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COVID E CRISI

Comprare in convento per aiutare le comunità in crisi

Il virus cinese non può intaccare il Natale, ma lascerà consistenti macerie economiche in questo preciso periodo dell'anno. L'inevitabile crollo dei consumi sarà un ulteriore colpo anche per le comunità religiose che producono beni artigianali di ogni tipo. Qui una lista di prodotti da comprare anche online.

Ecclesia 15_12_2020

Nonostante le timide aperture del governo a deroghe per rendere meno stringenti le restrizioni agli spostamenti nei giorni festivi, il primo Natale dopo il coronavirus sarà per la maggior parte degli italiani anche il primo Natale lontano dai parenti.

Molti nonni lo passeranno in solitudine così come i quasi 700.000 positivi dello Stivale, chi chiuso in camera e chi in un reparto d'ospedale. Niente cenoni e scambi di regali sotto l'albero per i conviventi dei positivi sottoposti ad obbligo di quarantena, per le tante famiglie reduci da lutti recenti e dolorosi, per chi è rimasto senza lavoro o teme di perderlo prossimamente, per chi è comprensibilmente preoccupato di essere contagiato. In mezzo a così tante paure ed incertezze, resta inalterato il vero senso del Natale segnato da Dio che si fa Bambino e cambia il corso della storia donandoci la "certezza che anche qui la luce non morirà, ma ha già in pugno la vittoria finale".

Il virus cinese non può intaccare l'autentico spirito natalizio, ma lascerà dietro a sé consistenti macerie economiche in questo preciso periodo dell'anno. L'inevitabile crollo dei consumi sarà un'ulteriore mazzata per negozi e botteghe già alle prese con le dure conseguenze dei mesi di lockdown e della successiva introduzione del coprifuoco.

Una condizione di profonda difficoltà vissuta anche da parrocchie, conventi e santuari in tutta Italia. Il lungo stop alle attività pastorali e alla celebrazione dei sacramenti, così come l'impoverimento generale della popolazione e la riduzione della partecipazione alle Messe, ha fatto crollare le donazioni. Il mantenimento di una chiesa,  al contrario di chi favoleggia - spesso viziato da pregiudizio anticattolico - su gioielli d'oro e privilegi fiscali, richiede spese che il quasi azzeramento di entrate dai fedeli ha reso praticamente insostenibili. Con l'avvio della Fase 2, alle uscite per bollette, mutui, manutenzione e personale si è aggiunta anche quella per le operazioni di sanificazioni richieste dalle misure di contenimento del contagio del virus. L'alternativa delle donazioni virtuali, considerato l'alto numero di anziani nella popolazione parrocchiale, non è stata sufficiente a coprire le perdite registrate a causa del drastico calo di partecipazione.

E non sono solo le parrocchie a non arrivare alla fine del mese: la pandemia ha messo in ginocchio il turismo religioso, mandando in rosso i bilanci dei santuari alle prese con l'assenza di pellegrini. E tutto questo non senza danni collaterali: in molti casi attorno ai santuari sopravvive l'intera economia di piccole comunità che ora, a causa della crisi dei pellegrinaggi, rischia di andare in rovina, provocando un'accelerazione di quel processo di svuotamento dei borghi già tristemente avanzato su scala nazionale.

Il coronavirus ha avuto un impatto devastante anche sull'accoglienza religiosa con 10 milioni di presenze in meno registrate nella stagione estiva e un danno quantificato in circa 300 milioni di euro. Molte di queste strutture non hanno retto il peso del lockdown ed hanno dovuto chiudere i battenti: ad essere penalizzate sono state soprattutto quelle meno "professionali", spesso gestite da religiosi ed aperte soprattutto allo scopo di aiutare l'autosostentamento delle attività comunitarie o delle missioni nei Paesi più poveri.

Un mese fa aveva fatto discutere anche da noi la petizione firmata da diverse personalità pubbliche francesi per lanciare l'invito a non fare gli acquisti natalizi sulle grandi piattaforme dell'e-commerce ed aiutare, invece, i piccoli commercianti già piegati dalla crisi economica scaturita dall'emergenza sanitaria. L'iniziativa, importata da Oltralpe, ha avuto il merito di dare il via ad una serie di campagne a sostegno del commercio locale che sembrano aver fatto breccia nel cuore dell'opinione pubblica nazionale. Questa lodevole "chiamata alle armi" in aiuto di negozi e botteghe, vera spina dorsale dell'economia italiana, può essere estesa anche per conventi e strutture religiose.

