Degasperi voleva l'unione, non il riarmo dell'Europa
Polito sul Corriere ripete il vecchio vizio laicista di arruolare il mondo cattolico: oggi con CL, ieri con lo statista trentino, forzandone il pensiero e la scelta di aderire alla Nato per farne un sostenitore di Biden e dell'attuale politica UE. In un contesto internazionale non solo diverso ma persino opposto.

Caro direttore,
il dibattito tra Davide Prosperi ed Antonio Polito sul riarmo europeo e la guerra, va visto alla luce del tentativo di una certa cultura laica e laicista di arruolare, ogni volta che serve, il mondo cattolico. Oggi le sirene sono quelle della guerra, e per suonare la grancassa bellica anche i cattolici possono servire. Purché si accodino alla musica dei Polito, degli Scurati, degli Augias… E questo non solo nella lettura del presente, ma anche in quella del passato.
Quante volte abbiamo sentito dire, in questi giorni, che la scelta del riarmo dell’UE di Ursula e Macron, personalità lontane dal cattolicesimo almeno tanto quanto i gerarchi sovietici, sarebbe oggi condivisa da un padre dell’Europa come il cattolicissimo Alcide Degasperi?
Proprio l’anno scorso, nel settantesimo dalla morte di Degasperi, l’unico statista italiano universalmente stimato, lo stesso Polito se ne uscì con un libro, Il costruttore, che divenne, guarda caso, il libro “ufficiale” per rileggere la storia del politico e presentarlo ad un pubblico che per lo più lo ha dimenticato.
L’operazione mi indignò come cattolico e come storico. Come cattolico, perché leggere Degasperi senza gli occhi della fede è pressoché impossibile, visto che essa fu il nutrimento e il motore di tutta la sua vita politica; come storico, perché si tentò di fare di Degasperi quello che non era: una sorta di Prodi, di “cattolico adulto” con il cuore a sinistra, cosa che non fu mai (ma che può piacere a Polito, comunista da giovane e poi senatore dell’Ulivo).
Lodando la scelta di Degasperi di aderire alla Nato e celebrando il suo americanismo, Polito finiva poi per ipotizzare un Degasperi idealmente schierato al fianco di Biden nella guerra in Ucraina e per suggerire l’idea che la situazione post Seconda guerra mondiale fosse del tutto simile a quella odierna.Sintetizzava così: “Si può dire che l’Italia di allora aveva bisogno della Nato quanto ne ha oggi bisogno l’Ucraina di Zelenskyj”.
Una simile lettura dei fatti è però, nel suo semplicismo, mistificante.
Anzitutto Degasperi non fu mai un americanista acritico; al contrario, come Pio XII conosceva bene i pericoli di un mondo di matrice protestante, calvinista e capitalista, piuttosto lontano, nel mondo di vedere la realtà, dalla visione cattolica.
In secondo luogo, la situazione storica era del tutto diversa da quella odierna: tra il 1945 e il 1949 cadevano sotto il dominio ideologico e militare comunista, uno ad uno, Polonia, Ungheria, Jugoslavia, Cecoslovacchia, Romania, Bulgaria, Albania e Cina; l’Italia aveva un PCI fortissimo e violento, mentre nel 1950 la Corea del Nord comunista attaccava la Corea del Sud. Oggi la situazione è quasi opposta, non solo perché il comunismo è caduto da tempo, ma anche perché è la Nato ad essersi progressivamente allargata inglobando uno ad uno gli ex paesi comunisti.
In terzo luogo, Degasperi era anzitutto un uomo di pace, che avrebbe senza dubbio percorso fino in fondo ogni via diplomatica, a differenza della Nato di Biden e dell’Ue odierna, che non si sono mai spese per alcun tipo di trattativa, ma hanno solamente inasprito lo scontro, per decenni.
Ben più lungimirante fu l’atteggiamento di Degasperi, che si trovò a guidare un Paese che, all’indomani della guerra, rischiava di perdere il Trentino e buona parte del Friuli-Venezia Giulia: di fronte ad ogni pulsione muscolare dei nazionalisti italiani, lo statista cattolico scelse sempre la via della pazienza e della diplomazia, ottenendo così sia il Trentino, sia Trieste (a parte una piccola porzione di territorio), senza sparare un solo colpo di fucile. Era consapevole che le guerre sono quasi sempre “inutili stragi”, che le “paci giuste” non esistono (perché alla fine decide chi vince), e che è più facile ottenere “qualcosa” per via diplomatica che “tutto” attraverso la guerra.
Venendo, infine, al tentativo di convincere i cattolici e CL sulla bontà di ReArm Europe, Polito compie ulteriori forzature.
Ci vuole per esempio convincere che da americanisti acritici, come dovevamo essere, a suo giudizio, solo l’anno scorso, sotto Biden, dovremmo oggi diventare acerrimi antiamericani, perché al governo di quel paese c’è Donald Trump.
Inoltre, cerca di paragonare la Ced, l’esercito comune europeo pensato da Degasperi, con l’attuale progetto di riarmo.
Cosa voleva davvero Degasperi? Come noto, auspicava un esercito comune europeo, non il rafforzamento degli eserciti di alcuni singoli eserciti statali, e questo per svariati motivi:
1) conoscendo bene il ruolo della Germania nella genesi delle due guerre mondiali, mirava ad impedire il riarmo unilaterale della Germania dell’ovest in vista di un possibile scontro con la Russia. Fermare il riarmo della Germania avrebbe impedito anche alla Francia, nemica della Germania dal 1870, di seguirla sullo stesso terreno;
2) voleva cementare l’unione europea anche a livello politico;
3) intendeva creare, secondo le sue stesse parole, “un terzo elemento tra i due grandi (Usa e URSS, ndr), una forza la quale al momento decisivo sappia far cadere la bilancia dalla parte della pace”
L’odierno progetto di Ursula e Macron, cioè di Francia e Germania, momentaneamente alleate, si pone in opposizione netta rispetto ad ognuno dei tre obiettivi degasperiani. Non è dunque in continuità, ma in assoluto contrasto. Infatti:
1) riarma soprattutto la Germania, in funzione antirussa, ma anche la Francia, generando il rischio di una pericolosa escalation;
2) non cementa l’Unione Europea ma al contrario la divide ulteriormente, tra paesi armati sino ai denti (Germania, Francia e Polonia) e paesi più o meno deboli e disarmati. Si sa quanto la differenza tra eserciti significhi anche disunione e disparità e alimenti possibili ritorni di fiamma nazionalisti che possono solo nuocere all’unità;
3) non è concepito per “far cadere la bilancia dalla parte della pace”, ma si presenta, al contrario, come una scelta conflittuale, accompagnata da continui proclami, sia verso la Russia sia verso gli Usa di Trump.
Un’ultima considerazione: la breve risposta di Polito alla lettera di Prosperi, in cui il giornalista del Corriere arruola papa Francesco tra i sostenitori della guerra ad oltranza, estrapolando una sua singola frase tra le decine pronunciate in mesi e mesi di dichiarazioni, non è solo una mancanza di rispetto di Polito verso il suo interlocutore e verso l’intelligenza dei lettori, ma è anche l’ennesima dimostrazione della presunzione dei cosiddetti laici che vogliono insegnare ai cattolici chi era Degasperi, cosa pensi il papa e cosa devono fare loro oggi, non per la pax Christi, ma per la loro guerra “giusta”.