Cosa ci si può aspettare dalla nuova enciclica di Francesco
Sarà firmata il 3 ottobre, ma il titolo (“Fratelli tutti”) e il sottotitolo (“Sulla fraternità e l’amicizia sociale”) già annunciati fanno pensare che la terza enciclica di Bergoglio sarà sulla scia della Dichiarazione di Abu Dhabi. Un indizio lo si può trovare pure nella sua omelia del 14 maggio. E, forse, il papa espliciterà meglio il controverso passaggio sulla diversità di religione
Titolo e sottotitolo annunciati confermano l’indiscrezione sulla nuova enciclica “scappata” lo scorso 26 agosto al vescovo di Rieti, monsignor Domenico Pompili. La fratellanza umana, infatti, sarà il tema centrale di Fratelli tutti, nome tratto dal sesto capitolo (De imitatione Domini) delle Ammonizioni di san Francesco. Nel passaggio che ha ispirato il pontefice per il titolo, il Poverello d’Assisi utilizza l’espressione “omnes fratres” per un invito: “Noi tutti, fratelli, guardiamo con attenzione il Buon Pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce”.
Questo non è l’unico elemento che rimanda al santo da cui Bergoglio prese il nome pontificale sette anni fa, perché l’enciclica sarà firmata il 3 ottobre ad Assisi al termine di una Santa Messa celebrata sine populo sulla tomba situata nella Basilica inferiore.
Il contenuto del documento si conoscerà soltanto fra una ventina di giorni, ma si possono sin da ora azzardare previsioni alla luce delle voci filtrate. Dopo l’annuncio ufficiale del Vaticano sull’imminente uscita, molti osservatori hanno parlato di proposta del papa per il mondo post-Covid. In realtà, c’è da dire che l’enciclica - come conferma anche il Tablet, settimanale cattolico inglese - era stata preparata prima dello scoppio della pandemia. È inevitabile, però, che il testo non ignorerà tutto quello che nel frattempo è accaduto nel pianeta.
Così come recita il sottotitolo, sarà un documento “sulla fraternità e l’amicizia sociale” che probabilmente approfondirà quanto già affrontato nella Dichiarazione di Abu Dhabi. Di questo il pontefice ha fornito un indizio non marginale lo scorso 14 maggio, mentre in Italia e in molti Paesi vigeva ancora il lockdown per l’emergenza sanitaria. Nell’omelia pronunciata a Santa Marta quel giorno, infatti, Bergoglio aprì il “Giorno di fratellanza, giorno di penitenza e preghiera” indetto proprio dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana nato per promuovere la Dichiarazione firmata negli Emirati Arabi Uniti il 4 febbraio del 2019. In quell’occasione, il papa anticipò il titolo dell’enciclica, ricordando che «San Francesco di Assisi diceva: “Tutti fratelli”». Una formula in cui il pontefice considerò inclusi «fratelli e sorelle di ogni confessione religiosa (...) uniti nella fratellanza che ci accomuna in questo momento di dolore e di tragedia».
Questa menzione potrebbe essere interpretata come una traccia del filo diretto che dovrebbe legare il documento di Abu Dhabi a quello in uscita il prossimo 3 ottobre. Francesco è consapevole che il testo firmato con il Grande Imam di al-Azhar non gode certo di consenso unanime nel mondo cattolico, specialmente per il problematico passaggio nel paragrafo 5 sul «pluralismo e le diversità di religione». E proprio nell’omelia anticipatrice della Tutti fratelli fece cenno lui stesso, utilizzando il verbo al futuro, all’argomentazione principale dei critici: «Forse ci sarà qualcuno che dirà: “Questo è relativismo religioso e non si può fare”. Ma come non si può fare, pregare il Padre di tutti? Ognuno prega come sa, come può, come ha ricevuto dalla propria cultura».
Sono le preoccupazioni che, tra gli altri, avevano avanzato il vaticanista Aldo Maria Valli in un intervento sul suo blog Duc in altum (“Se Dio diventa relativista”) e il filosofo Josef Seifert, ex membro della Pontificia Accademia per la Vita, secondo cui «attribuendo a Dio la volontà che ci siano religioni che contraddicono la Sua Divina Rivelazione (...) Egli viene trasformato in un relativista che non sa che esiste una sola verità». Non è da escludere che la probabile continuità tra Abu Dhabi e Assisi riaccenda il dibattito sul discusso passaggio, ma il papa - volendo interpretare le sue parole del 14 maggio anche nell’ottica dell’uscita dell’enciclica - appare determinato ad andare avanti.
Interpellato dalla Nuova Bussola, Adnane Mokrani, primo teologo islamico ad insegnare alla Pontificia Università Gregoriana, commenta con entusiasmo l'imminente pubblicazione della lettera apostolica dedicata alla fratellanza umana che vede come «un atto di resistenza umana e religiosa contro tutte le derive affrontate dall’umanità oggigiorno». Il docente italo-tunisino, studioso della Dichiarazione di Abu Dhabi, non ritiene che un’eventuale riproposizione del passaggio sul pluralismo religioso possa costituire un problema: «Il testo parla in modo pratico, non è un documento di teologia delle religioni. Si tratta di un documento pastorale e sociale che parla della pluralità come di un bene e non come di una minaccia; mentre sul punto teologico bisogna lavorare di più e questo sarà il tema del futuro su cui università islamiche e pontificie dovranno elaborare una nuova teologia che potrà interpretare in modo positivo il pluralismo religioso del mondo».
L’aspetto teologico del delicato passaggio era stato al centro della richiesta di chiarimento avanzata in Vaticano da monsignor Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, nel corso della visita ad limina dei vescovi del Kazakhstan e che poi aveva avuto uno sviluppo successivo con uno scambio epistolare. Schneider ha raccontato alla giornalista Diane Montagna di Life Site News che il papa avrebbe concordato con lui nel ritenere fraintendibile la frase della Dichiarazione, aggiungendo che per spiegarla meglio si potrebbe dire che «la diversità delle religioni corrisponde alla volontà permissiva di Dio». Circa un mese dopo quell’incontro, Francesco decise di tornare sull’argomento durante l’udienza generale del 3 aprile, precisando che «Dio ha voluto permettere questo (che ci siano tante religioni, ndr); i teologi della Scolastica facevano riferimento alla voluntas permissiva di Dio». «Egli - ha continuato il pontefice - ha voluto permettere questa realtà; ci sono tante religioni; alcune nascono dalla cultura, ma sempre guardano il cielo, guardano Dio».
Qualora nella nuova enciclica dovesse essere riproposto il passaggio sul «pluralismo e le diversità di religione», è possibile che vi si troverà una maggiore esplicitazione del principio della volontà permissiva di Dio. La Dichiarazione di Abu Dhabi è un documento sui rapporti sociali tra cattolici e musulmani, Fratelli tutti sarà invece un documento del magistero papale. Lo stesso gesuita Domenico Marafioti nella sua lettura ragionata del testo siglato il 4 febbraio 2019 ha sottolineato che l’obiettivo «non è la composizione delle diversità, ma la tolleranza e il rispetto delle due comunità religiose in vista della pace» e dunque «in questo contesto vanno interpretate tutte le affermazioni, anche se qualche loro aspetto rimane da chiarire».
L’enciclica, affrontando lo stesso tema col crisma dell’ufficialità magisteriale, potrebbe essere anche l’occasione per soddisfare l’esigenza sottolineata dal docente di teologia dogmatica, recependo quelle osservazioni che Francesco ha dimostrato di condividere nella catechesi del 3 aprile 2019. Lo scopriremo fra venti giorni.