Il Russiagate non è mai esistito, Trump è innocente
Donald J. Trump non ha mai tramato nell’ombra con il Cremlino, tradendo e sabotando il proprio Paese. Dopo 22 mesi di illazioni, accuse gratuite, parole grosse e colpi bassi il rapporto finale del procuratore speciale dell’FBI Robert S. Mueller III chiude il caso liberando Trump da qualsiasi sospetto.
Il “Russiagate” è una boiata pazzesca e il presidente Donald J. Trump non ha mai tramato nell’ombra con il Cremlino, tradendo e sabotando il proprio Paese. Dopo 22 mesi di illazioni, accuse gratuite, parole grosse e colpi bassi il rapporto finale del procuratore speciale dell’FBI Robert S. Mueller III chiude il caso liberando Trump da qualsiasi sospetto.
Su queste pagine lo abbiamo detto e ripetuto di continuo. Non perché fossimo dotati della sfera di cristallo per prevedere il futuro, ma perché non bisogna essere razionalisti come Sherlock Holmes per capire che un uomo è innocente fino a prova contraria e che se le prove non ci sono, le accuse cadono. Su queste pagine abbiamo sempre detto e ripetuto che il “Russiagate” fosse una montatura dei nemici giurati di Trump, che non si sono mai arresi ad accettare il fatto che il tycoon sia diventato, piaccia o no, il 45° presidente negli Stati Uniti d’America, e dei media a partire dal nomignolo con cui la vicenda è nota. Prima di dire “Russiagate” occorre avere provato che sia occorso uno scandalo (il suffisso neologistico -gate a ciò allude, citando il famoso “scandalo Watergate”) e che questo scandalo sia la collusione con la Russia, ma né l’una né l’altra cosa erano accertate. Nel mentre giornaloni e giornaletti si riempivano la bocca del roboante “Russiagate” che a pronunciarlo dà gusto come un bombolone poiché sembra fisicamente di affondare i canini nelle carni della preda sfuggente, l’ineffabile, odiato, ma presidente Trump, reo già solo del fatto di esistere senza il permesso del gotha liberal. Già è illecito dunque anche solo dire “Russiagate”, figuriamoci il resto.
Nella sostanza, poi, il modo con cui l’argomento è stato trattato è surreale. Ogni qualvolta, per una ragione qualsiasi, un personaggio che avesse avuto anche solo lontanamente a che fare con Trump veniva incastrato per qualche marachella, titoli, titoletti, sottotitoli, catenacci sparavano ad alzo zero la parola magica, “Russiagate”. E noi, nel nostro piccolo, giù ogni volta a ricordare che la responsabilità è personale, che se uno viene colto con le dita nella marmellata ne risponde in proprio, che tutti i personaggi dell’entourage di Trump che hanno avuto a che fare con la giustizia hanno dovuto rispondere mediamente di frode fiscale e reati così che con la presunta collusione di Trump con Mosca non c’entrano niente.
Ebbene ora a darci, nel nostro piccolo, ragione è proprio il procuratore speciale Mueller. Non con un parere personale, ma con la chiusura ufficiale dell’inchiesta. Ricordiamo i fatti. Sin dal giorno della sua elezione, anzi persino prima, Trump è stato accusato del tutto gratuitamente da avversari politici e stampa di mezzo mondo di avere trescato con la Russia per condizionare l'esito delle elezioni presidenziali del 2016, finendo così per vincerle contro ogni pronostico e speranza. In realtà Trump ha vinto le elezioni, pur di un soffio, contro l’imponente macchina da guerra di Hillary Clinton perché a lui si sono rivolti, forse in extremis, alcuni settori dell’elettorato operaio di alcuni Stati chiave disillusi dalla politica parolaia delle Sinistre. Al montare costante di quelle voci, accompagnate da scontri di piazza e da indignati speciali di ogni risma, il 17 maggio 2017 il Segretario statunitense della Giustizia Rod Rosenstein ha nominato un procuratore speciale, appunto Mueller, per indagare sulla notizia criminis, in realtà un cicaleccio.