Infatti, così come ogni acquisto fatto in un piccolo negozio spesso consente ad una famiglia di vivere dignitosamente, comprare prodotti alimentari o artigianali realizzati da frati o suore in vista di cenoni e scambi di regali allevia le difficoltà di comunità che non hanno abbandonato la tradizione operosa ereditata dal passato. Un'azione che, molto spesso, permette di coniugare carità e qualità.

Il Belpaese è ricco di conventi che offrono prodotti diversificati e la cui vendita al pubblico (anche tramite l'online) rappresenta la principale fonte di sostentamento economico della vita comunitaria. Non è difficile trovare realtà simili un po' ovunque da Nord a Sud. Alcuni esempi rappresentativi: nell'Abbazia dei Padri Benedettini di San Pietro Apostolo a Modena resiste una spezieria monastica attiva dal X secolo dove trovare eleganti confezioni del tradizionale aceto balsamico di Modena forte del marchio IGP  ed una selezione di Parmigiano Reggiano DOP la cui produzione nella provincia cominciò nel XVI secolo proprio grazie a quest'ordine. A Camporeggiano, frazione di Gubbio, le suore di clausura della Famiglia monastica di Betlemme gestiscono un apprezzato biscottificio da un ventennio e di recente hanno chiesto una mano per lo smaltimento dei dolci rimasti in magazzino durante il periodo del lockdown, problema comune anche a tanti "colleghi" laici.

Le monache benedettine claustrali della splendida Pienza hanno un sito, su cui è possibile fare ordini, dove ci tengono a specificare che "al contrario di quello che molti pensano, non ci mantiene economicamente il Vaticano e viviamo ogni giorno di Provvidenza e cerchiamo di mantenerci – come voleva S. Benedetto – col lavoro delle nostre mani". Mani che realizzano cesti natalizi, bomboniere, accessori per bambini e tessuti per la liturgia e per la casa. 

Nel reatino, le Clarisse Eremite di Fara Sabina, la cui struttura di accoglienza religiosa è stata colpita dallo stop ai pellegrinaggi e ai ritiri spirituali, producono e vendono il rinomato olio della zona oltre a marmellate, liquori, saponi ed essenze di lavanda. Quello tra monaci e vino è sempre stato un connubio vincente e tale è rimasto nell'abbazia di Novacella, vicino a Bressanone, dove la longeva cantina dei Canonici Agostiniani, dopo l'obbligato stop alle degustazioni, ha riaperto al pubblico il 4 dicembre, offrendo la possibilità di rifornirsi dei rinomati bianchi altoatesini in vista delle Feste.

Per gli amanti del luppolo potrebbe essere l'occasione per provare la Nursia, birra artigianale nata nel 2012 dall'intuito dei monaci benedettini di Norcia e divenuta nel frattempo un'eccellenza nel panorama italiano. Il birrificio originario è stato danneggiato dal terremoto del 2016 ma i monaci hanno continuato la produzione in un container, un motivo in più per ordinare una cassa delle bottiglie prodotte dai discepoli di San Benedetto. Un'altra comunità colpita dal sisma di quattro anni fa nel Centro, quella delle monache agostiniane di Cascia, propone "regali che fanno bene all'anima"; articoli per la scuola realizzati dalle sorelle all'interno del monastero. Anche le suore di Santa Chiara a Carpi hanno dovuto fare i conti con le conseguenze del sisma del 2012 e nel convento ricostruito producono prodotti di pelletteria personalizzati, come le copertine per le Bibbie e segnalibri. Presepi e rosari in legno di ulivo vengono realizzati, invece, dalle Clarisse di Albano Laziale, vicino Roma, ed esposti all'ingresso del Monastero amato da Benedetto XVI che qui è tornato in più occasioni anche dopo la rinuncia al pontificato.

Ad Agrigento le monache di Santo Spirito mandano avanti l'antica tradizione della pasticceria conventuale siciliana ed hanno aperto da cinque anni un punto vendita che grazie ai dolci, oltre a contribuire al sostentamento della vita conventuale, dà lavoro anche a giovani del posto: richiestissimo è il cous cous al pistacchio, marchio di fabbrica delle cistercensi sin dal 1300 e must del periodo natalizio.

Il sostegno al piccolo commercio, anche a quello portato avanti tra non poche difficoltà e pregiudizi dalle comunità religiose di tutta Italia, è un modo per alleviare il peso delle paure e delle insicurezze date da questi tempi difficili e può aiutare a comprendere il vero senso del Mistero del Natale perché, come ha ricordato Papa Francesco, "il primo ad essere solidale fu il Signore, che scelse di vivere tra di noi, scelse di vivere in mezzo a noi".