Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
LA LETTERA

Caso Formigoni, ristabilire verità e giustizia

A pochi giorni dalla concessione degli arresti domiciliari è bene tornare sul caso Formigoni perché un processo e una sentenza ingiusta hanno messo in ombra il significato di 18 anni di "Governatorato", periodo in cui la Lombardia è diventata una regione-modello.

Politica 12_08_2019
Roberto Formigoni

Caro direttore,

a carte semiferme, a pochi giorni dalla concessione degli arresti domiciliari, vorrei comunicarti alcune considerazioni circa la vicenda di Formigoni, che potremmo meglio definire come “caso Formigoni”, sia per ribadire alcuni giudizi (che vedo confermati dai fatti) sia per aggiornare alcune preoccupazioni.

Innanzi tutto, dobbiamo tutti ricordare che Roberto è stato, in assoluto, il migliore presidente della Lombardia, che ha portato la nostra Regione ad essere tra le migliori d’Europa. Durante i diciotto anni di “Governatorato”, il Presidente Formigoni ha reso la sanità lombarda la migliore d’Italia, ha promosso una innovativa politica per la sussidiarietà nel campo della scuola, dell’assistenza ed anche dell’economia, ha compiuto e portato a termine grandi opere infrastrutturali di cui oggi possiamo tutti godere, ha reso protagonista la Lombardia anche in campo internazionale con benefiche ricadute su tutti i Lombardi; e così via. In sintesi, è stato un grande Presidente e il dimenticarlo sarebbe non solo ingiusto, ma anche molto ipocrita.

Mi ha colpito la grande dignità con cui Formigoni ha affrontato l’esecuzione di una sentenza che non corrisponde alla realtà e che, quindi, per noi semplici mortali, costituisce una decisione ingiusta, che, come ha detto il suo difensore prof. Coppi, è priva di una qualsivoglia prova accusatoria. Di fronte a questa ingiustizia, pur essendo da lui ritenuta tale, ha reagito con grande spirito istituzionale, ha preso atto della sentenza, si è costituito volontariamente, si è comportato in modo esemplare nel carcere “a cinque stelle” (vergognosa definizione) di Bollate, tanto da generare l’ammirazione di tutti, ha chiesto di potere partecipare alla condivisione di servizi sociali, ha attuato in modo molto rigoroso quanto gli è stato prescritto in sede di concessione dei “domiciliari”.

Anche di fronte a questo comportamento esemplare, qualche nemico irriducibile ha voluto interpretarlo come una ammissione di colpa: non è stato certamente così. Semmai, c’è stato un giudizio autocritico su fatti che non hanno alcuna rilevanza penale. Ancora una volta, qualcuno, irriducibilmente moralista, ha voluto furbescamente confondere etica e diritto penale, con grande pace dei cosiddetti (quando fa comodo) “diritti civili”. Anche in questa fase penosa, Formigoni ha mostrato la sua stoffa di leader.

A fronte di tutto questo, d’altra parte, si è confermata una tendenza incivile verso il giustizialismo, che si è trasformata in un chiaro desiderio di vendetta. Così, abbiamo visto il giacobino Giggino esultare per aver visto Formigoni entrare in “carcere”; abbiamo visto il solito giornalone “Repubblica” falsare una cronaca pur di indurre nei lettori l’idea che Formigoni stia violando le regole; abbiamo visto, in tanti, il desiderio non solo di condannare Roberto penalmente, ma, possibilmente, di vederlo anche prostrato ai piedi dei suoi nemici. Penso che questo tentativo non sia riuscito, per quanto ho prima detto.

Ultimamente, l’associazione stranissima e incomprensibile creatasi tra magistratura, molti media e molti politici ha fatto in modo che Formigoni, oltre a subire una pena ingiusta, dovrebbe anche morire di fame e di sete, visto che gli sono state tolte totalmente le due pensioni (che dovrebbero, invece, essere pignorate al massimo per un quinto) ed ogni altra entrata e visto che non potrebbe svolgere attività lavorativa. In questa situazione, come potrebbe sopravvivere? Può farlo solo perché, in via sussidiaria, alcuni amici lo accolgono gratuitamente in una casa e gli forniscono il cibo. Uno Stato ossessionato dal giustizialismo giacobino diventa incivile.

In questa situazione, alcune persone hanno dato vita al “Comitato amici di Formigoni”, con lo scopo di raccogliere risorse per aiutare il nostro amico a coprire le spese legali e, oggi, anche le spese di sostentamento. Il comitato è già riuscito a far fronte ad alcune parcelle di professionisti, ma non basta. Il comitato stesso sta invitando tutti coloro che ritengono che il “Caso Formigoni” non possa essere dimenticato e che l’amico Formigoni debba essere aiutato per far fronte alle spese legali ed a quelle di sostentamento a riprendere generosamente (secondo la libertà e le possibilità di ciascuno) ad una fattiva contribuzione (clicca qui). 

Caro direttore, tutto ciò mi sembra doveroso, non solo per motivi di carattere “economico”, ma anche e soprattutto perché non possiamo dimenticare una grande storia.