Come lo stallo nei negoziati sull'Ucraina sta innervosendo Trump
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Segni di crescente nervosismo del presidente Trump, i negoziati sull'Ucraina stanno procedendo troppo a rilento. D'altra parte, Putin non ha fretta, perché sta vincendo. E i piani europei stanno sabotando l'iniziativa.
La rilettura ideologica di Degasperi di Francesco Agnoli

Donald Trump mostra segni di crescente nervosismo per l’impasse che subiscono da più fronti i negoziati che ha varato per chiudere il conflitto in Ucraina.
Il 30 marzo il presidente Usa ha confessato di essere "molto arrabbiato" con Vladimir Putin e minaccia l'imposizione di dazi al 25% sul petrolio russo nel caso non venisse raggiunto un accordo sul cessate il fuoco in Ucraina. La frustrazione di Trump, confermata dall’ormai ossessionante richiamo ai dazi per tutti, è emersa durante un'intervista a Nbc in cui ha criticato il presidente russo per aver minato la credibilità di Volodymyr Zelensky paventando un governo di transizione guidato dall’Onu e un nuovo leader per l'Ucraina.
«Se io e la Russia non dovessimo riuscire a raggiungere un accordo per fermare lo spargimento di sangue in Ucraina e se dovessi pensare che è colpa della Russia, allora applicherò tariffe secondarie sul tutto il loro petrolio», ha spiegato riferendo che Putin è consapevole della sua arrabbiatura e che i due parleranno nuovamente in settimana. Trump ha però subito smorzato i toni ricordando che fra i due c'è un "buon rapporto" e che la sua rabbia può "dissiparsi rapidamente" se Putin "fa la cosa giusta" ma la tregua in Ucraina non riesce a decollare per ragioni diverse.
Quella limitata al non bombardarsi reciprocamente infrastrutture e dalla libera navigazione nel Mar Nero sono inficiate da continui attacchi perpetrati da ambo le parti. Per cessare il fuoco per 30 giorni sui mille chilometri di fronte, Putin chiede lo stop agli aiuti militari esteri e all’arruolamento e addestramento delle forze ucraine per lo stesso periodo di tempo. Condizioni che Kiev rifiuta mentre Mosca, che sta avanzando su tutti i fronti, non può accettare senza condizioni un mese di tregua che rafforzerebbe solo gli ucraini. I governi europei, con scarso pragmatismo, “intimano” a Mosca di accettare la tregua senza condizioni.
Il presidente americano ha fatto della pace in Ucraina la sua priorità di politica estera perché deve risolvere il conflitto per gestire altri dossier in cui ha bisogno del supporto di Putin, dai negoziati con la Cina a quelli con Iran e Corea del Nord. «La Russia sta prolungando la guerra. Ci aspettiamo una risposta dall'America, dall'Europa e da tutti i nostri alleati a questo terrore contro il nostro popolo», ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky riferendosi ai continui attacchi russi che sono più potenti di quelli che gli ucraini riescono a lanciare ogni giorno contro il territorio russo. A bordo dell’Air Force One, Trump ha ribadito a Putin che esiste una "scadenza psicologica" entro la quale Mosca dovrà accettare un accordo per il cessate il fuoco in Ucraina, mettendo così in guardia il Cremlino dall’adottare tattiche dilatorie. «Se dovessi pensare che (i russi) ci stiano prendendo in giro, non sarei felice», ha aggiunto Trump che però ha detto di ritenere che l'apertura al dialogo della Russia sia sincera. Il presidente degli Stati Uniti ha espresso irritazione anche nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che a suo parere sta tergiversando nella firma dell'accordo per concedere agli Stati Uniti l'accesso alle risorse minerarie dell'Ucraina.
Secondo indiscrezioni pubblicate dai media statunitensi la scorsa settimana, l'amministrazione Trump avrebbe presentato a Kiev una nuova proposta che comporterebbe la concessione agli Stati Uniti dei diritti di sfruttamento non soltanto sulle terre rare, ma anche sulle riserve di petrolio e gas dell'Ucraina. Se Zelensky continuerà a frenare la firma dell'accordo, ha avvertito Trump, «avrà dei problemi. Grossi, grossi problemi. Abbiamo fatto un accordo sulle terre rare e ora lui dice che vuole rinegoziarlo. Vuole entrare nella Nato. Beh, non sarebbe mai entrato nella Nato. Lui lo sa. Quindi, se sta cercando di rinegoziare l'accordo, avrà grossi problemi».
