Contro il collasso economico serve uno sforzo bipartisan
Le risorse messe in campo dal governo per l'emergenza Covid-19 sono un palliativo. Ci sono filiere che stentano a ripartire. La Commissione europea stima un crollo dell’occupazione di un milione e mezzo di unità. L'Italia ha bisogno di 50 miliardi in 100 giorni per salvare il sistema imprenditoriale, produttivo e distributivo, altrimenti un’impresa su tre fallirà. È ora di mettere nero su bianco una strategia comune per uscire dalla crisi.
Diciamo la verità, le risorse messe in campo dal governo fino ad ora sono solo un palliativo, indispensabili per un paese in cui una gran parte di cittadini si è trovata improvvisamente senza reddito, ma assolutamente insufficienti, soprattutto in prospettiva.
Non dobbiamo dimenticare infatti che le misure sono temporanee, e la data di scadenza non è così lontana. Vediamo. Le indennità per gli artigiani durano due mesi e scadono in pieno agosto (altro che pensare alle vacanze in Grecia o in qualunque altro posto). Le misure di cassa integrazione straordinaria, che pure hanno coinvolto oltre sette milioni di lavoratori, durano solo una settimana in più, nove per l’esattezza, dunque scadono anch’esse in pieno agosto, così come il reddito di emergenza per chi non ha nessuna forma di ricavi.
Non solo. Il 17 agosto scade il blocco per legge dei licenziamenti, e ci sono filiere importantissime, a partire dall’acciaio e dall’automotive, che stentano, e parecchio, a ripartire. Non è difficile immaginare che saranno molte le lettere di licenziamento in viaggio in quei giorni, del resto la Commissione europea stima per l’Italia, quest’anno, un crollo dell’occupazione di un milione e mezzo di unità.
Per completare, molto parzialmente, il quadro, va segnalato che il rapporto tra banche e imprese si è ulteriormente complicato. Il governo continua a giurare di aver fornito alle banche tutte le garanzie necessarie perchè le banche concedano finanziamenti alle piccole e medie imprese, ma le banche erogano con sempre maggior fatica perchè non si fidano, e in diversi casi il flusso dei finanziamenti si è completamente fermato.
E infine non va dimenticato che il 30 settembre scade la moratoria su oltre 240 miliardi di interessi dovuti dalle aziende alle banche su loro debiti precedenti al Covid. Se non si trova una soluzione le tensioni e i deterioramenti dei bilanci di imprese e banche sono sicuri e le conseguenze dirette e indirette sulla vita dei cittadini molto pesanti.
Insomma, facendo un rapido conto, da qui a fine settembre il sistema Italia ha bisogno di 50 miliardi per non saltare, 50 miliardi in 100 giorni per salvare il nostro sistema imprenditoriale, produttivo e distributivo, altrimenti un’impresa su tre rischia di fallire definitivamente. L’allarme lanciato nei giorni scorsi dal presidente di Confindustria Bonomi e quello del governatore della Banca d’Italia Visco erano diversi nei toni ma assolutamente convergenti e pienamente giustificati.
Bisogna agire presto e bene, questa la parola d’ordine. Come si fa ad agire presto? Ecco: il Parlamento ha già autorizzato in due riprese, con voto unanime, uno sfondamento del bilancio per 75 miliardi, se il governo dimostra che non ha sprecato e che è necessario fare di più, è pronto a concedere di più. E soprattutto l’Europa continua a ripetere che i fondi del MES sono pronti: essi per l’Italia valgono 37 miliardi, sono destinati a un settore fondamentale come la sanità e chiedono un interesse bassissimo. Così come sono pronti i miliardi del fondo SURE contro la disoccupazione, anch’essi a interessi prossimi allo zero.
Ma bisogna agire bene! E questo vuol dire essere in grado di mettere in moto investimenti produttivi, che generino occupazione e realizzino opere utili a far progredire il paese. Che cosa sono in grado di proporre le varie task force che sono state attivate in questi mesi? È ora di mettere nero su bianco i progetti, e di predisporne l’attivazione entro settembre. E non dimentichiamo che da tempo abbiamo già cantierabili opere infrastrutturali per 120 miliardi, strade, ponti, ferrovie da rimettere a novo o da costruire ex novo. Si dia il via a questi cantieri senza attendere oltre!
Insomma, il modo per uscire dalla morsa che rischia di stringersi su di noi da qui a fine settembre c’è. Le modalità migliori vengano studiate realmente insieme, maggioranza e opposizione, si eliminino tutti gli orpelli burocratici possibili. Possiamo farcela, ma non si perda più tempo e si collabori realmente. O la rabbia che comincia a montare, per ora in frange limitate dell’opinione pubblica ma che cova sotto la cenere, esploderà.