Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
il processo

Caso Ferréol: Ouellet condannato, una tegola sul Vaticano

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"Licenziamento ingiusto": così la giustizia francese obbliga il cardinale a risarcire l'ex religiosa espulsa dal suo ordine. Una sentenza che intacca la credibilità dei richiami vaticani sulla giustizia sociale.

Ecclesia 05_04_2024
IMAGOECONOMICA STEFANO CAROFEI

Un'altra tegola si abbatte sul Vaticano. Il cardinale Marc Ouellet, prefetto della congregazione per i vescovi negli ultimi due pontificati, è stato condannato dalla giustizia civile francese per la vicenda relativa alla cacciata di suor Marie Ferréol (all'anagrafe Sabine Baudin de la Valette) dalle Domenicane del Santo Spirito. Insieme all'ex capo dicastero, sostituito nel gennaio 2023 dallo statunitense Robert Francis Prevost a capo della "fabbrica dei vescovi", sono stati riconosciuti colpevoli anche dom Jean-Charles Nault e madre Maylis Desjobert, i visitatori apostolici protagonisti dell'indagine che il 21 ottobre 2020 ha portato all'espulsione della suora dall'istituto di Pontcallec con l'accusa di «cattivo spirito».

Il tribunale civile di Lorient ha condannato anche l'associazione delle Domenicane del Santo Spirito: una sentenza pesante che rimprovera alla comunità di non aver rispettato la procedura per il licenziamento riconoscendo – come fa sapere alla Nuova Bussola l'avvocato Adeline Le Gouvello De La Porte che ha assistito la suora – come esso sia avvenuto «senza preavviso, senza possibilità di conoscere la decisione proposta, senza informazioni sui fatti precisi e datati di cui era accusata, senza possibilità di difendersi».

Suor Ferréol avrebbe dunque subito un'ingiustizia non solo per l'espulsione in sé dopo 34 anni passati tra le domenicane, ma anche per il trattamento successivo alla sua dimissione dalla vita religiosa non avendo ricevuto alcun tipo di assistenza: non offrendole alcuna proposta lavorativa, non le sarebbe stato permesso «di beneficiare, nello spirito di equità e carità stabilito dal diritto canonico, di condizioni di vita civile decenti, dopo 34 anni di vita religiosa e di servizio alla sua comunità». La religiosa, secondo il tribunale civile di Lorient, sarebbe stata cacciata «senza motivo» sulla base di una visita apostolica di cui si è preso carico il cardinale Marc Ouellet e condotta da dom Jean-Charles Nault e da suor Emmanuelle Desjobert.

Una visita apostolica che ai tre religiosi è costata una condanna salata da parte della giustizia civile francese. Al prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi è stato contestato di aver commesso un abuso di diritto e di aver mancato di imparzialità: secondo il tribunale, «nel diritto canonico come nel diritto civile, chiunque affermi di essere delegato deve dimostrare di esserlo». Nel processo, nato da un'azione legale intentata dall'ex suora, non si è riusciti ad accertare l'esistenza di alcun mandato speciale del Papa a Ouellet che in quanto capo del dicastero dei vescovi non era competente sull'istituto di Pontcallec.

La nota dell'avvocato Le Gouvello De La Porte ha evidenziato che «il tribunale ha anche notato che nessuno degli atti riguardanti suor Marie Ferréol è stato firmato dal Papa, ma piuttosto dal cardinale Ouellet e dal suo segretario». In merito all'accusa di mancata imparzialità, il tribunale ha duramente rimproverato il porporato canadese esprimendo meraviglia per l'emissione dei decreti di esclaustrazione da parte sua nonostante fosse «amico stretto di una delle suore dell'Istituto delle Domenicane dello Spirito Santo, suor Marie de l'Assomption, le cui posizioni erano notoriamente opposte a quelle della signora Baudin de la Valette». In effetti, su questa brutta storia aleggiava sin dall'inizio il sospetto che potesse aver influito anche il contrasto esistente all'interno della comunità tra le due suore, una delle quali aveva pubblicato la tesi di dottorato su san Tommaso d'Aquino con la prefazione scritta da Ouellet. 

Riconoscendo le ragioni dell'ex suora, il tribunale civile di Lorient ha ritenuto di non trovare nei documenti prodotti dalle domenicane e dai visitatori apostolici «la conferma che le motivazioni molto generiche che appaiono nei decreti di esclusione e poi di dimissione della signora Baudin de la Valette, redatti dal cardinale Ouellet, fossero realmente fondate su fatti gravi e precisi, che non sono stati dichiarati, giustificando la severità delle sanzioni pronunciate, per di più senza rispettare il diritto canonico e i diritti fondamentali della persona». Una Waterloo giudiziaria per l'ex capo di dicastero e per gli altri chiamati in causa da suor Ferréol che è stata riconosciuta come vittima di un «licenziamento infame e vessatorio, senza aver commesso il minimo reato, sulla base di motivi non accertati ed essendo stata rimandata alla vita laicale senza pietà».

L'associazione delle Domenicane del Santo Spirito, i visitatori apostolici dom Nault e madre Desjobert e il cardinale Ouellet sono stati condannati a risarcire una cifra superiore ai 200 mila euro all'ormai ex suora. La maggior parte dei danni morali e materiali saranno a carico del porporato, presumibilmente ritenuto il principale responsabile di quella che i giudici civili di Lorient devono aver ritenuto un'ingiustizia. La difesa della comunità religiosa e dei due visitatori apostolici ha già annunciato di voler ricorrere in appello, mentre il cardinale aveva scelto di non nominare un avvocato. Per Le Gouvello De La Porte, legale della denunciante, «Il riconoscimento dell'ingiustizia, delle irregolarità e delle colpe commesse nei suoi confronti le consentirà di avviarsi verso la riabilitazione morale e il ritorno allo stato consacrato all'interno della Chiesa».

La sentenza della giustizia civile francese è un duro colpo per l'immagine della Santa Sede coinvolta direttamente con la condanna di un porporato all'epoca dei fatti capo di dicastero. In attesa dell'appello, Roma rischia di fare una figuraccia internazionale con il riconoscimento giudiziario di un licenziamento senza giusta causa – aggravato dai mancati doveri assistenziali – di una religiosa "reduce" da 34 anni di vita comunitaria e può far perdere credibilità ai richiami sui diritti dei lavoratori e sulla giustizia sociale così frequentemente pronunciati dal Papa. 



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