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TODI

Cattolici in politica tra Bagnasco e il "CorSera"

Per alcuni i princìpi non negoziabili sono il cuore dell'impegno per il bene comune, per altri l'ostacolo al dialogo.
- Purificazione dell'aria, di A. Tornielli

Editoriali 18_10_2011
bagnasco
Sarebbe davvero un peccato se il tanto atteso incontro di Todi, organizzato dal Forum delle persone e delle associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, si risolvesse soltanto nella richiesta di un governo di unità nazionale. Perché in effetti questo è il titolo di tutti i giornali e tg, questo è – inevitabilmente – il messaggio unico che arriva da Todi, perché tale auspicio è stato espresso nella conferenza stampa finale dal segretario della Cisl Bonanni, dopo una giornata di lavori a porte chiuse.

In effetti dietro quelle porte sembra che ci sia stato un momento importante di confronto tra le diverse associazioni cattoliche impegnate nel sociale, che potrà dare più importanti frutti in futuro. Associazioni che hanno diverse sensibilità ma che cercano di trovare un punto d’unità su alcuni temi importanti per il futuro della società.

Resta però il fatto di una unità che – agli occhi del mondo – si esprime nella richiesta di un governo che metta insieme l’attuale maggioranza e opposizione, o larga parte di esse. Richiesta peraltro opinabilissima, tanto che da queste colonne ci siamo più volte espressi contro questa eventualità, senza per questo mettere in discussione – anzi, invocandola - l’unità dei cattolici su ciò che conta. Non è infatti sulle formule di governo che ai cattolici viene chiesta l’unità, e il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, lo aveva chiarito perfettamente nel discorso introduttivo tenuto al mattino. Bagnasco ha infatti detto che la vera posta in gioco sta in “una specie di metamorfosi antropologica”.

“Sono in gioco, infatti – ha detto Bagnasco - le sorgenti stesse dell’uomo: l’inizio e la fine della vita umana, il suo grembo naturale che è l’uomo e la donna nel matrimonio, la libertà religiosa ed educativa che è condizione indispensabile per porsi davanti al tempo e al destino. Proprio perché sono ’sorgenti’ dell’uomo, questi principi sono chiamati ‘non negoziabili’. Quando una società s’incammina verso la negazione della vita, infatti, ‘finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi a servizio del vero bene dell’uomo. Se si perde la sensibilità personale e sociale verso l’accoglienza di una nuova vita, anche altre forme di accoglienza utili alla vita sociale si inaridiscono’ (Benedetto XVI, Caritas in Veritate, n. 28). Senza un reale rispetto di questi valori primi, che costituiscono l’etica della vita, è illusorio pensare ad un’etica sociale che vorrebbe promuovere l’uomo ma in realtà lo abbandona nei momenti di maggiore fragilità. Ogni altro valore necessario al bene della persona e della società, infatti, germoglia e prende linfa dai primi, mentre staccati dall’accoglienza in radice della vita, potremmo dire della ‘vita nuda’, i valori sociali inaridiscono. Ecco perché nel ‘corpus’ del bene comune non vi è un groviglio di equivalenze valoriali da scegliere a piacimento, ma esiste un ordine e una gerarchia costitutiva”.

Dunque, i cosiddetti valori non negoziabili sono le “sorgenti” dell’uomo, da cui nasce anche l’impegno per il bene comune. L’impegno dei cattolici in politica non può prescindere da questo punto, non può darlo per scontato. Probabilmente Bagnasco ha sorpreso qualcuno degli organizzatori con il suo intervento; più voci nelle giornate precedenti  all’incontro di Todi avevano dato per acquisito il fatto che il più ampio impegno per il bene comune, invocato più volte anche dal presidente dei vescovi, avrebbe finalmente messo tra parentesi la scomoda faccenda dei valori non negoziabili, per concentrarsi sui temi della giustizia sociale.  Anche il “congelamento” del Forum delle Associazioni familiari da parte della Cei, avvenuto negli ultimi mesi a vantaggio del nuovo Forum organizzatore dell’incontro di Todi, sembrava andare in questo senso.

