Combattere il terrorismo, ma con le mani legate
Dopo la strage all'arena di Manchester il premier Theresa May ha detto di voler sradicare l'ideologia jihadista. Ma chi diffonde il jihad, sono le stesse monarchie del Golfo che investono anche centinaia di miliardi nella City comprando armi, squadre di calcio, alberghi, aziende. E controlla molti quartieri delle città britanniche ed europee, dove già viene applicata la sharìa.
Ventidue persone sono state uccise e 59 - compresi 12 ragazzi sotto i 16 anni - sono rimaste ferite nell'esplosione avvenuta l'altra sera a Manchester, alla fine di un concerto di Ariana Grande. L'attacco è stato rivendicato dall'Is e Rita Katz - direttrice di Site, il sito di monitoraggio delle attività jihadiste sui social media - ha diffuso tramite Twitter un messaggio dell'organizzazione nel quale lo Stato Islamico rivendica «la morte e il ferimento di circa 100 crociati nell'esplosione di ordigni nella città britannica di Manchester».
«Per terrorizzare i miscredenti e in risposta alla loro ostilità nei Paesi dei musulmani - si legge nel testo - uno dei soldati del Califfato è riuscito a piazzare ordigni esplosivi nel mezzo di assembramenti di crociati nella città britannica di Manchester. Questi ordigni sono esplosi al Manchester Arena, edificio destinato a ospitare eventi dissoluti, causando la morte di circa 30 crociati e il ferimento di altri 70». «Quello che verrà dopo - si legge nella frase conclusiva del messaggio - sarà ancora più forte e dannoso per gli adoratori della croce e i loro alleati».
L'esplosione è avvenuta poco dopo le 22.30 alla Manchester Arena, dove la cantante si era appena esibita davanti a una folla composta per lo più da adolescenti. Il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins, ha confermato che si è trattato di una singola esplosione provocata da un attentatore kamikaze che aveva un «ordigno rudimentale che ha fatto detonare provocando questa atrocità». Hopkins non ha spiegato se la bomba fosse di costruzione artigianale ma contenesse esplosivo di tipo industriale o militare o se l’esplosivo fosse “rudimentale”, realizzato in casa con prodotti reperibili sul mercato come il famigerato TATP già utilizzato dai terroristi dell’Isis ma piuttosto instabile. In entrambi i casi questo attentato è difficilmente attribuibile all’iniziativa di un singolo ma è più probabile che abbia visto operare una cellula con addetti alla logistica e almeno un esperto nel confezionamento di ordigni. Un tecnico prezioso che non verrebbe certo sacrificato come attentatore suicida.
Tra le vittime, ha spiegato il capo della polizia, ci sono bambini e nei corpi di alcune delle persone coinvolte sono stati trovati bulloni, con cui era stato riempito l'ordigno. Lo hanno raccontato i parenti di alcune delle vittime, tra cui Paul Dryhurst, la cui nipote 32enne, Kelly Brewster, si ritiene sia rimasta uccisa (ufficialmente è ancora dispersa) alla Manchester Arena, dove era andata con la sorella Claire Booth e la figlia di lei, Hollie, 11 anni.
L'autore dell'attentato è Salman Abedi, 23enne britannico di origini libiche, già noto alla polizia e lui stesso fra le 22 vittime. Il capo della polizia di Manchester, Ian Hopkins, ha detto che Abedi ha agito da solo, ma si sa di altri tre arresti effettuati dalla polizia. Tra questi dovrebbe esserci anche il fratello di Abedi. «La nostra priorità è di lavorare insieme all'antiterrorismo nazionale e alle agenzie di intelligence per stabilire più dettagli sull'individuo che ha condotto l'attacco», ha detto ancora il capo della polizia, sottolineando che la «priorità è anche stabilire se abbia agito da solo o collegato a una rete».
La deflagrazione è avvenuta nel foyer, poco lontano dalla biglietteria, mentre gli spettatori stavano iniziando a lasciare l'area, la più grande d’Europa, che ha una capienza di 22mila persone.
La premier britannica Theresa May ha convocato il comitato per la Sicurezza 'Cobra' e ha poi sospeso la campagna elettorale del partito conservatore in vista delle elezioni del prossimo mese. La premier britannica ha parlato di «orribile attacco terroristico». Tutti gli attacchi sono "terribili", ha detto May in una dichiarazione davanti a Downing Street, ma quello di Manchester è «orribile, disgustoso e vigliacco». Lo "spirito di Manchester" ha aggiunto May, è raffigurato dalle immagini delle squadre di emergenza che hanno prestato soccorso alle vittime dell'attentato di ieri sera. I terroristi non vinceranno, ha quindi ribadito, e "i nostri valori prevarranno sempre".
Si tratta del peggiore attentato nel Regno Unito dal 7 luglio del 2005, quando a Londra una serie di esplosioni causate da attentatori suicidi provocarono 56 morti. Come allora anche in questo caso autorità e media hanno cooperato nell’evitare che venissero diffuse immagini che raffigurassero morti, feriti o anche solo tracce di sangue. Una strategia mediatica tesa a non dare soddisfazione e “trofei” ai terroristi utilizzabili dalla propaganda jihadista come simboli di successo come invece è accaduto nei recenti attentati in altri Paesi europei.
L’attentato di Manchester conferma molti aspetti già noti del terrorismo jihadista che privilegia i “soft target” in cui può provocare stragi di civili pur non rinunciando a minacciare i vertici del nemico infedele (l’attacco con Suv e coltello a Westminster). Un terrorismo che coglie tutte le opportunità dimostrandoci che i nostri governi non possono proteggerci e colpendo adolescenti probabilmente per vendicare le stragi di bambini compiute recentemente dai raid aerei della Coalizione a Mosul e Raqqa.
Theresa May ha detto di voler sradicare l’ideologia jihadista spostando così l’attenzione dal tema della sicurezza in termini tecnici a quella geopolitica. La premier sa bene che l’ideologia dei jihadisti è quella dei salafiti che controllano molti quartieri delle città britanniche e d’Europa, propagandando il jihad, applicandovi la sharia e ideologizzando migliaia di giovani con i fondi provenienti dalle monarchie del Golfo. Le stesse che investono centinaia di miliardi nella City comprando armi, squadre di calcio, alberghi, aziende e non poche coscienze in Europa.
Combattere quell’ideologia significa fare piazza pulita dell’estremismo islamico che “produce” terrorismo. Un obiettivo ancora lontano se lo stesso Donald Trump che aveva promesso in campagna elettorale il pugno di ferro contro l’Isis oggi riarma i sauditi per centinaia di miliardi di dollari dicendo, come re ed emiri arabi, che il promotore del terrorismo islamico è l’Iran. Cioè lo Stato che più di ogni altro ha combattuto Isis e al-Qaeda in Iraq e Siria e che con i suoi soldati ha impedito nell’estate del 2014 che le milizie del Califfato prendessero Baghdad.