Chiesa tedesca in guerra: a breve il report sugli abusi
Continua la lotta che vede i cardinali progressisti accusare di coperture di casi di pedofilia il cardinale Rainer Maria Woelki, da sempre fedele alla dottrina della Chiesa. A difenderlo non è solo il cardinale Müller ma anche Roma, che ha già indagato trovandolo innocente. Il 18 marzo verrà divulgato il fascicolo sui fatti.
La chiesa tedesca continua ad essere una polveriera. Mancano poche settimane al 18 marzo, la data fissata per la divulgazione del secondo report sugli abusi commissionato dall'Arcidiocesi di Colonia dopo lo stop al rapporto realizzato dallo studio Westpfahl Spilker Wastl.
Nelle scorse ora è filtrata qualche informazione relativa al lavoro di prossima pubblicazione: Björn Gercke, il penalista a cui è stato affidato l'incarico, ha rivelato ad un quotidiano locale di aver accertato violazioni da parte di "funzionari ancora in vita" della Chiesa cattolica che "non sempre sono riusciti a dissipare le accuse". Non è detto, però, che il 18 marzo si sapranno i nomi dei prelati viventi che in passato avrebbero omesso di denunciare casi di abusi a loro segnalati.
Quel che è certo è che nel tritacarne mediatico è finito soprattutto il cardinale Rainer Maria Woelki (nella foto a destra) per aver impedito la pubblicazione dell'inchiesta realizzata da Westpfahl Spilker Wastl. Opinione pubblica ostile e nemici interni si sono scagliati contro il porporato addebitandogli poca trasparenza nella gestione della vicenda ed hanno cavalcato un'indiscrezione pubblicata dal "Kölner Stadt-Anzeiger” per accusarlo di aver coperto il caso di una presunta violenza commessa negli anni '70 da un sacerdote di Düsseldorf.
Ma il fascicolo che era stato aperto dalla Congregazione per la dottrina della fede - su richiesta arrivata dallo stesso Woelki - è stato chiuso in breve tempo, dopo che Roma ha accertato la corretta condotta dell'arcivescovo. Questo non è bastato, però, a risparmiare il cardinale dal fuoco amico dell'episcopato tedesco aperto proprio dal presidente Georg Bätzing. Il capo della Conferenza episcopale tedesca, già in passato critico con il suo confratello, ha rincarato la dose nei giorni scorsi definendo "un disastro" la gestione di Woelki nella vicenda del report, affermando di avergli chiesto di rendere pubblico anche il primo rapporto fino ad oggi tenuto nel cassetto per "carenze tecniche". Anche l'altro uomo forte dell'episcopato tedesco, il cardinal Reinhard Marx (nella foto a sinistra), ha rimproverato pubblicamente l'arcivescovo di Colonia, utilizzando l'aggettivo "devastante" per descrivere il suo comportamento.
Queste dure stoccate non hanno messo al riparo gli ultimi due presidenti della Conferenza episcopale dalle polemiche di chi preferisce prendersela con la Chiesa cattolica in generale, senza fare troppe distinzioni. Il criminologo Christian Pfeiffer, ad esempio, ha detto che Marx è "il principale colpevole del fatto che dieci anni dopo la scoperta della questione degli abusi non abbiamo ancora trasparenza", mentre il canonista Thomas Schüller ha accusato Bätzing di poco coraggio.
Intanto tra la Westpfahl Spilker Wastl e l'arcidiocesi di Colonia continuano a volare stracci con Woelki che ha lamentato la parzialità dell'indagine condotta dallo studio legale. Il team di avvocati di Monaco, che ha già pubblicato un report per la diocesi di Aquisgrana e che sta realizzando un lavoro analogo anche per quelle di Monaco e Frisinga, ha respinto le critiche sostenendo di aver provveduto ad una selezione di 15 casi per presentarli, sotto forma di anonimato, come esempi ma rivendicando di aver affrontato tutti i dossier in loro possesso. Il cardinale, dal canto suo, ha lodato invece le modalità con cui Björn Gercke sta portando avanti l'indagine commissionatagli. Dalle recenti parole dell'esperto penalista, inoltre, sembra emergere come non ci siano stati trattamenti di favore nell'inchiesta: le eventuali responsabilità di prelati ancora in vita sospettati di omissione non sono state tralasciate.
Al fianco di un Woelki sempre più isolato nell'episcopato tedesco è arrivato, nel frattempo, il sostegno del Prefetto emerito della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Ludwig Müller, che ha detto di aver trovato "scioccante che un processo procedurale formale venga strumentalizzato per perseguire politiche di potere ideologico". L'ex titolare della diocesi di Ratisbona ha ricordato che "un vescovo non è un attore politico", probabilmente un promemoria per quei confratelli che si sono uniti nel tiro al piccione mediatico contro Woelki anche in antipatia alle sue posizioni contrarie alle spinte centrifughe dei vertici della Chiesa tedesca.