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EDITORIALE

Ci dite per favore quali diritti sono negati?

Matrimonio no, ma sì al riconoscimento delle unioni omosex. Dopo vari vescovi e il quotidiano Avvenire, pure il portavoce della Sala Stampa Vaticana ripete la formula. Che è ideologica e non trova riscontro nella realtà. E fa il gioco dei nemici della Chiesa.

Editoriali 30_04_2013
Monsignor Vincenzo Paglia


Matrimonio no, ma sì al riconoscimento di alcuni diritti civili. Ormai questa formuletta – riferita alle unioni gay - è diventata un mantra ripetuto a ogni pié sospinto da ecclesiastici di ogni tipo. Alcuni giorni fa avevamo già evidenziato l’errore di fondo di questa posizione che ha tra i suoi sostenitori monsignor Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia, monsignor Piero Marini, delegato pontificio per i Congressi eucaristici, il quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana, Avvenire.

Ora al “partito” si è aggiunto anche il portavoce della Sala Stampa Vaticana, padre Federico Lombardi, che tre giorni fa, in un dialogo con la stampa estera, ha ripetuto che si deve «chiaramente evidenziare che il matrimonio tra un uomo e una donna è un’istituzione specifica e fondamentale nella storia dell’umanità. Ciò non toglie che si possano riconoscere in qualche modo altre forme di unione tra due persone».

Visto che non passerà molto tempo prima che il nostro Parlamento se ne occupi e non certo nella direzione che vorremmo noi, è bene allora uscire fuori dal generico e dall’astratto. Vale a dire che certi signori, pardon monsignori, oltre a ripetere il ritornello che ben sappiamo, dovrebbero spiegare cosa intendono concretamente. Cioè quali sarebbero questi diritti civili finora negati e che richiedono un intervento dello Stato addirittura “urgente”, come scriveva Avvenire? E per quale motivo, e in che modo, si dovrebbero riconoscere «altre forme di unione tra due persone»? 

Con una formula sintetica sempre Avvenire titolava efficacemente “sì ai diritti patrimoniali, no a quelli matrimoniali”. Ma l’ottimo articolo di Gianfranco Amato che presentiamo oggi in Primo Piano dimostra chiaramente che in effetti non c’è un solo diritto patrimoniale che non sia già riconosciuto a coppie conviventi. Quindi di quali diritti parlano Avvenire e monsignori vari, così importanti da necessitare un intervento legislativo? Cosa in concreto costituisce oggi una forma di discriminazione “patrimoniale” per chi convive e non può essere risolto con gli strumenti del diritto privato?

E’ una domanda che richiede una risposta precisa se davvero ci si vuole confrontare sulla realtà. Diteci esattamente quale diritto sarebbe oggi negato, che non sia tutelabile con i normali strumenti del diritto privato.

Temiamo però che dietro queste uscite ci sia nel migliore dei casi soltanto ignoranza della materia e desiderio di apparire moderni e dialoganti. Così da una parte si mantiene la rigidità della dottrina – coloro che occupano certe posizioni, del resto, non possono fare altro anche se per alcuni si capisce che vorrebbero - e dall’altra si dà l’impressione di venire a patti con il mondo, di essere aperti. Non rendendosi conto che questo, invece, è il modo migliore per farsi irridere dal mondo.

Ma questo è ancora il migliore dei casi, perché – come sappiamo – c’è invece una corrente teologica e pastorale che è apertamente connivente con l’ideologia omosessualista: nei seminari, nelle facoltà di teologia, nei corsi di aggiornamento per insegnanti di religione è ormai ricorrente ascoltare lezioni che spiegano l’equivalenza tra eterosessualità e omosessualità, e la necessità quindi di superare il Magistero della Chiesa (del resto, non lo ha scritto il cardinale Martini nel suo testamento spirituale che la Chiesa è indietro di 200 anni?). Una qualsiasi forma di intervento legislativo che riconosca le convivenze omosessuali sarebbe allora solo un paravento per legittimare uno stile di vita che, del resto, diversi ecclesiastici condividono.

A parziale scusante di alcuni prelati, c’è il fatto che sull’argomento vengono continuamente provocati dai giornalisti, pronti a estorcere una qualsiasi apertura che poi possa regalare un bel titolo, e allora non si trova niente di meglio che dire qualcosa che salvi capra e cavoli. Visto che però questo assalto dei giornalisti non è più una sorpresa, coloro che sono bene intenzionati potrebbero tranquillamente cogliere l’occasione per dire la verità. E cioè che non solo non c’è alcuna discriminazione per le coppie omosessuali, ma ad essere discriminata è la famiglia naturale, dal punto di vista culturale e dal punto di vista economico; che più si hanno figli e più si è penalizzati; che non si fa nulla per sostenere la cellula fondamentale della società; che è qui che si dovrebbe intervenire d’urgenza con delle leggi, altro che le coppie conviventi.

Insomma, dite qualcosa di cattolico.