Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
NUOVO CENTRODESTRA

Con Renzi o con Berlusconi, basta che si è eletti

Prima avevano rotto con il centrodestra per restare nel governo assieme a Renzi e Gentiloni. Adesso, insofferenti del centrosinistra e fiutando aria di sconfitta, molti centristi tornano col centrodestra. Prima si erano ribattezzati Alternativa Popolare, adesso tornano Nuovo Centrodestra.

Politica 14_12_2017
Lupi, Parisi, Albertini, Formigoni e Colucci

Seguendo le vicende, ai limiti del farsesco, dei centristi italiani, verrebbe voglia di rispolverare quel vecchio adagio sull’auto da acquistare da un soggetto poco affidabile. Acquistereste un’auto usata da uno che prima dice di chiamarsi Tizio, poi decide di cambiar nome e di farsi chiamare Caio, poi nuovamente rivendica di chiamarsi Tizio? Probabilmente no. Adattando quest’immagine alla politica, verrebbe voglia di chiedersi quanti italiani siano disposti a votare per politici che stanno un po’ di qua un po’ di là, prima a destra poi a sinistra poi nuovamente a destra. E, ancora, verrebbe da chiedersi quanti elettori siano disposti a votare un partito che si chiamava Nuovo centrodestra e che solo pochi mesi fa aveva cambiato nome diventando Alternativa popolare, proprio al fine di potersi collocare meglio a sinistra. Giochi di prestigio per mascherare trasformismi e ammantare di evoluzione politica un percorso che sa tanto di disperato bisogno di salvare le poltrone.

E’ quello che sta succedendo nella sempre più insignificante area politica di centro, all’indomani del gesto di Angelino Alfano, che ha annunciato di non ricandidarsi e di voler lasciare la politica. Ammesso e non concesso che non finisca come con Matteo Renzi, che aveva annunciato di cambiare mestiere in caso di sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016 ed è ancora segretario del suo partito oltre che candidato premier, rimane curiosa la parabola dei centristi che erano con Alfano e ora si accingono a prendere strade diverse.

La direzione di Alternativa popolare ha infatti decretato nei giorni scorsi la scissione consensuale tra chi, come il ministro della salute, Beatrice Lorenzin e Fabrizio Cicchitto, preme per restare nel centrosinistra e chi, come il coordinatore Maurizio Lupi e i parlamentari lombardi, Roberto Formigoni e Gabriele Albertini, non vede l’ora di tornare nel centrodestra.

Va detto che per l’intera legislatura gli alfaniani, anche quelli che ora non aspettano altro che rigettarsi tra le braccia di Berlusconi, hanno convintamente appoggiato tutte le leggi proposte e fatte approvare dalla maggioranza di centrosinistra e hanno occupato poltrone di grande peso, ministeri importanti, posti in cda di partecipate, gestendo quindi potere vero, non bruscolini, e assicurando appoggio scarsamente critico agli esecutivi di centrosinistra. Proprio in ragione della sua appartenenza organica a quell’alleanza, Alfano, che si era schierato con Renzi anche nelle elezioni siciliane del mese scorso, raccogliendo un risultato disastroso, aveva pensato bene di battere in ritirata, non avendo chance alcuna di rientro nel centrodestra ed essendo assai inviso a Salvini e a quasi tutti i colonnelli berlusconiani.

Buon senso avrebbe voluto che anche i suoi seguaci, che peraltro hanno già accumulato un discreto numero di legislature, facessero analoga scelta. Non ci avevano raccontato che non erano importanti le poltrone ma gli ideali, i valori da difendere, le battaglie da combattere? E che era possibile fare politica anche fuori dal Parlamento e dalle istituzioni? Erano solo parole? Dobbiamo concludere amaramente di si, visto che la scissione di una forza politica come Alternativa popolare pare destinata a far riemergere in modo miracoloso il simbolo Nuovo centrodestra, in vista di un apparentamento con altre sigle minuscole, al fine di raggiungere la fatidica soglia del 3%, che possa consentire a un manipolo di centristi di tornare alla Camera o al Senato.

Stando alle ultime indiscrezioni, Raffaele Fitto, da sempre all’opposizione del governo Renzi, e Stefano Parisi, che continua a ritenersi nuovo rispetto alla “vecchia politica” e che si è sempre detto alternativo alla sinistra, dovrebbero costituire un cartello centrista all’interno del centrodestra insieme con gli ex alfaniani che, dopo essere stati eletti nelle fila del centrodestra, per un’intera legislatura hanno ricevuto poltrone e incarichi dal centrosinistra, chinando il capo e rinunciando a combattere battaglie di principio e di sostanza su quei principi non negoziabili in nome dei quali hanno chiesto i voti all’opinione pubblica.

Poi ci si chiede perché la rappresentanza dei valori cattolici in politica risulti evanescente e perché leggi in difesa della vita e della famiglia naturale non trovino spazio neppure inizialmente nell’agenda dei temi da discutere. A questo punto siamo curiosi di capire se anche Matteo Salvini, che da anni sbraita e ripete “Mai con Alfano”, accetterà di correre in un’alleanza di governo con chi è tuttora al governo con la sinistra ma è già pronto all’ennesimo salto della quaglia.