Ma Bagnasco a Todi ha cambiato registro, spiazzando un po’ tutti e soprattutto ”mettendo al tappeto il Corriere della Sera”, come ha brillantemente titolato il vaticanista Sandro Magister nel suo blog. Il “partito del Corriere” infatti è quello che nelle ultime settimane più si è interessato del futuro dei cattolici in politica, rivaleggiando addirittura con Avvenire sul suo terreno. Il Corriere ha una sua idea precisa del ruolo dei cattolici in politica e lo ha chiarito in modo molto esplicito il direttore Ferruccio De Bortoli nell’editoriale pubblicato ieri, proprio nel giorno dell’appuntamento di Todi.

Esclusa apriori l’opzione di un nuovo partito cristiano, “il Paese ha bisogno dei cattolici” per costruire quell’atmosfera di unità nazionale che al partito del Corriere sta tanto a cuore. E come farlo? Riscoprendo nel dialogo con liberali e riformisti “un tratto più marcatamente conciliare dopo l’era combattiva e di palazzo di Ruini. Una missione sociale, in questi anni, poco valorizzata, mentre si è insistito tanto sulla difesa dei valori cosiddetti non negoziabili, dal diritto alla vita alle questioni bioetiche, al punto di estendere l’incomunicabilità con le posizioni laiche all’insieme delle questioni civili ed economiche”.

Insomma, il modo in cui i cattolici possono “servire” – dice De Bortoli - è se mettono da parte l’impegno su vita, famiglia e libertà di educazione. L’esatto opposto di quanto affermato da Bagnasco.

Quale strada prenderà il Forum non è così scontato come potrebbe sembrare a prima vista. Non c’è dubbio che in linea di principio le associazioni del Forum siano più attente al presidente della Cei che non al Corriere, ma non si può ignorare che gli organizzatori hanno voluto a Todi – che ricordiamo era un convegno a porte chiuse - un’ampia rappresentanza del "partito del Corriere": il direttore Ferruccio De Bortoli, gli editorialisti Ernesto Galli della Loggia e Dario Antiseri, l’amministratore delegato di Banca Intesa Corrado Passera, hanno tutti avuto un ruolo di primo piano nel dibattito. Si tratta di una scelta che fa legittimamente sorgere diversi interrogativi.

Così come qualche perplessità è sorta per la presenza del cardinale Bagnasco che, al di là dei contenuti impeccabili della sua prolusione e al di là delle proprie intenzioni, rischia di impegnare la Chiesa italiana nell’indicazione di opzioni politiche che non sono esattamente il suo compito.

Proprio da queste colonne, venerdì scorso monsignor Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, ricordava che la sfida urgente per la Chiesa è quella educativa, necessariamente di lungo periodo. “Non possiamo disperderci su altre sfide pretendendo che noi siamo sfidati nel campo delle indicazioni alla soluzione dei problemi concreti sociali e politici, o che siamo sfidati nella individuazione di strategie a breve o lungo termine per la soluzione dei problemi socio-politici. Noi siamo sfidati sull’essenza della nostra identità, della nostra missione”. E quanto al campo socio-politico diceva: “Il compito è formare un popolo di laici che si assumano poi la responsabilità dei giudizi e delle azioni conseguenti; si deve fuggire la tentazione di creare un popolo o uno pseudo popolo di credenti che poi accetti di essere telecomandato dall’ecclesiasticità nei punti di maggiore responsabilità. Non dobbiamo in nessun modo sostituirci ai laici nell’impresa totalmente loro di portare dentro una società come la nostra il loro contributo originale di intelligenza, di passione, di educazione, di capacità costruttiva”.

Ci sembra questo un richiamo alla chiarezza dei ruoli e della propria identità che è oggi più che mai necessario. Non possiamo ora prevedere cosa succederà nei prossimi mesi e cosa nascerà nell’era post-Berlusconi che tutti stanno preparando. Il Forum delle associazioni del mondo del lavoro fa bene a proporre idee, esigenze e progetti su cui sfidare il mondo politico, ma ai pastori della Chiesa è chiesto anzitutto di dare impulso a quella grande opera rievangelizzatrice cui il papa ha richiamato in questi giorni e che è l’unica vera risposta a quella crisi culturale che stiamo vivendo.