CL dal Papa: cronache di un incontro
A parte l'apprezzamento per il pensiero di don Giussani e un ringraziamento a don Carrón, sabato scorso papa Francesco ha riservato agli 80mila di Comunione e Liberazione arrivati da 47 paesi una serie di ammonimenti. Non è un problema, ma non è nemmeno il caso di ignorare come stanno le cose.
Sabato scorso 7 marzo Papa Francesco ha accolto e incontrato in piazza San Pietro a Roma la gente di Comunione e Liberazione. Ordinatamente gremita la piazza e parte di via della Conciliazione, si è stimato che fossimo presenti in circa 80 mila di ogni età, convenuti per lo più dall’Italia (dove vive la gran parte dei “ciellini”) ma anche da altri 46 paesi di ogni continente.
L’evento rientrava nella serie d’incontri che Papa Francesco sta facendo con tutti i maggiori movimenti ecclesiali che, sorti nella seconda metà del secolo scorso, sono un elemento tipico e molto rilevante del processo di riannuncio di Cristo in quest’epoca che, in attesa di trovare un nome migliore, si può definire post-moderna. L’incontro con Comunione e Liberazione di sabato scorso ha in certo modo concluso la serie: il Papa aveva infatti già in precedenza incontrato tutti gli altri maggiori movimenti, dal Rinnovamento dello Spirito fino al Cammino Neocatecumenale (un grande incontro con quest’ultimo era avvenuto a Roma in Sala Nervi il 6 marzo, il giorno precedente).
Con l’amore per la Chiesa e con la libertà di spirito che don Giussani insegnava, e che spero di aver imparato bene, vorrei dare qui un mio contributo alla valutazione dell’incontro di sabato scorso. Si trattava da una parte, come era stato ben sottolineato, del pellegrinaggio alla tomba di Pietro di un movimento che da sempre ha visto come fondamentale il legame con il Papa e con i vescovi in comunione con lui. La preghiera delle Lodi e l’Angelus recitati all’unisono dagli 80 mila presenti ne sono stati segno evidente.
Si trattava dall’altra, giunti alla soglia di Pietro, dell’ascolto dell’insegnamento papale. Un insegnamento che si è concretizzato in un discorso, di cui chiunque può grazie a internet leggere il testo integrale (clicca qui). Esso si compone di tre parti: un breve paragrafo iniziale di cordiale saluto e di ringraziamento personale al presidente della Fraternità di CL, don Julián Carrón; quindi due parti dedicate l’una al riconoscimento del valore del pensiero di Luigi Giussani e l’altra ad alcuni ammonimenti alla gente di Comunione e Liberazione. Oltre ad essere conclusiva quest’ultima parte è la più lunga.
Quindi, almeno tecnicamente, quello che il Papa ha fatto a CL è in sostanza un discorso di ammonimento. A parte le parole cordiali rivolte a don Carrón non si rileva invece in tutto il resto del discorso alcun cenno positivo, anzi alcun cenno in assoluto, alla realtà attuale del Movimento e alla sua antica e rilevante presenza in quelle periferie del mondo che tanto stanno a cuore a Papa Francesco: la realtà che s’intravvede, tanto per citare un documento recente, nel DVD La strada bella, ma di cui comunque esiste vastissima documentazione. Il Papa ne sarà di certo informato, ma non ne ha fatto parola nella circostanza invitando invece innanzitutto a tener presente che “il centro è uno solo, è Gesù, Gesù Cristo!”.
Più che un monito in queste sue parole ho visto una conferma proprio di ciò che mi aveva colpito in don Giussani quando lo incontrai, e che è fino ad oggi l’elemento tipico di CL, insomma il suo carisma: la sua radicale sottolineatura della centralità di Cristo. Ricordando il mio incontro con don Giussani l’avevo già scritto nella nota alla nuova edizione del libro-intervista Il Movimento di Comunione e Liberazione (Rizzoli, BUR Saggi, 2014), e lo ripeto qui: ”(…) l’uomo da un lato non aveva nulla di clericale, ma dall’altro non esitava a sostenere esplicitamente qualcosa impensabile per la cultura dominante dell’età moderna, ovvero che Cristo, centro del mondo e della storia, è la risposta alle urgenze esistenziali dell’uomo, al suo bisogno di felicità”. Talvolta può accadere che, soprattutto in certi ambiti e in certe generazioni, per entusiasmo giovanile o per…spirito di corpo, ci si riempia troppo la bocca di CL. Quindi si deve essere grati per l’invito a non farlo, ma si tratta soltanto di una deriva sociologica, non di una deriva teologica.
Per dinamiche che attengono poi alla psicologia sociale prima che a qualsiasi altra cosa, ogni esperienza umana socialmente intensa tende a divenire autoreferenziale; anche semplicemente un’azienda o un club sportivo prima che un movimento ecclesiale. A prescindere dal fatto che tali moniti sarebbero giustificati anche con riguardo ad altri, è comunque un giusto richiamo quello che Papa Francesco ha fatto a CL; occorre tenerne conto e farne tesoro senza temere di mettersi in discussione.
Tuttavia, anche senza riandare al suo incontro con il Rinnovamento dello Spirito e ai suoi frequenti apprezzamenti della Comunità di Sant’Egidio, vale la pena di confrontare il discorso più sopra ricordato con quello che Papa Francesco ha pronunciato il giorno prima incontrando la gente del Cammino Neocatecumenale (clicca qui). Dal confronto emerge con chiarezza che Papa Francesco non ha nei confronti di Comunione e Liberazione una particolare immediata simpatia. Non è un problema, ma non è nemmeno il caso di ignorare come stanno le cose. Agli albori dell’esperienza ecclesiale che oggi si chiama CL, un altro Papa, Paolo VI, era sulla medesima lunghezza d’onda, ma in seguito cambiò. E poi si sta con Pietro in ogni caso, ben al di là di contingenze del genere.