Clorochina e cure: medici contro Burioni. Ma tifava per il farmaco
L'avvocato dei medici che conducono la battaglia del Covid at home denuncerà il virologo Roberto Burioni per le sue parole contro il protocollo domiciliare del Piemonte («piemontesi, ribellatevi») e l'uso della clorochina («da buttare nel water»): «Intimidazione inaccettabile, linee guida scientifiche». Oggi è contro il suo uso, ma anche lui faceva il tifo per le proprietà della clorochina contro il Covid, sbagliando però i tempi di somministrazione. E ora non ne riconosce i benefici in fase precoce.
L’ultima polemica sul fronte delle cure domiciliari ha visto protagonista il virologo Roberto Burioni, il quale ha sferrato un attacco «ai medici che curano a casa in stile Di Bella con terapie dimostratesi inefficaci, ma anche dannose». Sotto accusa la Regione Piemonte, che ha da poco licenziato un nuovo protocollo per curare il covid a casa in aperto contrasto con la raccomandazione della vigile attesa promossa invece dalle fallimentari linee guida del Ministero e dell’Aifa. A Burioni non è andato giù il fatto che tra i vari farmaci consigliati dall’ente ai medici ci sia anche l’idrossiclorochina, consigliata in fase precoce della malattia da covid 19.
E la sua opinione è stata tranchant: «Piemontesi, sappiate che studi sterminati hanno stabilito non solo che per Covid 19 l'idrossiclorichina è inutile, ma che è anche pericolosa. Se qualche "medico" ve la prescrive, buttatela nel cesso e cambiate medico velocemente».
La frase, pronunciata dal pulpito televisivo di Fazio, è stata una doccia gelata per i tanti medici che stanno curando da casa, anche utilizzando idrossiclorochina, e che non hanno mai mandato nessuno dei loro pazienti né al Creatore né all’ospedale.
Così Burioni si è preso le reprimende di uno degli avvocati che hanno seguito i medici nelle loro battaglie al Tar e al Consiglio di Stato su idrossiclorochina e contro la vigile attesa.
In un video pubblicato sulla sua pagina Facebook, l’avvocato Valentina Piraino (in foto), professionista che con il collega Erich Grimaldi ha conseguito la vittoria nei due giudizi (leggasi Tar e Consiglio di Stato ndr.), ha risposto a Burioni (QUI la replica integrale): «I medici hanno provato le loro ragioni depositando studi scientifici inoppugnabili. Quello che ha fatto il professore, paventando un rischio di finire in giudizio per loro, è un’intimidazione della quale dovrà rispondere nelle sedi opportune. Inoltre, ha ignorato di proposito i due pronunciamenti dell’autorità giudiziaria amministrativa che, possono anche non piacergli, ma vanno eseguiti».
Secondo la Piraino poi, il vero problema non è dei medici che curano attenendosi anche a quelle che sono le evidenze scientifiche raccolte nel corso di mesi e mesi di cure, anche se in assenza di studi randomizzati, ma semmai di quei medici che si sono attenuti alle prescrizioni del governo che, limitandosi solo alla vigile attesa e al paracetamolo nella prima fase, hanno contribuito a creare un ritardo nelle cure dei pazienti e il loro conseguente ricovero, spesso con esiti infausti. «Semmai saranno loro a doverne rispondere in tribunale», ha detto.
Un’altra affermazione giudicata grave dal legale è l’invito alla disobbedienza del popolo piemontese. «Il protocollo ha un razionale scientifico, che non fa una battaglia di quartiere su un farmaco piuttosto che su un altro, ma ha come obiettivo quello di intervenire precocemente nella cura del covid per evitare l’ospedalizzazione. L’utilizzo dell’idrossiclorochina rientra in questa possibilità. È inutile che si continui a citare solo quegli studi per i quali il farmaco non sarebbe efficace, perché sono proprio gli studi che raccontano di un suo utilizzo sbagliato: o prima, in fase di profilassi o dopo quando ormai la tempesta citochinica è partita e l’infezione va trattata in ospedale con altri farmaci. Usata invece all’insorgere della malattia, è dimostrato da evidenze cliniche che l’idrossiclorochina contribuisce a frenare l’infezione».
L’avversione di Burioni all’idrossiclorochina, però, contrasta con le sue passate posizioni, quando non era affatto contrario all’antimalarico per la cura del covid. In un suo intervento del 29 marzo 2020, in piena prima ondata, il virologo aveva parlato di diversi studi sul Plaquenil, accennando anche al suo, condotto al San Raffaele di Milano. All’epoca Burioni era entusiasta tanto da esporsi pubblicamente a favore: «Buone notizie stanno arrivando anche dal campo dei farmaci. C’è un farmaco che viene utilizzato come anti-infiammatorio in malattie come l’artrite e che sembra essere efficace e i dati sono abbastanza promettenti», disse a Che Tempo che Fa. «C’è una sorpresa strana di un farmaco che si usava per la malaria. Ora si è provato a usarlo clinicamente e a sperimentarlo. Ci sono diversi studi in atto, lo abbiamo fatto anche noi al San Raffaele», aveva dichiarato.
Ebbene, qual era la posizione di Burioni di fronte a questa possibilità? «Chiaramente questo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza: i dati che abbiamo ottenuto suggeriscono che una sperimentazione clinica di questo farmaco dovrebbe essere svolta somministrando il farmaco non solo quando il paziente sta già male, ma già prima dell’infezione agli individui che sono a maggior rischio».
Dopo quelle dichiarazioni, qualche mese dopo arrivò il dietrofront dell’Aifa che si basò su uno studio di Lancet del maggio 2020 su pazienti ospedalizzati in cui i risultati era negativo, ma che venne poi ritirato. Però bastò a far sparire l’idrossiclorochina dai radar con evidenze scientifiche che vennero poi contestate dai medici nel loro ricorso: il farmaco era stato testato o troppo presto, in fase di profilassi, o troppo tardi, quando ormai la tempesta citochinica è in atto e il suo utilizzo, inutile. Oppure con dosaggi sbagliati. Ma queste sono proprio alcune delle casistiche citate da Burioni come promettenti, a differenza dell’utilizzo in fase precoce che stava già mostrando buone possibilità di riuscita in quei mesi proprio da parte dei medici ora presi di mira da Burioni.
Certo, è vero che per cambiare idea, il virologo ha atteso i primi studi negativi, ma è altrettanto vero che si tratta sempre di studi in cui il farmaco è stato somministrato in fasi della malattia o troppo precoci o troppo tardive. L’idrossiclorochina funziona infatti nelle fasi iniziali dell’infezione, ma questo Burioni sembra rifiutarsi di riconoscerlo.
Resta il fatto che l’entusiasmo mostrato allora per difendere il farmaco con tanto di annunci che poco hanno del rigore scientifico, scontava comunque un errore di fondo sul timing di somministrazione. Ora, invece, demolisce quello stesso farmaco senza però tenere in conto evidenze scientifiche, comunque favorevoli a determinate condizioni e che non sono mai state smentite.
In entrambi i casi a risentirne potrebbe essere l’autorevolezza del personaggio che, come noto, ama parlare molto in tv, soprattutto da Fabio Fazio, come virologo di riferimento di Che tempo che fa. L’attacco scomposto ai tanti colleghi che in tutto questo tempo hanno curato con successo, anche con l’idrossiclorochina, poterebbe essere un boomerang per uno scienziato che in questo lungo anno si è presentato al grande pubblico come prestigioso.