«Così mia figlia Marianna ha convertito me e molti altri»
La storia di Marianna Boccolini, morta prematuramente a seguito di un incidente stradale e del misterioso fiume di grazie di conversione che scaturisce dal suo ricordo: «Ci sono persone che pregano Marianna, che hanno anche ricevuto delle grazie. Continuo a rimanere stupita di tutto questo, mi fa capire che Marianna non è solo mia». Intervista alla madre, Maria Letizia Tomassoni.
La morte prematura di un bambino o di un ragazzo è una tragedia non solo per i suoi familiari ma per la comunità in cui egli ha vissuto: gli amici, la scuola, la parrocchia, ecc. Dare un significato a un dolore così grande è impresa impossibile al cuore umano. Avere un figlio, un fratello, un amico o un alunno in Cielo, tuttavia, può imprimere un indirizzo luminoso alla vita di chi gli sopravvive.
Il passaggio sulla terra di splendide anime come quella del beato Carlo Acutis (1991-2006), di David Buggi (1999-2017) e di tanti altri bambini o adolescenti (sulle cui vite la Nuova Bussola Quotidiana ha pubblicato un libro e varie sorprendenti testimonianze), ha attualizzato una volta di più quanto scritto nel Vangelo: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Gv 12,24). Il frutto in questione è la conversione di un gran numero di persone. Così è stato anche per Marianna Boccolini (1992-2010), ragazza umbra di straordinaria bellezza esteriore ma, soprattutto, interiore. Come Carlo Acutis, anche Marianna crebbe in una famiglia non molto religiosa; inoltre, a sette anni, patì la separazione dei genitori (nel 2004, la madre Maria Letizia Tomassoni, di professione medico, ha avuto una seconda figlia, Susanna, dal nuovo compagno). Ciò non ha impedito a Marianna di sviluppare una fede solidissima, accompagnata da una straordinaria saggezza e da riflessioni sorprendentemente profonde.
Alla vita di Marianna Boccolini sono stati dedicati alcuni libri tra cui Un mondo a colori. La storia di Marianna (Edizioni Porziuncola), di padre Massimo Reschiglian, e Marianna Boccolini. Il sorriso della compassione (Editrice Velar), di Cecilia Galatolo. La prima persona che si è convertita dopo la morte di Marianna è stata proprio sua madre, Maria Letizia, che ha raccontato alla Nuova Bussola Quotidiana di questa figlia così fuori del comune.
Dottoressa Tomassoni, quand’è che si è accorta di avere una figlia speciale?
Io e suo padre ci siamo resi conto da subito che questa bambina aveva una marcia in più. Mostrava una maturità, una profondità e una sensibilità che a volte ci sconvolgevano. Quando aveva tre anni, una volta mio padre le domandò: “Marianna, cos’è per te la vita?”. E lei rispose: “Nonno, la vita è il rischio di non morire”. Pur non essendo cresciuta in una famiglia di praticanti, pur non facendo parte di un movimento o di un gruppo di preghiera, Marianna frequentò il catechismo e molto di quello che diceva e faceva già svelava l’azione dello Spirito Santo. A 5 o 6 anni, sotto Natale, ci rimproverò per essere tutti presi dal pranzo o dai regali e di non prestare attenzione al povero che stava lì fuori con la mano tesa. Aveva un’intelligenza precocissima, a tre anni già leggeva e scriveva ma stupiva anche questa sollecitudine che aveva verso i più fragili. Essendo molto studiosa, la maestra un giorno mi disse che avrebbe voluto vedere Marianna intervenire di più in classe, quando i compagni non erano in grado di rispondere alle sue domande. Io lo riferii a mia figlia, che mi rispose: “No, mamma, non alzerò mai la mano per non umiliarli…”. Vedeva la vita in modo diverso da noi, con una profondità che stupiva. Nel settembre 2001, aveva nove anni e rimase molto scossa dal crollo delle Torri Gemelle. Prese allora un pezzetto di carta e scrisse una poesia sulla guerra, al termine della quale spiccava questa frase: “Sto piangendo nell’alto dei Cieli, a causa di tutto questo”… In quella circostanza mi chiesi se fosse triste o depressa, tuttavia, molti anni dopo, padre Massimo mi fece notare: “Non avevi capito che in quel momento stava sentendo con il cuore di Dio che piange per tutti i suoi figli”. Dopo la sua morte e la mia conversione tante cose mi sono diventate più chiare.
In che modo Marianna visse la separazione dei suoi genitori?
La stessa compassione che aveva con i compagni, con i poveri, con gli ammalati, l’aveva anche nei nostri confronti. Come dicono di lei gli amici, Marianna non giudicava mai nessuno e amava senza pretendere di essere amata. A undici anni, quattro anni dopo la nostra separazione, lei scrisse di “essere stata un’egoista” e per aver pensato solo alla propria sofferenza per quella separazione e “non al fatto che anche loro [la mamma e il papà, ndr] potessero soffrire, tanto quanto me”.
