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LO SCOOP DELLA BBC

Corea del Nord, testimonianze dall'inferno comunista

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La BBC, la televisione pubblica britannica, ha realizzato uno scoop di cui sta parlando tutto il mondo. I suoi corrispondenti in Corea del Sud sono riusciti a intervistare tre cittadini della Corea del Nord. È una testimonianza unica dall’inferno del socialismo reale.

Esteri 17_06_2023
La frontiera fra Sud e Nord Corea

La BBC, la televisione pubblica britannica, ha realizzato uno scoop di cui sta parlando tutto il mondo. I suoi corrispondenti in Corea del Sud sono riusciti a intervistare tre cittadini della Corea del Nord. È una testimonianza unica dall’inferno del socialismo reale, dopo tre anni di chiusura totale dovuta alla politica anti-Covid che ha reso ancor più eremita il “regno eremita”.

È vietato, per ogni cittadino nordcoreano, parlare con stranieri. A maggior ragione, non possono rilasciare interviste. La BBC si è dunque appoggiata a una testata locale, la Daily NK di Seul che mantiene un contatto sicuro con fonti nordcoreane. Sono queste ultime che hanno scelto i cittadini da intervistare, li hanno contattati e hanno realizzato le interviste in località ritenute sicure. Poi hanno fatto trapelare le risposte un pezzo alla volta (una risposta intera rischiava maggiormente di essere intercettata) attraverso canali di comunicazione segreti.

Per le verifiche, i giornalisti britannici hanno controllato la coerenza delle risposte. Tutti gli intervistati, ad esempio, riportano gli stessi cambi di regole e le stesse tecniche di repressione, inasprite dopo l’inizio della pandemia. Poi si sono rivolti a un altro servizio sudcoreano, NK Pro, che analizza i canali di informazione ufficiali nordcoreani.  “Siamo riusciti a confermare molte delle regole di quarantena e isolamento citate dai nostri intervistati e le nuove leggi e punizioni introdotte”.

Si è trattato di un lavoro durato mesi. “Quando finalmente abbiamo raccolto i messaggi, siamo rimasti sbalorditi dal livello di dettaglio. Le persone hanno rivelato molto più di quanto ci aspettassimo e la situazione era peggiore di quanto immaginassimo”, dicono i giornalisti della BBC.

Cosa hanno scoperto? Risposta breve: in Corea del Nord si muore di fame. E non si può uscire, né importare, né esportare nulla, nemmeno i beni di prima necessità. I tre nordcoreani intervistati, due donne e un uomo, due in città del Nord, vicino al confine cinese e una a Pyongyang (la capitale) sono stati chiamati con nomi di fantasia, per nasconderne l’identità: Myong Suk, Chan Ho, Ji Yeon.

Myong Suk non lavora più da quando la politica anti-Covid ha comportato un’ulteriore chiusura delle importazioni di medicinali necessari. Ora è costretta a vivere contrabbandando medicine. È stata già arrestata una volta e scarcerata dopo aver pagato una tangente alle autorità. Ora non ha più soldi e teme di essere arrestata una seconda volta, perché adesso in galere ci rimarrebbe.

I livelli di fame sono tali che i vicini affamati hanno iniziato a bussare alla porta chiedendo cibo, ma lei è costretta a respingerli. “Viviamo nella prima linea della sopravvivenza”, dice. Quando suo marito e i suoi figli si svegliano, prepara loro una colazione a base di mais. Sono finiti i giorni in cui potevano mangiare solo riso.

Sulla chiusura della frontiera, che corre vicina a casa sua, dice: “In realtà vogliono reprimere il contrabbando e impedire che la gente scappi”, dice. “Ora, se ti avvicini anche solo al fiume verso la Cina, ti viene inflitta una dura punizione”. Recentemente un conoscente di Myong Suk è stato sorpreso a parlare con qualcuno in Cina ed è stato mandato in "rieducazione" per diversi anni.

Chan Ho è un operaio edile che si sveglia tutti i giorni molto prima dell’inizio del suo turno, per aiutare sua moglie a montare il banchetto di un mercato, grazie al quale vive tutta la famiglia. I 4mila won che guadagna al giorno - l'equivalente di 4 euro - non bastano più per comprare un chilo di riso, ed è passato così tanto tempo da quando la sua famiglia ha ricevuto le razioni alimentari del governo che se ne è dimenticato.

“La prima famiglia del suo villaggio a morire di fame è stata una madre con i suoi figli. La donna era diventata troppo malata per lavorare. I suoi figli l'hanno tenuta in vita il più a lungo possibile elemosinando cibo, ma alla fine sono morti tutti e tre. Poi c'era una madre condannata ai lavori forzati per aver violato le regole della quarantena. Lei e suo figlio morirono di fame”. “Se vivessi secondo le regole, probabilmente morirei di fame, ma solo cercando di sopravvivere, temo che potrei essere arrestato, bollato come traditore e ucciso", racconta Chan Ho. “Siamo bloccati qui, in attesa di morire”.

Ji Yeon, di Pyongyang, è apparentemente più fortunata, perché vive nella capitale e lavora in un mercato di alimentari. Ma vive solo grazie a piccoli espedienti. Contrabbanda frutta e verdura al mercato, insieme alle sigarette che il marito riceve, come tangenti, dai suoi colleghi. Con i soldi compra il riso. Ora le sue borse vengono perquisite a fondo quando esce, e le tangenti del marito hanno smesso di arrivare. “Hanno reso impossibile ogni attività secondaria”, dice all’intervistatore. 

Ora ci sono più mendicanti e lei si ferma a controllare quelli che giacciono a terra, di solito scopre che sono morti. Un giorno ha bussato alla porta del suo vicino per dargli dell'acqua, ma non ha ricevuto risposta. Quando le autorità sono entrate tre giorni dopo, hanno scoperto che l'intera famiglia era morta di fame. La donna deplora la mentalità spietata che ha avvolto la città.  “Anche se la gente muore accanto a noi, si pensa solo a se stessi. È senza cuore”.

Il Covid ha permesso al regime di inasprire le regole ulteriormente. Ad esempio, per impedire ogni contatto (anche virtuale) con il mondo esterno, è stata introdotta la Legge sul rifiuto dell'ideologia e della cultura reazionaria, approvata nel dicembre 2020. Secondo questa legge, chi contrabbanda video stranieri nel Paese e li distribuisce può essere giustiziato. La semplice visione dei video può portare a 10 anni di carcere. Nel gennaio 2023 il governo ha approvato un'altra legge che vieta di usare parole associate al dialetto sudcoreano. La violazione di questa legge può, nei casi più estremi, portare anche all'esecuzione.

Tutti devono partecipare alla sessione settimanale di revisione della vita, obbligatoria. Qui ammettono i propri errori e fallimenti, denunciando al contempo le mancanze dei loro vicini. Nessuno si fida più del prossimo.