Christian Rights Watch. Ecco un primo esempio
Rapporto sui Paesi più a rischio.
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Se non muoiono, i cristiani perseguitati non fanno notizia e succede che persino la loro morte passi inosservata. In Nigeria la violenza religiosa è continuata nei giorni successivi alle stragi di Natale che nelle città di Jos e di Maiduguri hanno causato più di 80 vittime. Il 3 gennaio, sempre a Maiduguri, capitale dello Stato settentrionale di Borno a maggioranza islamica, una chiesa pentecostale è stata incendiata mentre per fortuna nessuno si trovava al suo interno. Poi, all’alba dell’11 gennaio, i cristiani del villaggio di Wareng vicino a Jos, capitale dello stato di Plateau, sono stati attaccati da un gruppo di giovani islamici che hanno ucciso 13 persone, forse per vendicare la scomparsa di otto musulmani aggrediti il 7 gennaio nei pressi di un insediamento abitato da cristiani mentre tornavano da una festa di nozze.
Minaccia di diventare ancora più difficile che in Nigeria la situazione dei cristiani in Somalia, perseguitati dalla maggioranza islamica sempre più influenzata dall’ideologia integralista che ormai li costringe a praticare la fede in segreto. Nel 2010 sei cristiani hanno trovato la morte per mano di militanti al Shabaab, il movimento islamico antigovernativo che controlla molte città ed estese porzioni del territorio somalo e che dichiara di voler cancellare il cristianesimo dalla Somalia. Gli al Shabaab il mese scorso hanno scoperto una biblioteca cristiana, l’hanno distrutta e hanno bruciato tutti i libri e gli audiovisivi che vi erano custoditi. Dall’Africa all’Asia, lo scenario non migliora. In Indonesia, i cristiani cattolici del distretto di Bogor, West Java, non hanno potuto celebrare il Natale perché le autorità hanno vietato loro qualsiasi attività o cerimonia pubblica sostenendo che non disponevano di un luogo di culto essendo mancate le necessarie autorizzazioni per costruire una chiesa, il che peraltro si deve alle pressioni di gruppi islamici estremisti. La legge proibisce di pregare in pubblico e tale si intende anche un locale eventualmente affittato per l’occasione.
In Laos invece 11 cristiani sono stati arrestati il 4 gennaio con l’accusa di aver organizzato un incontro segreto. L’agenzia di stampa AsiaNews, che ha riportato la notizia il 12 gennaio, spiega che in realtà i fedeli, dopo aver ottenuto i necessari permessi dalle autorità, si erano riuniti in una casa per una veglia di preghiera per celebrare la nascita di Gesù. Nella provincia laotiana di Khammouan si sono già verificate violazioni della libertà religiosa in passato. Lo scorso maggio altri fedeli erano stati incarcerati e le famiglie che frequentavano la loro casa di devozione sono state accusate di collusione con il nemico (gli USA) e sottoposte per giorni a un programma di rieducazione.
Hanno trascorso il Natale in carcere anche i nove cristiani di Hamadan, Iran, reclusi ormai da quattro mesi per attività di evangelizzazione. I servizi di sicurezza iraniani che li definiscono “sionisti cristiani” li accusano di far parte di un gruppo che mira a distruggere la Repubblica islamica. Altri iraniani convertiti al cristianesimo sono stati fermati nelle scorse settimane con la medesima accusa a Hamadan, Karaj e a Teheran. Una parte di essi è stata rilasciata dopo aver giurato di interrompere ogni attività di proselitismo.
Con l’accusa di proselitismo e di istigazione all’odio religioso deve fare i conti in questi giorni pure Isaac Samuel, un pastore protestante di Davanagere, Karnataka, India, che il 2 gennaio è stato aggredito e ferito da un gruppo di estremisti indù. Nel Karnataka e negli altri Stati indiani in cui le aggressioni i cristiani sono frequenti, spesso gli autori restano impuniti per la collusione della polizia. Per questo Samuel si è appellato al governo chiedendo protezione per sé, per la propria famiglia e per tutti gli altri ministri di culto cristiani regolarmente attaccati dagli estremisti indù.
Per finire, brutte notizie arrivano dall’Armenia e dall’Azerbaigian dove delle nuove norme limitano la libertà di religione. In Armenia il governo affiderà a una commissione di esperti statali il compito di decidere se autorizzare o meno la registrazione delle organizzazioni religiose. Quelle ammesse dovranno presentare ogni anno un rapporto dettagliato delle loro attività. Le nuove leggi proibiscono ogni forma di culto non autorizzata, pongono rigide restrizioni al proselitismo e vietano tra l’altro di pregare in asili, scuole e altri luoghi di insegnamento. In Azerbaigian la legge varata il 29 dicembre ha aumentato di 16-20 volte le pene pecuniarie per chi svolge senza autorizzazione attività religiose quali guidare un gruppo di preghiera, pregare in compagnia, importare e diffondere testi e documenti religiosi non approvati dalla censura statale e insegnare il catechismo ai bambini. L’entità delle sanzioni è tale che una famiglia condannata può di perdere ogni bene, inclusa la casa.
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