È vero che, sull’esempio di Marianna, oltre a lei, molte altre persone si sono convertite?
Certamente. C’era un suo compagno di classe, di origine albanese e musulmano, che tutti evitavano, perché era considerato un bullo. Marianna, che non si fermava mai alle apparenze, volle invitarlo a uno spettacolo natalizio, a cui la accompagnavo. Lei diceva che questo ragazzo non era compreso e aveva ragione. Quella sera scoprii una persona completamente diversa, educata, corretta e dotata di profondità d’animo. Ebbene, dopo la morte di Marianna quel ragazzo si è convertito al cristianesimo. Marianna non negava il male, a volte correggeva fraternamente i suoi coetanei ma era sempre attenta a mostrare loro il bene che potevano fare. Ricordo anche di un suo professore ateo che, a una riunione, aveva detto: “Non mi nominate Dio, per carità!”. Lui rimase molto toccato dalla testimonianza di Marianna, in particolare attraverso i suoi temi. Anni dopo la sua morte, lo stesso insegnante ha detto che Marianna è riuscita a parlargli di Dio senza nominarlo, che non imponeva la sua fede a nessuno, eppure è riuscita a scalfire il suo cuore indurito. Oggi questo professore sta facendo un percorso di fede. Ci sono persone che pregano Marianna, che vanno alla sua tomba, alcuni hanno anche ricevuto delle grazie. Continuo a rimanere stupita di tutto questo, sono sempre commossa di fronte alla grandezza di Dio: mi fa capire che Marianna non è solo mia.
Le circostanze della morte di Marianna sono state una prova per lei, sua madre, non solo per il lutto in sé ma anche per la necessità di perdonare l’amico che era con lei in macchina, al momento dell’incidente fatale, avvenuto il 18 agosto 2010. Cosa avvenne?
Quel ragazzo aveva perso la madre sette mesi prima e Marianna gli era stata molto vicina. Una sera di quell’estate la riaccompagnò qui a casa e ripartì sgommando. Io le dissi che non mi piaceva come guidava e le chiesi chi fosse. Mi rispose che era Amedeo e io, realizzando che si trattava del ragazzo che aveva subito un lutto, consigliai a mia figlia di non andare più in macchina con lui: col dolore che ancora viveva, temevo potesse avere i riflessi poco pronti, anche alla guida. Marianna, però, alzando l’indice, mi guardò con autorevolezza e fermezza e mi disse: “Mamma, non lo giudicare mai, qualunque cosa accada”. Una risposta che mi ammutolì. Pochi giorni dopo, accadde l’incidente in cui Amedeo guidava e Marianna morì insieme ad altri due amici. Anni dopo, padre Massimo mi ha detto: “Non solo lei l’ha perdonato in anticipo ma ti ha preparato il terreno perché lo perdonassi anche tu”. Amedeo mi chiese se poteva venire al funerale di Marianna. Io gli risposi: “Se te la senti…”. Lui ci teneva tanto. Durante la cerimonia funebre, mentre ero accanto alla bara, ho parlato solo con lui, allontanando tutte le persone che ci interrompevano. Com’è possibile che quel giorno ho dato così tanta importanza al responsabile, sia pure involontario, della morte di mia figlia? Sono cose che puoi spiegare solo con la grazia del perdono, a cui Marianna mi aveva già preparato. Ricordo che ringraziai Amedeo per aver avuto la prontezza di estrarre il corpo di mia figlia dalle lamiere, poco prima che prendesse fuoco. Il corpo di Marianna rimase integro e io potei vestirla con il mio abito da sposa che lei provò qualche tempo prima di morire. Mi disse: “Mamma, tienilo da parte, lo indosserò il giorno più importante della mia vita”. Non parlò di “matrimonio”: lei sentiva che sarebbe morta molto giovane… Negli anni successivi ho continuato a sentire Amedeo, che ha perso anche il fratello, pure lui per un incidente stradale. In quell’occasione ha risposto al mio messaggio di condoglianze, scrivendo: “So che ce la farò ad andare avanti grazie alla fede che mi avete tramesso tu e Marianna”. Alla messa del trigesimo, mi sono seduta accanto a lui, al posto di sua madre e, al momento della pace, ci siamo scambiati un abbraccio liberatorio. Lo Spirito Santo passa tra noi nei modi più sorprendenti e impensabili.
Secondo lei, in questo momento, in Cielo, per chi o per cosa sta pregando Marianna?
Una delle ultime cose che mi disse fu: “Mamma, farò il medico ma non come te. Voglio fare il medico per i più sofferenti”. Mi chiesi cosa intendesse dire e pensai volesse fare il medico in Africa. Oggi sono sicura che il suo cuore e la sua anima stanno pregando per chi soffre, per i poveri, per chi è povero nel cuore, fragile, lontano, soprattutto per i giovani, per i suoi coetanei che lei desiderava tanto aiutare.