Cattolici in politica: quando il rimedio è peggiore del male
Irrilevanti come cattolici anche quando presenti come politici. A sanare questa irrilevanza non sarà chi l'ha causata.
Altri hanno egregiamente commentato il recente intervento di monsignor Antonio Di Donna, vescovo di Acerra e presidente della Conferenza episcopale campana, a proposito della irrilevanza dei cattolici in politica che egli considera un “vuoto tragico”. Mi permetto anch’io di riprendere il discorso per segnalare una sorprendente contraddizione.
Egli manifesta la speranza che nascano nuovi cattolici in politica che si ispirino al pensiero di Dossetti, che studino la Dottrina sociale della Chiesa da Giovanni XXIII a Francesco, che ritrovino alimento nel personalismo di Maritain e Mounier. L’inverno sarà ancora lungo, dice il vescovo, perché il “modello berlusconiano” ha “affossato la visione cristiana della vita”, e fintanto che esso durerà i cattolici continueranno a farsi del male a vicenda. “Ma non tutto è perduto … perché al pessimismo della ragione fa riscontro la speranza cristiana” e Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro potranno ancora essere un punto di riferimento. Certo, il “cattolicesimo democratico – continua – non potrà essere ripetuto”, ma c’è ancora molto spazio per cattolici “santi” in politica.
Lasciando perdere qui alcuni accostamenti problematici, lasciando anche perdere la evidente “fede” cattolico-democratica del vescovo che, come tutte le fedi profane, indebolisce la vista, lasciando infine perdere giudizi storici non ben ponderati … mi limito ad una sola osservazione. Il filone di pensiero Maritain-Mounier-Dossetti-Moro, in altre parole il “cattolicesimo democratico”, qui ampiamente inteso, è il responsabile principale del “tragico vuoto” dei cattolici in politica. Oltre che la loro prassi, lo dice il loro pensiero politico. Per Maritain o Dossetti (su costui mi permetto di rimandare ad una mia ricostruzione in tre puntate del suo pensiero politico disponibile on line QUI, QUI e QUI, mentre su Maritain rinvio ad un testo sul personalismo cattolico) i cattolici che operano in politica devono mettere da parte la propria fede religiosa e assumere solo una “fede democratica”, assolutamente laica. Devono diventare invisibili. Maritain lo scriveva in Cristianesimo e democrazia ma i principi li aveva già anticipati addirittura nel 1936 con Umanesimo integrale, e Dossetti ridusse la partecipazione dei cattolici democratici alla difesa della Costituzione.
La prova formidabile del “vuoto tragico” verificatosi è che i cattolici democratici sono stati assenti dalla politica come cattolici anche quando erano presenti come politici. Quando hanno votato tutte le peggiori leggi italiane, anche quelle apertamente incostituzionali oltre che contrarie alla legge naturale. L’irrilevanza non consiste solo nel non accedere alla politica, ma soprattutto nel non dire e fare niente di cattolico quando si è in politica, per esempio quando si è in parlamento, al governo o alla corte costituzionale. I cattolici democratici in politica c’erano, però è come se non ci fossero mai stati, avendo essi teorizzato questa loro invisibilità.
È strano che ora a questi “invisibili” si assegni il compito di ridare luce alla politica cattolica.
P.S. La Dottrina sociale della Chiesa non inizia con Giovanni XXIII.