Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LO SCANDALO

Caso Rupnik, silenzio intollerabile. Subito un'indagine

Silenzio della Santa Sede, silenzio del Centro Aletti, silenzio dei vertici della Compagnia di Gesù: è una chiara strategia per far passare la bufera e poi risolverla alla chetichella. Ma lo scandalo è troppo grosso e le persone che si sono rivelate complici di questa situazione sono così tante, che è necessaria un'immediata Visita Apostolica che metta in luce la responsabilità di tutti e ciascuno gli attori in causa. I rilievi del famoso canonista padre Gerald Murray e le nuove rivelazioni di un'altra ex suora.

Ecclesia 31_12_2022
Padre Rupnik

Ancora silenzio sulla vicenda Rupnik da parte di chi dovrebbe spiegare molte cose. Non per desiderio di vendetta, ma per amore di quella giustizia che è superata, non adulterata, dalla misericordia. Silenzio dal Centro Aletti, che anzi continua ad avere in prima pagina le omelie di padre Marko Rupnik. Silenzio da parte della Santa Sede, che pare voler lasciar decantare la bufera, per poi risolverla alla chetichella. Silenzio anche da parte dei vertici della Compagnia di Gesù, i quali hanno sì dichiarato qualcosa in più, ma omettono di dare spiegazioni su alcuni punti fondamentali della vicenda, dettagli che metterebbero assai probabilmente in luce responsabilità molto in alto.

Nella sua recente intervista a Diane Montagne, il famoso canonista statunitense padre Gerald Murray ha infatti portato all’attenzione alcune criticità emerse dalla ricostruzione cronologica offerta dai Gesuiti, ad oggi, l’unica ufficiale. P. Murray ha rilevato anzitutto che la dichiarazione della scomunica da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF), per l’assoluzione del complice in peccato de sexto, dimostra che Rupnik non abbia receduto dalla contumacia. Se lo avesse fatto, «non sarebbe stata necessaria alcuna dichiarazione della pena di scomunica, in quanto egli era pentito, e la pena sarebbe stata rimessa in conformità al canone 1358». La revoca quasi immediata della scomunica, lascia aperte domande su come Rupnik «abbia receduto dalla contumacia» e «quale riparazione ha promesso di fare per lo scandalo e il danno che ha causato»; e ancora su chi ha effettivamente rimesso tale scomunica.

Altro punto dolente è la decisione della CDF di non derogare alla caduta in prescrizione dei reati canonici di Rupnik, commessi all’inizio degli anni Novanta, soprattutto alla luce del fatto che «la CDF era a conoscenza della sua precedente condanna canonica. La causa della giustizia sarebbe stata servita perseguendo nel 2021 queste gravi accuse che, data la fedina penale canonica di p. Rupnik, godevano di un'alta presunzione di veridicità. Un processo canonico avrebbe anche forse incoraggiato altre persone che potrebbero essere state oggetto delle depredazioni di p. Rupnik a farsi avanti». La CDF non solo aveva la facoltà di derogare alla prescrizione, ma ha tutt’ora quella di «riavviare il processo intentato dalle suore slovene contro p. Rupnik. Considerando ciò che sappiamo ora della sua turpitudine morale, ciò dovrebbe avvenire immediatamente», incalza p. Murray.

Un aspetto non chiaro riguarda anche i mesi intercorsi tra l’accertamento della veridicità dell’accusa imputata a Rupnik di assoluzione del complice e la dichiarazione della scomunica latae sententiae da parte della CDF. «Quale possibile interesse della giustizia è stato servito da questo ritardo? [Rupnik] È stato riconosciuto colpevole del doppio crimine canonico di aver avuto rapporti sessuali con una religiosa e di averle dato l'assoluzione; eppure è stato lasciato libero per tutto questo tempo di commettere gli stessi crimini.

La decisione dei giudici è stata certamente comunicata ai vertici della CDF a gennaio, eppure p. Rupnik è stato invitato a predicare una riflessione spirituale ai membri della Curia romana a marzo. Il Cardinale Ladaria era presente? Ha trascurato di informare Papa Francesco della decisione unanime dei giudici non appena ne è venuto a conoscenza a gennaio? Ha discusso di questo deplorevole invito con qualcuno, prima o dopo lo svolgimento dell'evento?».

