposizione dagli studenti: https://www.appellostudentigp2.com . Con la loro azione comune, rispettosa e coraggiosa, i nostri studenti rendono testimonianza di quello che hanno incontrato nell’Istituto, una luce sulla verità dell’amore, che ha aperto loro orizzonti di grandezza e dimostra di essere feconda nel loro ministero pastorale con le famiglie. La lettera si spiega da sola e include le ragioni della loro paura per il fatto che non si mantiene quell’identità che San Giovanni Paolo II ha voluto dare all’Istituto da lui fondato e affidato alla protezione della Vergine di Fatima.