Case e auto, un'ideologia folle porta l'Europa al disastro
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L'imposizione dell'adeguamento energetico delle case e del motore elettrico per le auto è figlia di una ideologia autoritaria con venature totalitarie, che è la versione aggiornata di quelle che hanno imperversato nell'Europa del Novecento. L'obiettivo "verde" di una presunta "salvezza" esige misure che distruggono il benessere dei cittadini e l'economia.
Il progresso apparentemente implacabile della direttiva Ue sull'adeguamento ecologico degli immobili e la decisione del Parlamento europeo sul bando definitivo ai motori termici dal 2035, stanno finalmente cominciando a suscitare reazioni seriamente allarmate nelle opinioni pubbliche europee. Ma tali reazioni, intorno alle quali si sta coagulando un primo, embrionale schieramento di opposizione organica tra le forze politiche continentali raccolte nei gruppi popolare e conservatore, rimangono per ora ancora prevalentemente incentrate sulla protesta per le ripercussioni negative che quelle decisioni avranno su questa o quella categoria. E quindi sulla conseguente richiesta di una modulazione e tempistica diversa, più elastica e meno perentoria, della “transizione” abbracciata apoditticamente “senza se e senza ma” dalla maggioranza dei governi e della classe politica dell'Unione.
Manca ancora in gran parte un giudizio complessivo sull'intera operazione, capace di individuarne i profondi vizi d'origine, e di mettere davvero le società europee in allerta di fronte alla logica pericolosissima per le libertà e la democrazia che sta alla base di essa.
Ciò può essere comprensibile, alla luce della martellante e incessante propaganda a senso unico imposta ai cittadini dei paesi Ue, come a quelli praticamente di tutto l'Occidente, negli ultimi anni, improntata all'allarmismo apocalittico di matrice “gretista”. Ma oggi, alla luce dello stadio ormai avanzato dei processi politici e normativi che quell'allarmismo ha determinato, non è più in alcun modo giustificabile per chiunque voglia ancora salvaguardare, nella nostra area del mondo, qualche scampolo delle libertà civili che in essa videro la luce secoli fa, e oggi sono sempre più messe nell'angolo da poteri invasivi come poche volte lo sono stati nella sua storia.
Se infatti si considerano l'imposizione della radicale trasformazione delle unità abitative e quella dell'altrettanto radicale passaggio ai motori elettrici risalendo alla loro radice culturale si giunge alla conclusione che, parafrasando Shakespeare, “c'è del metodo in questa follia”. Non si tratta in entrambi i casi di una superficiale fascinazione o suggestione, ma di un disegno ideologico e politico molto preciso.
Il tratto comune dei due programmi, infatti, prima ancora che nei danni da essi prodotti nel loro svilupparsi, sta proprio nel modello di società che essi prefigurano, nell'idea di politica che essi presuppongono, e nella concezione dell'Unione europea che essi ormai stanno consolidando.
Essi sono, infatti, il frutto coerente di un'ideologia autoritaria con possibili venature totalitarie, derivazione e versione aggiornata di quelle che imperversarono nell'Europa del Novecento. La base teorica su cui le politiche impositive della “transizione verde” si fonda è un assioma dogmatico, sul quale si innesta un progetto di radicale palingenesi dell'umanità in chiave gnostica: lo sviluppo della civiltà umana, e segnatamente delle società industriali, è letale per l'ecosistema e per l'umanità stessa, perché attraverso le emissioni di anidride carbonica genera un mutamento del clima di origine antropica, che, se non frenato, produrrà uno sconvolgimento ambientale con la fine della vita umana, e di molte altre forme di vita, sul pianeta.
Si tratta di un assioma totalmente indimostrabile, non “falsificabile” in base ai dati disponibili, ma sostenuto da istituzioni internazionali (a partire dall'Onu) attraverso ricerche da loro sovvenzionate proprio allo scopo di alimentarlo, ed echeggiate da un sistema mediatico pressoché unanimistico: controllato, finanziato, incentivato, condizionato, intimidito da poteri pubblici nello stesso senso. A partire da quell'assunto – che implica una caricatura moralistica dell'economia e della politica, imperniata su un concetto vacuo di colpa collettiva da espiare – i poteri statuali e superstatuali occidentali, e in particolare l'Unione europea, sostengono che la priorità assoluta della politica è quella di affrontare questa “emergenza” primaria, perseguendo per via normativa la “correzione” della catastrofe climatica provocata dal genere umano “cattivo”, ad ogni costo, al più presto (“il tempo sta scadendo”, “la nostra casa è in fiamme!”) e con ogni mezzo disponibile, senza alcuna eccezione.
Ogni altro obiettivo della politica e dell'economia, davanti all'obiettivo della “salvezza”, deve necessariamente passare in secondo piano: inclusi lo sviluppo economico, i livelli di benessere, l'occupazione, financo la libertà di scelta individuale su consumi, uso e gestione della proprietà. A nulla vale obiettare che tutte le misure su immobili e auto, quand'anche attuate pedissequamente, diminuirebbero le emissioni di CO2 di una percentuale infinitesimale sull'insieme della CO2 emessa nel mondo.
Che costringere tutti i proprietari di immobili ad adeguarli al criterio astratto e inutile delle “emissioni zero” implicherebbe spese insostenibili, abbattendo il valore degli immobili stessi e generando una fiammata inflazionistica senza precedenti.
Che la conversione totale alle auto elettriche determinerebbe in pratica l'impossibilità di possedere un mezzo proprio per la stragrande maggioranza dei cittadini, un'impennata della domanda di energia impossibile da soddisfare, il collasso dell'indotto automotive, la sudditanza totale all'industria e alle materie prime cinesi.
Nella logica del nuovo fanatismo istituzionalizzato ogni discussione è irricevibile. Chi si oppone, per qualsiasi motivo e a partire da qualsiasi argomentazione, alla catena decisionale discendente dall'assioma primario non è considerato semplicemente un oppositore, ma un nemico della civiltà, dell'umanità, del progresso, della Scienza, al quale, per il bene di tutti, è necessario tappare la bocca.
La priorità assoluta dell'obiettivo annunciato come questione di vita o di morte, come nella storia dei peggiori regimi dittatoriali, è tale da sacrificare a essa qualsiasi altra esigenza, e le vite concrete degli esseri umani. Questa volta in nome di una “dottrina” prodotta da un superstato tecno-politico-burocratico, in consonanza con gli interessi di mega-concentrazioni economico-finanziarie alle quali vengono assegnati un regime di oligopolio-monopolio e una colossale rendita di posizione da una rigida logica dirigista. Una “dottrina” che rappresenta la riproposizione, con poche varianti, del regime instaurato qualche anno fa in nome dell'”emergenza pandemica”.