Colpevole fino a prova contraria, se è Trump
«Se fossimo stati sicuri che il presidente non avesse commesso un reato, lo avremmo detto». Con questa frase, che calpesta il principio "innocente fino a prova contraria", il procuratore Mueller ammette di non aver trovato nulla che provi la colpa del presidente Donald Trump. Quindi insinua il dubbio, a beneficio dell'opposizione politica.
«[…] se fossimo stati sicuri che il presidente non avesse commesso un reato, lo avremmo detto». Questa è la frase più ripetuta e cliccata delle ultime 48 ore. L’ha pronunciata mercoledì 29 maggio il procuratore speciale dell’FBI, Robert S. Mueller III, in riferimento ai risultati della sua indagine, pubblicata in ben due ponderosi volumi. Il presidente chiamato in causa è ovviamente Donald J. Trump, Mueller è invece il plenipotenziario incaricato di indagare sul presunto “Russiagate”. Cioè sull’inesistente “Russiagate”, come dice Mueller stesso in quegli stessi due grossi volumi.
La frase pronunciata mercoledì da Mueller è «[…] if we had had confidence that the president clearly did not commit a crime, we would have said so» e ha un seguito: «We did not, however, make a determination as to whether the president did commit a crime». Ovvero: «Non abbiamo però stabilito che il presidente abbia fattualmente commesso un reato» («whether», cioè il «se» delle interrogative indirette, vale qui «che» e il verbo «to do», qui al passato «did», premesso a un verbo principale al presente, vale rafforzativo, che qui ho tradotto con «fattualmente»).
Ebbene, quella frase è un arzigogolo, un virtuosismo retorico fine a se stesso. La negazione di una negazione per suggerire un’affermazione che non si ha né il coraggio né le condizioni di proferire, subito smorzata da un pavido “ma anche no”. Il “vorrei ma non posso”, cioè, di chi non sta più nella pelle per dirla tutta, quella cosaccia lì, ma non può. Chi impedisce di farlo, di dirlo è infatti Mueller stesso. Lui e il suo voluminosissimo rapporto di fine mandato. È cioè Mueller a vietare a Muller di dire che Trump è colpevole, perché Mueller sa che non è così. Le prove raccolte e presentate dicono infatti che Trump è innocente. Un caso eclatante, insomma, di personalità multipla, roba da Twin Peaks.
Ora, il «noi» della suddetta cliccatissima frase non è per nulla maiestatico. È un «noi» vero. Mueller ha infatti lavorato sodo per due anni con una supersquadra qualificatissima ai propri ordini. Al termine di tutto, come su queste pagine è già stato ricordato (ma a dirlo è proprio Mueller), non c’è nemmeno lo straccio di una prova. Niente. Motivo per cui non c’è reato, non c’è incriminazione, non c’è un bel nulla. Tant’è che, due anni e un esercito di poliziotti di alto bordo dopo, il superpoliziotto più potente del mondo, Mueller, nientemeno che procuratore speciale (speciali sono anche i suoi poteri) di una delle polizie più acribiche e mastine del mondo, l’FBI, si dimette. Gesto mica di rassegnazione sconsolata: gesto conseguente. Mueller ha ricevuto un incarico, lo ha svolto al massimo e per tempo lunghissimo, ha frugato ovunque e ha concluso il lavoro. Quindi lascia e si dedica ad altro.
Che senso ha, dunque, dire sull’uscio «[…] se fossimo stati sicuri che il presidente non avesse commesso un reato, lo avremmo detto»? Nessuno. Che senso ha allora dire «[…] se fossimo stati sicuri che il presidente non avesse commesso un reato, lo avremmo detto» se non quello di dire “non ci sono prove, ma io voglio dire che Trump è colpevole lo stesso”? In ambito morale si chiama temerarietà e in ambito giuridico pure. Avere la faccia tosta di andare in mondovisione e dire cose così è un abuso bello e buono.
Anzitutto perché una persona è innocente fino a prova contraria. Insinuando il dubbio, invece, il superpolizotto Mueller si spinge oltre il proprio mandato, oltre il lecito e oltre la buona creanza. Roba da querela. In secondo luogo perché non solo Trump è innocente fino a prova contraria, ma perché Mueller ha provato che Trump è innocente. Terzo, perché semmai Mueller dice che Trump potrebbe anche forse essere colpevole di qualcosa, ma non certo del “Russiagate” giacché è Mueller stesso a dire che il “Russiagate” nemmeno esiste. Mescolare tutto però serve a spingere la gente a sospettare che in qualche modo la verità c’è, ma è stata occultata. Una canagliata da codice penale.
Quando, settimane fa, Mueller ha per la prima volta scagionato totalmente Trump dall’inesistente “Russiagate”, Muller fece capire che però Trump avrebbe potuto comunque essersi reso colpevole di ostruzione della giustizia. Oggi Mueller va alle telecamere e dice invece che neanche quell’accusa è provabile. Dunque di cosa stiamo parlando?
E qui sta il senso vero della sparata indebita di Mueller. Non che egli abbia per le mani qualche elemento, ma, proprio perché elementi in mano non ne ha, poiché non ce ne sono, Mueller si appella in extremis alla politica. Lascia che sia l’opposizione Democratica, che controlla la Camera, a pensarci. Visto che gli inquirenti non hanno prove, ci pensino loro, i Democratici, a fare il lavoro sporco, tanto quelli di prove non hanno mai bisogno. Visti i tempi della politica e delle calunnie, la cosa maturerà in perfetto timing per la campagna elettorale delle presidenziali del 2020, nel tentativo di sparare ad alzo zero su un Trump in piena corsa. Sempre senza prove. Eravamo abituati alla giustizia a orologeria per scopi politici, questo è forse il primo caso di politica a orologeria per mancanza di prove giudiziarie. Una mascalzonata assoluta.