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UE

Corruzione, l'ora degli stereotipi sull'Italietta

La Chiesa, il Mediterraneo e Berlusconi: per la stampa progressista e laica sono questi i tre peccati originali dell'Italia. L'occasione per scatenare di nuovo questi luoghi comuni è arrivata con il nuovo rapporto Ue sulla corruzione.

Editoriali 05_02_2014
Berlusconi

Una cosa è la corruzione, che in varia misura esiste dappertutto e che va sempre e comunque combattuta pur sapendo che, come ogni altra forma del male, non la si potrà mai estinguere del tutto se non alla fine della storia. E un’altra è l’uso politico che per tutt’altri fini si sta facendo in Italia del Rapporto sulla corruzione nell’Unione Europea presentato ieri a Bruxelles da Cecilia Malmström, Commissario agli Interni dell’Ue. Si tratta di due realtà che hanno scarsi contatti l’una con l’altra.

Da sempre una parte importante e influente della classe dirigente italiana pensa che il nostro Paese ha dei peccati originali che gli impediscono di diventare onesto, efficiente e moderno: si tratta del suo essere di tradizione cattolica e del suo stare nel Mediterraneo. Il potenziale redentore ci sarebbe - sono la cultura laica progressista e le forze politiche, culturali ed economiche che la incarnano - ma purtroppo la maggioranza della gente in Italia non lo capisce. Questo a causa dell’influenza deleteria della Chiesa, cui da vent’anni a questa parte si è aggiunta per soprammercato anche quella di Berlusconi: due presenze assai diverse, ma che in fin dei conti provocano i medesimi danni. Che cosa dunque si può ricavare dal primo Rapporto europeo sulla corruzione negli Stati dell’Unione? Nient’altro che una conferma di quanto sopra. È vero, il Rapporto si occupa anche degli altri 27 membri dell’Unione, accertando che nessuno è immune dalla corruzione (nemmeno le sacrosante Svezia e Finlandia) e parecchi stanno anche molto peggio di noi, ma poco importa.

Sotto la direzione di una medesima “mano invisibile” quasi tutta la stampa italiana ha suonato ieri la medesima sinfonia, il primo violino essendo ovviamente la Repubblica. Per farsene un’idea basti qui citare l’analisi di Piero Colaprico che iniziava sulla prima pagina del grande quotidiano romano con “Meno male che questa volta non si potrà dire che sono i pubblici ministeri di Milano a esagerare” per poi concludere in pagina interna che “un dato di fatto emerge dalla relazione europea con chiarezza ed è incontrovertibile: finché al governo e come capo dell’opposizione c’è stato Berlusconi (…)”. Non importa insomma se questo Berlusconi è al governo o all’opposizione. È la sua stessa esistenza in vita a produrre una corruzione irrefrenabile. Non scherza però nemmeno Alberto Vannucci, professore di Scienza politica all’università di Pisa e uno dei consulenti italiani che hanno lavorato alla stesura del Rapporto, intervistato da Avvenire. All’intervistatore che gli domanda come si fa a sostenere che l’Italia sia il Paese più corrotto dell’Unione visto quando “Dal Rapporto emerge che (in Italia, ndr) solo il 2% dei cittadini e il 5% delle imprese ha avuto esperienza diretta di tangenti, in linea con la media Ue”, Vannucci risponde che “La corruzione è talmente presente da risultare per certi versi inavvertita e la tangente non la riconosciamo più (…)”. Nietzsche aveva previsto, come qualcuno ricorderà, che un giorno le opinioni avrebbero preso il posto dei fatti. Evidentemente ci siamo arrivati, anzi siamo andati se possibile anche oltre.

Salvo questo specifico quesito (che come abbiamo appena visto qualcuno riesce comunque a esorcizzare) il Rapporto rende conto infatti non dell’esperienza bensì della “percezione” che i cittadini dei vari Stati membri hanno del problema. Il quadro che delinea è insomma già basato su opinioni prese in considerazione come se fossero fatti. Questo però, a quanto si vede, non basta. Se ne salta fuori qualcosa che non quadra, si può chiamare in aiuto l’opinione sull’opinione.

Nondimeno se – spento il televisore e buttati via i giornali - si ha poi la pazienza di andare su Internet a scorrere le circa 50 pagine del Rapporto, nonché i comunicati stampa ufficiali che ne hanno accompagnata la presentazione , si trovano talvolta osservazioni anche utili ai fini della lotta contro la corruzione in ognuno dei 28 Stati membri dell’Unione, compreso il nostro. Ma questa è un’altra storia.