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IL DOCUMENTO

Clausura, via per contemplare la Trinità

Presentata ieri l’Istruzione “Cor Orans” sulla vita contemplativa, della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, l’istruzione segue la costituzione apostolica Vultum dei quarere firmata da Papa Francesco lo scorso luglio.

Ecclesia 16_05_2018

Presentata ieri l’Istruzione “Cor Orans” sulla vita contemplativa, della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, l’istruzione segue la costituzione apostolica Vultum dei quarere firmata da Papa Francesco lo scorso luglio.

Un documento molto corposo che viene offerto «alla Chiesa con particolare riferimento ai monasteri di rito latino, per rendere chiare le disposizioni della legge, sviluppando e determinando i procedimenti nell’eseguirla». Riprendiamo di seguito alcuni punti dell’istruzione seguendo, in sintesi, quanto riportato dal sito ufficiale Vatican News.

Autonomia del monastero
Come ha ricordato nella conferenza stampa di presentazione monsignor José Rodríguez Carballo, segretario del dicastero per i religiosi, «il Dicastero ha dovuto più volte constatare con rammarico l’esistenza di monasteri non più in grado di portare avanti una vita dignitosa, senza che ci fosse una legislazione che dicesse quando e come intervenire al riguardo: l’aver colmato questa lacuna legislativa è sicuramente uno dei punti più importanti e più attesi dell’Istruzione».  L’autonomia giuridica di un monastero di monache, per potersi ottenere, deve quindi «presupporre una reale autonomia di vita, cioè la capacità di gestire la vita del monastero in tutte le sue dimensioni (vocazionale, formativa, governativa, relazionale, liturgica, economica…). In tal caso un monastero autonomo è vivo e vitale».

La fondazione
Può avvenire «o ad opera di un singolo monastero o attraverso l’azione della Federazione, secondo quanto stabilito dall’Assemblea Federale». Con il nome di Federazione di monasteri si intende “una struttura di comunione tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto, eretta dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti”. Nella scelta del luogo della fondazione “l’aspetto della separazione dal mondo deve essere particolarmente previsto e curato, attesa la testimonianza pubblica che le monache sono tenute a rendere a Cristo e alla Chiesa nella vita contemplativa, secondo l’indole e le finalità dell’Istituto di appartenenza”.

L’erezione canonica
Avviene «in presenza di alcuni requisiti che dicano la reale possibilità di autonomia del monastero fondato, primo fra tutti la presenza di otto monache di voti solenni». Tra i requisiti richiesti quello della presenza di “una comunità che abbia dato buona testimonianza di vita fraterna in comune con “la necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma, composta da almeno otto monache di voti solenni, purché la maggior parte non sia di età avanzata”. Con il nome di Federazione di monasteri si intende “una struttura di comunione tra più monasteri autonomi del medesimo Istituto, eretta dalla Santa Sede che ne approva gli Statuti”. Il monastero autonomo “ha la capacità di acquistare, di possedere, di amministrare e alienare beni temporali, a norma del diritto universale e proprio”. Quando in un monastero autonomo le professe di voti solenni giungono al numero di cinque "la comunità di detto monastero perde il diritto all'elezione della propria superiora".

Soppressione
Passo grave, che la Santa Sede, a cui soltanto spetta il compito della soppressione, decide in un dialogo con la commissione ad hoc e dopo aver verificato l’inefficacia dell’affiliazione ad altro monastero. Tra i criteri che possono concorrere alla soppressione ci sono: il numero delle monache, l’età avanzata della maggior parte dei membri, la reale capacità di governo e formativa, la mancanza di candidate da parecchi anni, la mancanza della necessaria vitalità nel vivere e trasmettere il carisma nella fedeltà dinamica. Un monastero di monache “viene soppresso unicamente dalla Santa Sede acquisito il parere del vescovo diocesano”.

Relazioni tra monastero e vescovo diocesano
La comunità del monastero femminile “è soggetta alla potestà del vescovo, al quale deve devoto rispetto e riverenza in ciò che riguarda l'esercizio pubblico del culto divino, la cura delle anime e le forme di apostolato corrispondenti alla propria indole”. Il vescovo diocesano, inoltre, “in occasione della visita pastorale o di altre visite paterne ed anche in caso di necessità, può prendere egli stesso soluzioni opportune quando constata che esistono abusi e dopo che i richiami fatti alla Superiora maggiore non hanno sortito alcun effetto”.

