Con Gelli si chiude un’epoca della massoneria italiana
Con la morte, all’età di novantasei anni, di Licio Gelli si chiudono insieme diverse vicende storiche. Si chiude, anzitutto, la storia terrena di Licio Gelli, figura di punta della massoneria italiana per molti decenni. Si chiude anche una vicenda giudiziaria dove Gelli è stato accusato di complotti e stragi.
Con la morte, all’età di novantasei anni, di Licio Gelli si chiudono insieme diverse vicende storiche. Si chiude, anzitutto, la storia terrena di Licio Gelli, figura di punta della massoneria italiana per molti decenni. Non ho mai conosciuto personalmente Gelli. Persone che lo hanno frequentato negli ultimi anni mi dicono che si fosse riavvicinato alla Chiesa cattolica, per cui aveva sempre mantenuto almeno una curiosità, come mostra la sua corrispondenza con la beata Madre Teresa di Calcutta, di cui fanno stato le biografie. Non saprei dire dove questo percorso di avvicinamento alla fede e alla Chiesa avesse portato Gelli. Mi auguro, per lui, molto vicino al Signore. È morto nell’Anno Santo della Misericordia, da molti anni non si occupava più direttamente di vicende massoniche, e certamente la Chiesa non serba rancore.
Si chiude anche una vicenda giudiziaria dove Gelli è stato accusato di avere complottato per organizzare alcune delle stragi degli anni di piombo del terrorismo e sovvertire la Repubblica con un colpo di Stato. Gelli è stato condannato per il suo coinvolgimento nella bancarotta del Banco Ambrosiano e per avere diffuso informazioni false sui magistrati milanesi e sulla strage di Bologna, non per averla organizzata. Certamente è stato al centro di molti complotti, la cui verità forse è morta con lui. Ma dei complotti Gelli fu insieme protagonista e vittima. Complottò in Argentina, con una fazione del peronismo e poi con esponenti della dittatura militare, di cui assicurò il legame con sezioni della massoneria. Complottò in Italia, per assicurare a se stesso e alla sua cerchia di amici potere politico e finanziario. Ma personalmente sono sempre stato convinto che anche la “scoperta” della loggia P2 abbia obbedito a un disegno.
La loggia coperta fu scoperta, e i nomi degli aderenti pubblicati, per eliminare dai vertici di numerosi centri di potere italiani – giornali, magistratura, carabinieri – esponenti della massoneria che erano vicini al segretario socialista Bettino Craxi, coinvolgendo anche esponenti della Democrazia Cristiana e dei partiti laici minori. Nelle intenzioni dei suoi promotori, si trattava del “primo tempo” di un’operazione il cui “secondo tempo”, l’inchiesta giudiziaria Mani Pulite – che alcuni di coloro che lo scandalo P2 consentì di rimuovere avrebbero certamente ostacolato –, portò alla decapitazione della Democrazia Cristiana e del Partito Socialista, condannando questi partiti alla scomparsa. Avrebbe dovuto sostituirli la «gioiosa macchina da guerra» del Partito Democratico della Sinistra di Achille Occhetto, cioè del Partito Comunista che aveva cambiato nome per rendersi più accettabile agli italiani. Senonché certi diavoli fanno sempre le pentole ma non i coperchi.
Per un paradosso storico, mentre già Occhetto si apprestava a festeggiare la vittoria in elezioni dove pensava di non avere veri avversari, in pochi mesi nel 1994 gli si contrappose Silvio Berlusconi, che vinse e vanificò un’operazione pluridecennale di cui lo scandalo P2 e Mani Pulite erano state la prima e la seconda tappa. Per colmo d’ironia, Berlusconi era stato iniziato da Gelli in un solo pomeriggio – con modalità massonicamente irregolari, ma non inconsuete in quell’ambiente – a tutti i gradi del rito scozzese della massoneria, e tesserato per la P2. Al di là di qualunque giudizio sul personaggio Berlusconi, solo chi riflette su quale enorme manovra egli sia stato capace di vanificare nel 1994, quanti sforzi abbia in un colpo solo resi inutili, riesce a comprendere l’odio quasi metafisico che ha alimentato decenni di anti-berlusconismo.