Proprio ieri la Russia e gli Stati Uniti hanno avviato discussioni sui progetti relativi ai metalli delle terre rare. Lo ha dichiarato Izvestia Kirill Dmitriev, amministratore delegato del Fondo russo per gli investimenti diretti (Rdif) e rappresentante speciale del presidente russo per gli investimenti e la cooperazione economica con i paesi stranieri, come riporta Interfax. «I metalli delle terre rare rappresentano un'area importante per la cooperazione e, naturalmente, abbiamo avviato discussioni su vari metalli e progetti delle terre rare in Russia», ha detto Dmitriev alla pubblicazione. Secondo Dmitriev, alcune aziende americane hanno già mostrato interesse per i progetti in Russia.
Di fatto gli accordi tra Russia e Stati Uniti cominciano ad avere prospettive ben più ampie della sola soluzione del conflitto ucraino, peraltro necessaria per creare le condizioni della ripresa degli scambi diplomatici ed economici. Putin «rimane del tutto aperto a contatti con Donald Trump. Se necessario, un loro colloquio sarà organizzato velocemente», ha affermato ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. Peskov ha affermato che «alcune delle dichiarazioni (di Trump, ndr) sono state parafrasate. Non ci sono virgolettati», ha affermato. Il sito della Nbc ha virgolettato due diverse espressioni per "molto arrabbiato" ma senza la frase intera. «Sono state fatte dichiarazioni diverse», ha aggiunto smorzando i toni.
Del resto né Putin né Trump hanno interesse a litigare in questa fase anche se l’attivismo del presidente statunitense sta disorientando tutti raccogliendo più diffidenza che consensi. Mosca è consapevole di avere le carte in mano per dettare le condizioni di una tregua e di un accordo di pace. Putin ha compreso che Trump ha bisogno di lui per negoziare con Iran, Cina e Corea del Nord e guadagna tempo grazie anche a Zelensky che si appella agli europei nella vana speranza di poter ottenere il supporto per continuare una guerra che appare già perduta.
Da un lato è comprensibile che Mosca ponga le sue condizioni dal momento che sta vincendo la guerra e ogni mese che passa si rinforza militarmente e allarga il territorio ucraino sotto il suo controllo. Tempo che non gioca a favore di Kiev e Zelensky, che Trump potrebbe cercare di rimuovere dal potere per facilitare la firma degli accordi su risorse minerarie e fine del conflitto. L’Ucraina del resto vorrebbe ottenere garanzie militari in cambio della cessione delle sue risorse minerarie mentre Trump vuole solo incassare il lauto rimborso dei soldi spesi in Ucraina dall’amministrazione Biden.
Il tempo non gioca neanche a favore dell’Europa che ha bisogno della pace per rimettere in sesto la sua economia e stabilizzare il mercato energetico. Nonostante i piani di riarmo e le minacce rivolte alla Russia, la Ue nel 2024 ha importato dalla Russia ben il 19% del suo fabbisogno di gas, come ha detto ieri il commissario europeo per l'Energia e le Politiche abitative Dan Jorgensen. Peraltro si tratta soprattutto di Gnl, gas liquido trasportato via nave dal costo ben più alto rispetto a quello fornito via tubo di cui il maggior importatore europeo dalla Russia è la Francia, pronta a schierare truppe in Ucraina contro i russi.
In tema di paradossi il tempo non gioca neppure a favore di Trump che ha bisogno di un successo per suggellare il suo trionfale ritorno alla Casa Bianca, un successo che i russi sono disposti a concedere solo a condizioni inaccettabili per gli ucraini e che gli europei sembrano volergli negare. Indipendentemente dallo sviluppo dei negoziati la decisione di Parigi, Londra e Berlino di inviare truppe in Ucraina una volta firmati gli accordi di pace come “forze di rassicurazione” rappresenta da un lato un incentivo a Zelensky a non accettare le condizioni poste da Mosca e dall’altro un vero e proprio sabotaggio al piano di pace di Trump.
Il piano anglo-francese non convince dal momento che per accettare un accordo di pace Mosca pretende non vi siano forze di nazioni Nato in territorio ucraino. Quindi non vi sarà accordo con Mosca senza questa clausola mentre con essa nessuna nazione aderente alla Nato potrà schierare truppe in Ucraina. Del resto una deterrenza della Nato a protezione dell’Ucraina è fuori discussione senza gli Stati Uniti e Washington ha già detto che non intende offrire nessuna garanzia. La Ue non ha i mezzi militari né l’unità politica per poter sfidare Mosca e anche un’ipotetica missione di peacekeeping dell’Onu dovrebbe venire approvata dal Consiglio di Sicurezza in cui la Russia ha diritto di veto.
Non avendo alcun valore militare, la Coalizione dei volenterosi può avere quindi solo un doppio significato politico: rilanciare il protagonismo delle due potenze nucleari europee e ostacolare le iniziative negoziali dell’Amministrazione Trump facendo fallire le trattative.