Come resistere al neo-autoritarismo dei grillini
Il successo elettorale del Movimento 5Stelle si deve alla domanda di efficienza ad ogni costo che lo ha portato alla guida di due grandi città come Roma e Torino. Colpisce tutti gli osservatori la modernità dei loro metodi, ma occorre però stare bene attenti a non confondere la modernità con la democrazia. E allora, che fare?
Ancora una volta l’appuntamento elettorale di domenica scorsa ha confermato il rafforzarsi nel nostro Paese di tendenze le quali non possono che preoccupare chi abbia a cuore la causa della persona e della libertà. In primo luogo non smette di crescere la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche.
Dal 2001 al secondo turno di queste elezioni comunali, a Milano i votanti sono passati in percentuale dall’82,29 al 51,81; a Torino dall’82,56 al 54,41; a Roma dal 75,5 al 50,19. Ciò significa che negli ultimi quindici anni Roma ha perso oltre mezzo milione di elettori (-31,5%), Milano 225 mila (-25%) e Torino 166 mila (-26,1%): praticamente un quarto dell’elettorato. A Napoli dal 60,32 si è scesi al 34,38 per cento, ovvero si è recato alle urne un elettore su tre. In secondo luogo, sia pure per comprensibili ragioni, in quella parte di elettorato che ancora va a votare dilaga una pura e semplice domanda di efficienza immediata cui non accompagna alcuna analoga preoccupazione per la libertà della persona e delle comunità.
É un clima che ai più avvertiti non può non far venire in mente l’epoca in cui, grata per la sua capacità di garantire che i treni viaggiassero in orario, a Mussolini la gente perdonava volentieri ogni cosa, compresi il controllo poliziesco della vita di ogni giorno e la perdita della libertà. Su questa domanda di efficienza ad ogni costo sta facendo leva con successo il Movimento 5 Stelle, una forza politica neo-autoritaria di nuovo tipo che sarebbe un grosso errore prendere sotto gamba. É una realtà ben costruita e abilmente governata. É significativo, in proposito, il tempestivo colpo di timone che i 5 Stelle hanno saputo dare alla barca nel caso delle elezioni a Roma e a Torino. In un battibaleno hanno fatto sparire dalla scena i loro “matti del villaggio” sostituendoli con due signore di bella presenza ciascuna delle quali sembrava fatta su misura per la città ove è stata candidata; ciascuna però anche col pugno di ferro ben dissimulato in un elegante guanto di velluto.
Abilissima pure l’eclissi di Beppe Grillo e poi la sua ricomparsa dopo la vittoria, ma come icona muta e sorniona. Resta però il fatto che basta andarsi a leggere il manifesto programmatico dei 5 Stelle sul sito ufficiale del Movimento per rendersi conto del centralismo, dello statalismo e della deriva neo-autoritaria che caratterizzano il loro progetto politico. Tra l’altro uno dei pilastri di tale progetto è il monopolio statale assoluto della scuola. Colpisce tutti gli osservatori la modernità dei loro metodi, e in primo luogo la loro cultura “digitale”. Bisogna però stare bene attenti a non confondere la modernità con la democrazia. Anche le dittature possono essere molto moderne: così fu ad esempio ai suoi tempi il fascismo per non dire del nazismo (con quale beninteso il Movimento 5 Stelle non ha fino ad ora niente a che spartire).
Quello che ai tempi di Mussolini era la nuova magia degli altoparlanti e della radio oggi per i 5 Stelle è internet. Grazie alla Rete secondo loro si giungerebbe a nuovi strumenti “di democrazia diretta” tali da rendere inutili le elezioni e le assemblee rappresentative. E tutto questo per marciare verso un mondo plasmato sulle idee di Jean-Jacques Rousseau, come esplicitamente Casaleggio ebbe ad affermare. Tale essendo la situazione, appare anche chiaro che da destra a sinistra tutte le maggiori presenze sulla scena pubblica del nostro Paese ne risultano come annichilite. Da Forza Italia al Pd la risposta alla sfida del Movimento 5 Stelle è balbettante. D’altro canto, a partire da una posizione laica, orizzontale, diventa molto difficile fare alternativa a un progetto che in ultima analisi non è poi così diverso dal proprio. E che nell’immediato ha il vantaggio di una vera o presunta innocenza.
Al di là di una diaspora, forse per ora storicamente irrimediabile, in tale quadro la gente di fede ha oggi, a mio avviso, una responsabilità urgente: quella di dare un contributo principale all’elaborazione di un progetto e di iniziative politiche che aprano con efficacia alla domanda di efficienza, ma non a spese della libertà. Niente di specificamente “cattolico”, quanto piuttosto delle risposte molto umane ai bisogni profondi di tutti. Libertà responsabile della persona e delle comunità, quindi in primo luogo libertà di educazione; difesa e promozione della vita umana anche come primo motore dell’uscita dalla crisi demografica, e dunque dalla crisi economica; ricostruzione di un rapporto con l’ambiente fondato non sulla paura bensì sulla vocazione dell’uomo non a subire bensì a concreare la realtà del mondo. E ancora: rifondazione dell’Unione europea e dei suoi rapporti con i suoi grandi vicini e con il resto del globo: sono questi alcuni tra i principali punti su cui cominciare al lavorare.