Si chiude anche, con la morte di Gelli, un capitolo della storia della massoneria italiana, quello che prevedeva l’esistenza di una loggia “coperta” in grado di condizionare i più alti livelli della politica nazionale. P2, il nome della loggia di Gelli, sta per “Propaganda 2”. Si parla spesso di una loggia “deviata”, ma le cose sono più complicate. “Propaganda 2” presuppone l’esistenza di una loggia “Propaganda 1”. Ed è proprio così. All’indomani dell’unità d’Italia, la massoneria decise di costituire una loggia con un livello superiore di segretezza per alte personalità della politica e della cultura che non desideravano rivelare la loro appartenenza massonica. Tra l’altro, i massoni non possono accostarsi alla comunione – il divieto, in vigore allora, è stato ribadito da una dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1983, tuttora valida – e alcuni di questi massoni si dichiaravano cattolici.
Nacque così la loggia “Propaganda”, i cui iscritti erano noti solo al Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la maggiore organizzazione massonica italiana (ne esistono anche molte altre, nate da una complessa storia di scismi). Dopo lo scioglimento delle logge massoniche da parte del fascismo, la loggia “Propaganda” fu ricostituita come “Propaganda 2” (P2) dopo la Seconda guerra mondiale. Questa storia indica un dato importante: la P2 non era una loggia “clandestina” o “selvaggia”, come altre che esistono in Italia e spesso celano semplicemente organizzazioni criminali. Era una loggia assolutamente regolare, con una lunga storia, del Grande Oriente d’Italia. E fu il Grande Oriente d’Italia a nominare nel 1970 Licio Gelli maestro venerabile della P2. Le attività della loggia P2 furono ufficialmente sospese nel 1976 – ma in realtà continuarono per diversi anni – e Gelli fu espulso dal Grande Oriente nel 1981: ma questo avvenne solo dopo che lo scandalo P2 era esploso nei tribunali e sui giornali.
Le conseguenze dello scandalo P2 furono devastanti per la massoneria non meno che per la politica italiana. La vicenda giocò certamente un ruolo nella decisione della Gran Loggia di Londra di ritirare il suo riconoscimento, da poco concesso, al Grande Oriente d’Italia, che dunque non è in comunione con la “casa madre” inglese, la quale riconosce invece una piccola obbedienza concorrente, denominata Gran Loggia Regolare d’Italia. Soprattutto, un’epoca in cui la massoneria era in grado di influire in modo diretto e immediato sulla vita politica – che continua in altri Paesi, per esempio in Francia – in Italia è finita con la vicenda P2. Questo non significa che la massoneria italiana non abbia influenza sulla vita culturale, sociale, economica e anche politica del Paese. Ma un meccanismo secolare di controllo e d’influenza si è rotto con la “scoperta” della P2. E non si è rotto per caso, dal momento che gli eredi del Partito Comunista pensavano che senza scardinare la massoneria, tradizionalmente ostile al comunismo e vicina invece al socialismo riformista all’epoca incarnato da Craxi, non sarebbe stato possibile governare il Paese.
D’altro canto, è importante non attribuire alla sola vicenda P2 il declino – reale, anche se non va mai esagerato – della presenza e dell’influenza massonica in Italia. Il problema è, infatti, mondiale. Negli Stati Uniti i massoni si sono ridotti dai quattro milioni di membri del 1965 al milione e trecentomila di oggi. Il metodo e lo stile massonici incontrano difficoltà ad attirare le giovani generazioni. E quando si parla di lobby e di poteri forti, ce ne sono oggi di più potenti e di più segreti della massoneria. Non era così quando Gelli era all’apice del suo potere e dei suoi complotti. Ma la sua epoca si è chiusa molto prima della sua morte.