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Jihad

Contro il terrorismo: consacrato il Burkina Faso al Cuore Immacolato di Maria

Il presidente della Conferenza episcopale di Burkina Faso e Niger, monsignor Laurent Dabiré, lo ha annunciato il 2 febbraio durante il pellegrinaggio al santuario mariano di Yagma

 

 

Il Burkina Faso è stato consacrato al Cuore Immacolato di Maria. Lo ha annunciato il 2 febbraio – spiega l’agenzia Fides – monsignor Laurent Dabiré, vescovo della città di Dori e presidente della Conferenza episcopale di Burkina Faso e Niger, durante il consueto pellegrinaggio da lui guidato al santuario mariano di Yagma, situato nell’arcidiocesi della capitale burkinabé, Ouagadougou. “È un atto di fiducia – ha spiegato monsignor Dabiré – nella fede e nella speranza che con Maria, che intercede per noi, Dio ci dia la vittoria sul male e la forza di lavorare per l’avvento di un mondo più fraterno”. Il male di cui parlava monsignor Dabiré è il jihad, il terrorismo islamico che nel 2019 ha moltiplicato gli attacchi in Burkina Faso, in Niger e nel Mali. “Il Burkina Faso – ha proseguito monsignor Dabiré – ha bisogno di uomini e donne con un cuore puro, in questo periodo di violenza terroristica che insanguina il paese. Ecco perché è necessario consacrarlo al Cuore Immacolato di Maria, in modo che cessino le violenze. La lotta contro l’insicurezza implica anche la lotta contro le piaghe dell’identità etnica e religiosa spesso sfruttate dai terroristi, ma anche contro la corruzione e l’ingiustizia”. Contro tutto ciò, Fides informa, intende impegnarsi una nuova organizzazione, il Movimento per il ritorno della pace e della coesione sociale, che ha presentato il proprio programma il 16 gennaio. L’obiettivo è lanciare “una vera offensiva su tutto il territorio nazionale per sostenere la riconciliazione di tutto il paese”. Al movimento hanno aderito esponenti della società civile: “autorità religiose e consuetudinarie, ex ambasciatori e alti funzionari dell’esercito in pensione, ex funzionari e politici”. Nel presentare il loro programma, hanno denunciato l’insicurezza, il clima sociale estremamente teso, la costante messa in discussione dell’autorità statale. La politica – ha detto la presidente Safiatou Lopez Zongo – “ha diviso profondamente il paese. Nelle province e persino nei villaggi membri di una stessa famiglia non si parlano più. Il linguaggio politico deve cambiare”.