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CONTINENTE NERO

Condonare il debito: un premio ai governi più corrotti

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Cancellare il debito degli Stati più poveri è una delle costanti del pensiero solidarista. Ma i giovani africani protestano contro la corruzione e si oppongono all'indebitamento dei loro governi.

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Economia 24_09_2024 English Español
Idee vecchie: già nel G8 di Genova (2001) si chiedeva di cancellare il debito

Trenta anni fa la giovane sociologa camerunese Axelle Kabou accusava i leader africani del mancato sviluppo del loro continente. «Siamo una generazione oggettivamente privata del futuro» diceva. Da allora altre, nuove generazioni di africani si sono sentite senza un futuro e per questo molti giovani entrano nelle organizzazioni criminali che trafficano in droga, armi, esseri umani, prodotti di origine animale e vegetale, si arruolano nel jihad o semplicemente si adattano e provano a cavarsela nel sistema generale di corruzione e malgoverno che in Nigeria definiscono “uno stile di vita” e che in Kenya fa dire a chi vince le elezioni, “adesso è il nostro turno di mangiare”. Ma proprio in Kenya e in Nigeria nei mesi scorsi i giovani “privati del futuro” hanno organizzato delle manifestazioni per protestare contro la corruzione, individuata come principale, fondamentale causa dei mali che affliggono in loro paesi e l’Africa tutta. Decine di migliaia di persone vi hanno partecipato. In Kenya il governo ha mandato a reprimere le proteste polizia ed esercito che hanno sparato ad altezza d’uomo, decine di manifestanti sono stati uccisi. In Nigeria il presidente Bola Tinubu ha screditato i giovani accusandoli di farsi manipolare da gente animata da loschi motivi. Altri giovani sono stati uccisi dalla polizia.

All’origine delle proteste è stato l’annuncio di nuove tasse, anche su generi di prima necessità, insostenibili per la maggior parte della gente eppure ritenute necessarie dai governi che devono fare i conti con le casse vuote e, già pesantemente indebitati, devono se no ricorrere a nuovi prestiti, oltre tutto a condizioni sempre meno vantaggiose per il rischio che i creditori corrono di non rientrare dei capitali prestati. Già adesso, il presidente kenyano William Ruto ha provato a spiegare, il debito estero del paese è tale per cui 61 centesimi di ogni dollaro ricavato dalle imposte vanno spesi in restituzione dei capitali ricevuti in prestito e degli interessi maturati. Cercando di far presa sull’orgoglio nazionale, Ruto ha parlato della necessità di «riscattare il nostro paese e affermare la nostra sovranità». Ma non è servito. I giovani hanno replicato denunciando il denaro mal speso dal governo, quello sottratto alle casse dello Stato, gli enormi sprechi, i lussi di cui ministri e parlamentari persino si vantano ostentando sulle reti social immagini di ville, piscine, auto costose, viaggi. Il jet di lusso affittato dal presidente per recarsi negli Stati Uniti a maggio con una folta delegazione è costato da solo 1,5 milioni di dollari, gli hanno rinfacciato, e i vantati benefici ben superiori ricavati dalla visita alla Casa Bianca, essendo in sostanza altri milioni di dollari in prestiti si tradurranno, se saranno di nuovo male utilizzati, in altri gravosi oneri di restituzione da compensare con nuove tasse e riduzioni dei servizi pubblici. 

Qualche anno fa era stata fatta girare provocatoriamente sulle reti social una fotografia dell’allora presidente, Uhuru Kenyatta, accompagnata dall’annuncio al mondo intero che il presidente non era autorizzato a chiedere altri prestiti in nome del popolo kenyano e che il paese e le generazioni future non si sarebbero ritenuti responsabili in alcun modo dei capitali da lui chiesti e ottenuti.

I giovani del Kenya e della Nigeria denunciano una situazione che è comune alla maggior parte se non a tutti gli Stati del continente africano. Tre paesi – Ghana, Zambia ed Etiopia – hanno dichiarato default di recente, altri, tra cui Kenya, Nigeria, Egitto, Tunisia, hanno evitato di farlo solo ricorrendo a nuovi prestiti. Negli ultimi dieci anni il debito estero africano complessivo è cresciuto più del prodotto interno lordo. È infatti aumentato del 183%, quattro volte più del tasso di crescita del Pil, e ha superato l’1,8 trilioni di dollari. Questo è successo nonostante che, o per meglio dire anche perché, nel frattempo, tutti i paesi africani hanno usufruito di ripetute cancellazioni del debito estero contratto con istituti di credito, governi e creditori privati, cosa che ha consentito loro di accedere a nuovi prestiti a condizioni vantaggiose. 31 paesi sono stati inseriti anche nel Heavy Indebted Poor Coutries (HIPV), un programma internazionale di cancellazione del debito creato nel 1996, promosso dalla Banca Mondiale e dal Fondo monetario internazionale, destinato ai paesi poveri più indebitati e dotato di un fondo miliardario (al quale contribuisce anche l’Italia).   

I vescovi del Kenya e della Nigeria si sono coraggiosamente schierati con i giovani, al loro fianco nel denunciare la corruzione che dilapida miliardi e li priva del futuro. Sono ben consapevoli che gli Stati africani non hanno bisogno di denaro, ma di utilizzare bene le immense risorse naturali di cui dispongono e di non sprecare il loro capitale più prezioso, una popolazione in gran parte giovane.

Il Papa per il Giubileo ha chiesto la cancellazione del debito estero dei paesi del sud del mondo come via per giungere alla pace. La prossima Giornata Mondiale della Pace, che si celebrerà il 1° gennaio 2025, ha per tema: Rimetti a noi i nostri debiti: concedici la tua pace

Chissà che cosa ne pensano i giovani africani e i vescovi cattolici che hanno a cuore il loro futuro.