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EDUCAZIONE SESSUALE

Chieri, il Comune che sfida l'OMS

Cosa c'entra un piccolo comune come Chieri, in provincia di Torino, con l'Organizzazione Mondiale della Sanità? Il Consiglio Comunale ha bocciato le linee guida dell'Oms sull'educazione sessuale per i bambini.

Vita e bioetica 29_03_2014
OMS

Cosa c’entra una piccola cittadina come Chieri con l’Organizzazione Mondiale della Sanità? C’entra assai perché la sera del 27 marzo scorso il Consiglio comunale di Chieri ha approvato un ordine del giorno (odg) in cui viene messo al bando il famigerato documento dell’OMS-Sezione Europa denominato “Standards for Sexuality Education in Europe”, messo sotto la lente di ingrandimento più volte dalla Nuova Bussola (ad esempio si legga l’articolo “L'Oms gioca al dottore con i bebé”). In queste linee guide per politici, amministratori locali e insegnanti, si legge che gli infanti hanno il “diritto di indagare la propria nudità e il proprio corpo, un diritto di essere curiosi, il diritto di scoprire la sua identità di genere” e dovranno essere coinvolti al “gioco del dottore”. Inoltre bisognerà “informare [il bambino] sul piacere e sul godimento che si sperimenta quando si accarezza il proprio corpo e sulla masturbazione precoce infantile”. Per i bambini dai 4 ai 6 anni occorrerà mettere a tema i loro “problemi sessuali”, per quelli dai 9 ai 12 è necessario stimolarli “a decidere in modo responsabile se avere o non avere esperienze sessuali”. La contraccezione sarà argomento spendibile già per i bambini dai 6 anni in su e di gravidanze indesiderate si potrà parlare agli scolari di nove anni e più.

Di fronte a questa vera e propria dichiarazione di guerra il consigliere comunale Roberto Castella del Gruppo misto di maggioranza ha proposto un ordine del giorno che, al netto di 5 astensioni, ha ottenuto 16 voti favorevoli e 8 contrari (sette del PD ed uno di Lista Civica). Il testo dell’odg approvato “auspica che a Chieri i dirigenti scolastici ed i collegi dei docenti […] disattendano completamente i contenuti del documento dell’OMS oggetto dell’ODG, e non ne tengano conto nella preparazione e nella formazione dei docenti sulla cosiddetta ‘Educazione all’affettività’; impegna l’assessore all’istruzione della città di Chieri a vigilare affinché tutti i genitori di bambini che frequentano scuole materne, primarie e secondarie di primo grado siano messi al corrente attraverso ogni mezzo dei contenuti del documento emanato dall’OMS e della loro intrinseca pericolosità; invita il Sindaco […] ad intraprendere ogni percorso politico-istituzionale volto a bloccare il propagarsi dei suoi contenuti e a farsi promotore presso i Comuni del Chierese e presso l’ANCI [Associazione Nazionale Comuni Italiani] di tutte le iniziative utili ad impedirne la diffusione con una  un’eventuale deriva ideologica quando non pedofila che potrebbe scaturire da possibili interpretazioni, quando non dall’applicazione letterale del documento dell’ OMS oggetto dell’ODG; invita il Sindaco e l’Amministrazione Comunale a richiedere presso l’OMS il ritiro del documento “Standards for Sexuality Education in Europe” ’.

Tale odg sarà inviato non solo alla Provincia e alla Regione, ma anche al Parlamento, al Governo italiano, nonché alla Commissione europea, alla Presidenza del Parlamento Europeo e per conoscenza a tutti gli euro-parlamentari. Insomma almeno in quel di Chieri, il gigante Golia è stato sconfitto dal piccolo David.

Come il consigliere Castella ha raccontato alla Nuova Bussola, lo scontro in consiglio comunale si è incardinato essenzialmente su due fronti. Il primo riguardava il fatto che sarebbe la scuola soggetto competente all’educazione sessuale. Castella, ripetendoci nella sostanza quanto ha avuto modo di spiegare nella seduta dell’altro giorno, ha risposto che “è la famiglia il primo soggetto competente ad educare i figli. A maggior ragione se l’argomento da affrontare è la sessualità umana, aspetto così intimo e omnicomprensivo della persona - la sessualità non deve scadere nella mera genitalità - che necessariamente deve essere trattato con quella attenzione, discrezione e delicatezza che può venire solo da mamma e papà o da persone di loro fiducia assai preparate. Tale discrezione e confidenza non si può trovare in aula scolastica”. In risposta poi ad un insegnate di religione, militante tra le fila del PD, il quale insisteva sul fatto che spetta alla scuola e non alla famiglia istruire i ragazzi, Castella ha ribattuto che “l’istruzione su alcune specifiche materie può essere sì delegata dalla famiglie alla scuola, ma la competenza sull’educazione rimane sempre in capo ai genitori”.

Il secondo corno della disputa concerneva invece l’efficacia dell’educazione sessuale impartita a scuola alle nuove generazioni: senza questa si aprono le porte a stupri, violenze, atti discriminatori a danno delle persone omosessuali, femminicidi e intolleranza. Castella ha solo rammentato un dato: “I Paesi nord europei sono quelli dove da più tempo è avvenuta una cosiddetta emancipazione sessuale. Sono i Paesi nei quali da maggior tempo si insegna l’educazione sessuale nelle scuole. Eppure in queste nazioni si è arrivati alla banalizzazione del sesso, alla mercificazione della persona – pensiamo alla legalizzazione della prostituzione - ed alla concezione che tutto quello che sessualmente procura piacere è giusto. Il risultato è che ad esempio la Svezia, dove l’educazione sessuale è presente nei programmi scolastici da ben 50 anni, è il Paese dove avvengono il maggior numero di stupri in proporzione alla popolazione: il maggior numero di stupri in cui vittima e carnefice sono minorenni e il maggior numero di stupri di gruppo fra minorenni. Ed il numero di cosiddetti ‘femminicidi’ è sei volte superiore a quello della comunque triste media europea. L’Italia è ben al di sotto”.

L’esempio di Chieri e di Vercelli – dove non molto tempo fa si è registrata una vittoria simile - può e deve essere seguito da altri coraggiosi consiglieri comunali e da altre amministrazioni locali.