Separazione dal mondo
Si ribadisce che “la clausura costituisce un obbligo comune a tutti gli Istituti ed esprime l’aspetto materiale della separazione dal mondo … concorrendo a creare in ogni casa religiosa un’atmosfera ed un ambiente favorevoli al raccoglimento, necessari alla vita propria di ogni Istituto, ma particolarmente quelli dediti alla contemplazione” (n. 156): dunque nella vita contemplativa “merita una particolare attenzione” (n. 157). Dopo aver ricordato i presupposti spirituali e la rilevanza della vita contemplativa nella Chiesa, ribadisce che “la modalità della separazione dall’esterno dello spazio esclusivamente riservato alle monache deve essere materiale ed efficace, non solo simbolica o spirituale”, secondo la modalità che verrà decisa dal Capitolo conventuale.

Uso dei mezzi di comunicazione
«Tali mezzi pertanto devono essere usati con sobrietà e discrezione, non solo riguardo ai contenuti ma anche alla quantità delle informazioni e al tipo di comunicazione, “affinché siano al servizio della formazione alla vita contemplativa e delle comunicazioni necessarie, e non occasione di dissipazione o di evasione della vita fraterna in fraternità, né danno per la vostra vocazione, né ostacolo per la vostra vita interamente dedita alla contemplazione”. L'uso dei mezzi di comunicazione, per motivo di informazione, di formazione o di lavoro, può essere consentito nel monastero, con prudente discernimento, ad utilità comune, secondo le disposizioni del Capitolo conventuale contenute nel progetto comunitario di vita. Le monache curano la doverosa informazione sulla Chiesa e sul mondo, non con la molteplicità delle notizie, ma sapendo coglierne l'essenziale alla luce di Dio, per portarle nella preghiera in sintonia con il cuore di Cristo».

La clausura
Ogni singolo monastero di monache o Congregazione monastica femminile, “segue la clausura papale o la definisce nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio, nel rispetto della propria indole”. La Chiesa “incoraggia le monache a vivere fedelmente e con senso di responsabilità lo spirito e la disciplina della clausura per promuovere nella comunità un proficuo e completo orientamento verso la contemplazione di Dio Uno e Trino”.

Vengono definiti i criteri per cui un monastero possa dirsi di clausura papale - l’esclusione di “compiti esterni di apostolato” (n. 183) e una vita interamente contemplativa che sia “fondamentalmente ordinata al conseguimento dell’unione con Dio nella contemplazione (n. 187) -, e ne viene stabilita la normativa. Instaurata nel 1298 da Bonifacio VIII, è quella “conforme alle norme date dalla Sede Apostolica”[116] ed esclude compiti esterni di apostolato. Un Istituto viene ritenuto di vita interamente contemplativa se: a) i suoi membri orientano tutta l'attività, interiore ed esteriore, all'intensa e continua ricerca dell'unione con Dio nel monastero e alla contemplazione del suo volto; b) esclude compiti esterni e diretti di apostolato e, ordinariamente, la partecipazione fisica ad eventi e a ministeri della comunità ecclesiale. Detta partecipazione, previo consenso del Capitolo conventuale, deve essere consentita soltanto per particolari occasioni dal vescovo diocesano o dall’Ordinario religioso del monastero; c) attua la separazione dal mondo, secondo modalità concrete stabilite dal Capitolo conventuale, in modo radicale, concreto ed efficace e non semplicemente simbolico, a norma del diritto universale e proprio, in linea con il carisma dell’Istituto.

Infine l’Istruzione tratta della clausura definita nelle Costituzioni, tipica di quei “monasteri che associano alla vita contemplativa qualche attività a beneficio del popolo di Dio o praticano forme più ampie di ospitalità” in linea con la propria tradizione (cf. n. 204). Chiarito il senso della clausura monastica, introdotta in Vita Consecrata 59 da san Giovanni Paolo II e ripresa da Vdq 31, che, “in quanto descritta nelle Costituzioni o in altro codice del diritto proprio, è una peculiare espressione della clausura costituzionale” (n. 211), passa poi a delineare la normativa circa la clausura costituzionale.

La formazione
Nel quarto capitolo si parla di formazione, specificando che “la formazione alla vita monastica contemplativa si fonda nell’incontro personale con il Signore” (n. 221) e “consiste soprattutto nell’identificazione con Cristo” (n. 222). Questo cammino ha inizio con la chiamata di Dio e la decisione di ciascuna di seguire, secondo il proprio carisma, le orme di Cristo, come sua discepola, sotto l’azione dello Spirito Santo”. Per formazione permanente o continua si intende “un itinerario di tutta la vita, sia personale sia comunitario, che deve portare alla configurazione al Signore Gesù e all’assimilazione dei suoi sentimenti nella sua totale oblazione al Padre”.