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SIRIA

"Ci resta solo Dio", fuga dei cristiani di Aleppo dalla morsa della guerra civile siriana

Georges Abou Khazen, vicario apostolico latino di Aleppo denuncia "una guerra assurda, dove nessuno è risparmiato, né chiese, né moschee, né ospedali". Il rapporto di Amnesty International conferma: ad Aleppo la morte è "ovunque". La seconda città siriana, travolta dalla guerra civile sin dal 2012, ha perso quasi del tutto la sua comunità cristiana e rischia di rimanere un campo di battaglia permanente.

Esteri 06_05_2015
Devastazione nelle vie di Aleppo

Se vivi nei quartieri controllati dal governo sulla testa ti piovono colpi di mortaio e razzi sempre più potenti sparati dai ribelli indiscriminatamente sulle aree abitate dai civili. Se invece vivi in un quartiere controllato da una delle diciotto milizie ribelli (appartenenti ogni sfumatura possibile della galassia jihadista), sulla testa ti piovono le «barrel bomb», i barili di combustibile riempiti di esplosivo e frammenti metallici, sganciati da aerei ed elicotteri dell’esercito siriano. 

È la fotografia di Aleppo contenuta nel nuovo rapporto di Amnesty International diffuso ieri. Morte ovunque: crimini di guerra e altre violazioni dei diritti umani ad Aleppo, il titolo eloquente del documento, che parla anche di tortura, arresti arbitrari e rapimenti, anche questi diffusi da una parte come dall’altra della barricata.

Lo denuncia oggi anche Amnesty International, ma è quanto da tempo raccontano le comunità cristiane di Aleppo, la città divenuta l’epicentro del dolore nella guerra in Siria, sempre più dimenticata dal mondo. Ad Aleppo - spaccata in due ormai dal 2012 - in queste ultime settimane i bombardamenti si sono fatti più serrati, dopo la conquista di Idlib da parte delle forze ribelli, con in prima fila i qaedisti di Jabat al Nusrah. Ma la nuova recrudescenza è figlia anche dell’arrivo di nuove armi più potenti, raccontano i cristiani di Aleppo. Quei pochi rimasti, in una comunità che già da più di due anni vede due suoi pastori – il vescovo greco-ortodosso Boulos Yazigi e il siro-ortodosso Youhanna Ibrahim – tenuti in ostaggio nelle mani dei jihadisti. Con le proprie chiese particolarmente sotto tiro in questa offensiva iniziata nei giorni in cui le Chiese d’Oriente celebravano la Pasqua: è di pochi giorni fa la notizia della distruzione della chiesa armena dei Quaranta Martiri, nel quartiere di Judayda, una chiesa risalente al XV secolo.

«La situazione è molto difficile, soprattutto per i civili, contro i quali stanno usando nuovi razzi e missili mai visti prima», ha denunciato ieri ad AsiaNews il vicario apostolico latino di Aleppo, il francescano Georges Abou Khazen. «È una guerra assurda dove nessuno è risparmiato, né chiese né moschee, né gli ospedali o le scuole che vengono usate come base per attacchi e sono poi oggetto di rappresaglia». Con un’aggiunta amara: «Sembra che l’uomo abbia perso la propria dignità - ha detto ancora mons. Abou Khazen - e molta gente ha abbandonato la città. Alcuni aspettano che finiscano le scuole e le università, per andarsene. Le grandi potenze continuano a fornire armi; noi abbiamo perso la fiducia, ma non abbiamo perso la speranza».

Le armi che continuano ad arrivare dalle grandi potenze. Parole che pesano come un macigno, in queste ore in cui il presidente francese François Hollande si trova come se niente fosse in Qatar e in Arabia Saudita per firmare nuovi contratti milionari per forniture belliche. E sono i rifornimenti di armi a far la differenza oggi ad Aleppo, la seconda città della Siria. Ieri dal Libano il leader di Hezbollah Hassan Nasrallah, ha rilanciato l’alleanza con Assad - «se cade lui, cade Hezbollah», ha detto; ma si è lasciato scappare anche una frase sibillina: «Assad non sarà in grado di riconquistare ogni lembo di terra ceduto ai ribelli». Una frase che sa ormai di rassegnazione aperta a una spartizione della Siria; con Aleppo stessa ormai in bilico.

La tregua evocata da mesi dall’inviato dell’Onu Staffan De Mistura, ad Aleppo non arriva perché la comunità internazionale non ha il coraggio di intervenire davvero; così agli ultimi cristiani rimasti non resta che la strada dell’esilio: «La stragrande maggioranza delle persone dei quartieri cristiani è ormai fuggita a Latakia e Tartous, a causa della distruzione immensa causata da questi missili. Ci resta solo Dio», raccontava qualche giorno fa in una testimonianza rilanciata dal sito Ora Pro Siria suor Marguerite Slim, dell'ospedale Saint-Loui, di Aleppo.  Latakia e Tartous - le bibliche Laodicea e Tarsis - sono le città sulla costa del Mediterraneo che restano più saldamente nelle mani del governo di Assad.

«In ospedale, riceviamo ammalati o feriti - racconta ancora suor Marguerite da Aleppo -. Ci sono anche alcuni membri del personale che dormono qui perché è diventato impossibile per loro, o troppo pericoloso,  tornare a casa. Sentiamo i combattimenti per tutto il giorno sulla città e la gente è spossata dai combattimenti. Aleppo è circondata da gruppi jihadisti, e i residenti hanno solo una parola in bocca: aiutateci, salvateci!».