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ALLA COP29

Clima, l'impossibile equilibrio della Meloni

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L'intervento del presidente del Consiglio alla Conferenza sul clima cerca di mettere insieme l'ideologia green che domina le politiche UE con la realtà delle economie messe in crisi. Ma sono due strade incompatibili. E la fusione nucleare da lei evocata non è la risposta.

Editoriali 14_11_2024
giorgia Meloni alla Cop29 di Baku - LaPresse

Continuare il processo di decarbonizzazione – raggiungendo tutti gli obiettivi già fissati – ma mantenendo «la sostenibilità dei nostri sistemi produttivi e sociali». Questa la sfida lanciata a Baku (Azerbaigian) dal presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel suo intervento alla Cop29, la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici. In pratica, il messaggio della Meloni è: andiamo pure avanti in questa lotta per contenere il riscaldamento della Terra ma senza distruggere la nostra economia, teniamo sempre conto che «la natura va difesa con l’uomo al centro». E per cercare di offrire una via d’uscita che concili questi opposti ha parlato di un futuro caratterizzato dalla fusione nucleare, «che potrebbe produrre energia pulita, sicura e illimitata».

Si comprende la buona volontà della Meloni che cerca almeno di mitigare gli effetti disastrosi di questo delirio ecologista; si comprende anche che cerchi di muoversi con prudenza tenendo conto di una Unione Europea, di cui facciamo parte, dominata dall’ideologia. Ma alla fine questa posizione è insostenibile perché la caccia alle streghe contro la CO2 si fonda proprio su una concezione di natura in cui l’uomo è il nemico; e l’industria, l’agricoltura e più in generale lo sviluppo non solo non meritano tutele ma vanno addirittura azzerati. Non è possibile far stare insieme due concezioni antitetiche.

E allora bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno, magari prendendo forza dal cammino tracciato dal prossimo presidente degli Stati Uniti. Se l’Europa e l’Italia continuano su questa strada, terrorizzando la popolazione e la politica con una inesistente emergenza climatica si va dritti verso il disastro, non solo per la vita delle persone ma anche per quella natura che a parole si vorrebbe preservare. Una corretta analisi delle recenti alluvioni, in Italia e in Spagna, dovrebbe farlo capire.

Così come dovrebbe essere ormai evidente che la promessa di fantastici lavori “green” che sovrabbonderanno rispetto ai posti di lavoro persi nei comparti legati ai combustibili fossili, è un bluff clamoroso. Lo dimostra la crisi dell’industria automobilistica europea, le cui cause ha analizzato ieri sulla Bussola l’ingegnere Mario Verna, Ebbene, dal 2020 ai primi mesi del 2024 si sono persi 86mila posti di lavoro nel comparto automobilistico a fronte di 100mila nuovi posti di lavoro che erano stati invece previsti. E già nei primi mesi del 2024 erano stati annunciati altri 32mila posti da tagliare. E possiamo stare tranquilli che questo è solo l’inizio, perché vengono imposti all’industria europea obiettivi impossibili da raggiungere e limiti impossibili da rispettare se si vuole mantenere la competitività e offrire prodotti acquistabili da una larga fetta della popolazione.

Anche le indicazioni sull’energia date dalla Meloni mescolano realismo a propaganda. D’accordo quando insiste sulla necessità della flessibilità e di un mix energetico usando tutte le tecnologie disponibili, in quanto «attualmente non esiste un’unica alternativa all’approvvigionamento da fonti fossili». Ma poi “spara” la fusione nucleare come il futuro su cui sta puntando l’Italia. È vero, l’Italia è certamente in prima linea nella ricerca in questo settore, sia come investimenti sia come iniziativa politica (la Meloni ha ricordato di aver promosso in quanto presidente del G7 la prima riunione del Gruppo mondiale per l’energia da fusione). Ed è anche vero che nel Piano Nazionale Integrato di Energia e Clima (Pniec), trasmesso dal nostro governo alla Commissione Europea lo scorso luglio è previsto che già nel 2050 si possa usare tale forma di energia. Ma è altrettanto vero che si tratta di pio desiderio che non trova riscontro nella realtà. In tutto il mondo si stanno investendo decine e centinaia di miliardi di dollari in una ricerca che va avanti da 70 anni, ma la possibilità di arrivare a una applicazione pratica è di là da venire, sicuramente non se ne parlerà per questo secolo, ammesso che alla fine ci si arrivi.

E allora sarebbe bene che il presidente del Consiglio non si prestasse a questo teatrino prefigurando un paradiso prossimo venturo per far digerire l’inferno che ci aspetta con una transizione energetica cervellotica. Meglio avrebbe fatto a citare casomai l’altro progetto di energia nucleare, quello del cosiddetto “nuovo nucleare”, mini-reattori di nuova generazione il cui dispiegamento è già previsto in Europa per l’inizio del prossimo decennio (e trovano posto anche nel Pniec).

Forse parlare pubblicamente di energia nucleare tradizionale avrebbe provocato nuove infinite polemiche in Italia, visto il clima politico che c’è, ma i cittadini hanno anche bisogno di sapere con chiarezza cosa si sta facendo e cosa davvero è importante fare per il bene di tutti. E anche devono poter sapere chi vende fumo e ideologia e chi fa i conti con la realtà.

La Meloni non può continuare a dare un colpo al cerchio e uno alla botte, stiamo parlando di obiettivi e strategie incompatibili l’una con l’altra, una politica di equilibrismo è impossibile: o si ritorna sulla strada del realismo e dello sviluppo, che comunque ha garantito ai Paesi industrializzati un miglioramento enorme delle condizioni di vita e anche un miglioramento degli indici ambientali; oppure si continua a seguire le élite globaliste sulla strada dell’ideologia e del messianismo verde che ha come obiettivo la povertà e la vulnerabilità per tutti.



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