Altro inspiegabile ritardo è quello che concorre tra la decisione dei vertici dei Gesuiti di creare una commissione d’indagine indipendente nel luglio 2021, conclusa nel gennaio di quest’anno, e la decisione della CDF di lasciar cadere il caso in prescrizione; un ritardo di circa dieci mesi. «Perché questo lungo ritardo?» si domanda p. Murray. «Data la punizione di p. Rupnik da parte della CDF un anno e mezzo prima, in che modo la giustizia è stata servita da un procedimento così dilatorio e da una decisione di non procedere dovuta a un cavillo legale che avrebbe potuto essere facilmente annullato?».

Ma mentre chi dovrebbe parlare tace, altre rivelazioni continuano ad emergere. Come quella, importantissima, della ex-suora, “Ester”, che ha ricoperto il delicato ruolo di ex-segretaria della  superiora generale della Comunità Loyola, sr. Ivanka Hosta. Nella sua intervista a Domani, emergono le strategie di manipolazione e isolamento di p. Rupnik e la chiara fragilità e inadeguatezza della superiora della Comunità: «Rupnik ci diceva che Ivanka aveva il carisma ma non lo sapeva trasmettere: solo lui poteva interpretare questo suo dono e trasmetterlo a noi sorelle. In questo modo costruiva un muro tra Ivanka e le altre suore della comunità, che non riuscivano a confidarsi con lei. Padre Rupnik le ha legate a sé e non ha permesso una relazione sincera tra Ivanka e le altre sorelle».
Poi, le prime denunce alla madre generale nel 1993, tra cui quella di “Anna” e dell’altra sorella che aveva partecipato al rapporto a tre (vedi qui); «da quel momento molte altre sono venute da me a dirmi che erano state abusate da Rupnik e io dicevo loro di rivolgersi a Ivanka, perché era la superiora. Erano anni che le vedevo piangere, già dal 1985, ma solo in quel momento ho capito il motivo, per me prima inimmaginabile».

“Ester” rivela un elemento sul trasferimento di Rupnik a Roma, fino ad oggi ritenuto solo probabile: «Rupnik è stato allontanato dalla comunità dall’arcivescovo di Lubiana Alojzij Šuštar. Ricordo che io stessa ho avuto l’incarico di portare tutti i suoi quadri al Centro Aletti a Roma. Era furioso». Le suore del Consiglio sapevano della vera ragione dell’allontanamento di Rupnik, «così come lo sapeva il vescovo Šuštar e padre Lojze Bratina, all’epoca provinciale sloveno dei gesuiti. A padre Bratina avevo raccontato tutto io stessa ma lui mi aveva risposto che non ci credeva». Dichiarazioni che pesano come un macigno sui Superiori di Rupnik, i quali, sapendo delle gravi accuse, hanno pensato bene di lasciare che il sacerdote sloveno, nella sua nuova sede, facesse la carriera che ha fatto.

Poi l’ansia della superiora di controllare ogni minimo pensiero delle suore, per la paura che qualcosa potesse emergere, e l’inevitabile disgregazione della Comunità, con 19 suore che hanno lasciato l’istituto e le altre con gravi problemi di salute fisica e psichica. Nel 1998 “Ester” decide di raccontare nuovamente tutto quello che sapeva «stavolta al delegato per le case internazionali a Roma padre Francisco J. Egaña, ma ancora una volta non è successo niente». Ancora altri nomi di persone al corrente dei fatti, «dal vescovo di Lubiana [dell’epoca, n.d.r] al provinciale dei gesuiti fino al fondatore del Centro Aletti, il teologo Tomáš Špidlík», fino all’attuale vescovo di Lubiana, «Stanislav Zore, al provinciale sloveno padre Miran Žvanut e a padre Milan Žust, superiore della residenza della Santissima Trinità al Centro Aletti di Roma, che è anche il superiore di padre Rupnik», ai quali “Ester” ed “Anna” avevano spedito via pec delle lettere nelle quali riferivano tutto.

Una trafila di nomi che hanno ignorato e coperto le nefandezze che ora si rincorrono su giornali e siti e che corroborano la conclusione di p. Gerald Murray: «Lo scandalo Rupnik rivela che, nonostante le assicurazioni di trasparenza e responsabilità da parte delle autorità ecclesiastiche, la pratica di nascondere i casi di grave cattiva condotta sessuale da parte dei sacerdoti continua. P. Rupnik dovrebbe essere processato e, se riconosciuto colpevole di abusi sessuali nei confronti delle religiose in Slovenia, dovrebbe essere rimosso dal sacerdozio». Vero. Ma non solo Rupnik. È necessaria una Visita Apostolica che metta in luce la responsabilità di tutti e ciascuno gli attori in causa. Al più presto.