Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico
memoria liturgica

Carlo e Zita d'Austria, insieme verso il Paradiso

Ascolta la versione audio dell'articolo

Lui è già beato, per lei è in corso il processo di canonizzazione: si erano promessi di aiutarsi ad andare in Cielo. Non a caso la liturgia ricorda l'ultimo imperatore austro-ungarico nel giorno delle sue nozze.

Ecclesia 21_10_2024

Un Carlo, santo, che beatifica un altro Carlo, sovrano. È, infatti, san Giovanni Paolo II a beatificare il 3 ottobre 2004  –  venti anni fa  –  l’imperatore Carlo d’Asburgo (Persenburg, Austria, 17 agosto 1887 - Funchal, Madeira, Portogallo, 1 aprile 1922), del quale oggi ricorre la memoria liturgica: l’ultimo imperatore cattolico e ultimo re d’Ungheria.

Un nome, un segno, forse: Karol, san Giovanni Paolo II; Karl, il sovrano austro-ungarico. Il papà di Wojtyła, altro Karol: lui, grande estimatore e, addirittura, quasi devoto dello stesso Carlo d’Asburgo. In sintesi: di questo grande uomo d’Austria, il piccolo Wojtyła ne aveva sentito parlare, anche perché è proprio a lui che doveva questo nome. Un intreccio di nomi, si potrebbe definire. E fu proprio lui, san Giovanni Paolo II, a velocizzare il processo di beatificazione. All’omelia di beatificazione del sovrano austroungarico (beatificato assieme a Pierre Vigne, Joseph-Marie Cassant, Anna Katharina Emmerick, Maria Ludovica De Angelis il 3 ottobre 2004) pronunciò queste parole che potrebbero essere il sunto perfetto della vita di Carlo d’Asburgo: «Il compito decisivo del cristiano consiste nel cercare in tutto la volontà di Dio, riconoscerla e seguirla. L’uomo di Stato e cristiano Carlo d'Austria si pose quotidianamente questa sfida. Ai suoi occhi la guerra appariva come “qualcosa di orribile”. Nei tumulti della Prima Guerra Mondiale cercò di promuovere l'iniziativa di pace del mio predecessore Benedetto XV. Fin dall'inizio, l'Imperatore Carlo concepì la sua carica come servizio santo ai suoi popoli. La sua principale preoccupazione era di seguire la vocazione del cristiano alla santità anche nella sua azione politica. Per questo, il suo pensiero andava all'assistenza sociale».

Carlo d’Asburgo è stato uomo di preghiera. Educato dai Benedettini, sempre prodigo verso gli altri fin da bambino. Si narra che raccogliesse denaro per i poveri. E poi, vi è stata tutta l’educazione ai principi cattolici impartita dalla madre, l’arciduchessa Maria Giuseppina di Sassonia. Uomo devoto della Santa Eucaristia. Basti pensare che al momento della sua morte, avvenuta in esilio e in povertà assoluta a Madeira, isola del Portogallo, all’epoca territorio dal clima duro e impervio, volle che fosse esposto il Santissimo Sacramento nella sua piccola stanza. Uomo devotissimo al Sacro Cuore di Gesù: attento all’adempimento dei primi Venerdì di ogni mese. Lui stesso, nel giorno della Prima Comunione del primogenito Ottone (2 ottobre 1918), volle consacrare tutta la famiglia al Sacro Cuore di Gesù. E poi, uomo “innamorato” della Vergine Maria. Nel suo cuore, due immagini: quella di Maria Santissima Addolorata e quella della Vergine del Carmelo, indossando lo scapolare carmelitano. E poi, vi è tutto il suo profondo rispetto alla Sede del successore di Pietro: unico potente tra i belligeranti della Grande Guerra ad accogliere le iniziative di pace di Benedetto XV.

Nella sua biografia di cattolico integerrimo è importante sottolineare il ruolo che ricoprì il matrimonio con Zita di Borbone-Parma (Pianore, Viareggio, 1892 - Zizers, Grigioni, 1989) sposata il 21 ottobre 1911. Carlo era Arciduca d’Austria: lui aveva 24 anni, lei neppure venti. Un Sacramento, quello del matrimonio, che sentirono profondamente: «Da oggi, dobbiamo aiutarci tra noi due, ad andare in Paradiso», così si promisero. Le foto che catturano questo evento riescono a donarci quello che comunemente viene definito “un angolo di Paradiso”: i volti radiosi, felici, luminosi di una Luce che proveniva da Dio. Dopo le nozze, si recarono al Santuario di Mariazell, in Austria, per affidare la loro vita alla Vergine. E con la Vergine vissero un rapporto del tutto speciale grazie alla recita quotidiana del Santo Rosario, insieme.

La parola insieme è quella che ricorre nella loro esistenza. Un insieme che tanto ricorda due personaggi che la mente di Karol Wojtyła, poeta e drammaturgo, farà nascere ne La Bottega dell’Orefice. Ci sono alcuni versi di quest’opera drammaturgica scritta dal futuro san Giovanni Paolo II che sembrano dipingere bene i due personaggi reali. Nel caso de La Bottega si tratta di Andrea e Teresa, due giovani che arrivano al matrimonio consapevoli dell’importanza del Sacramento. Andrea dice a Teresa, guardando le fedi: «Da quel momento saranno loro a segnare il nostro destino. Ci faranno sempre rievocare il passato come fosse una lezione da ricordare, ci spalancheranno ogni giorno di nuovo il futuro allacciandolo con il passato. E, insieme, in ogni momento, serviranno a unirci invisibilmente come gli anelli di una catena». Ritorna il tema dell’«insieme»: così hanno vissuto i due coniugi reali, nelle gioie così come nelle sofferenze. E ritorna il tema delle fedi, il simbolo dell’amore sponsale, il simbolo dell’unione fra un uomo e una donna davanti a Dio. Carlo e Zita fecero incidere nelle loro, queste parole: «Sub tuum praesidium». Dalla loro unione nasceranno otto figli.

Il loro matrimonio è stato davvero un’unione santificante. Si deve ricordare, a tal proposito, che anche per Zita, serva di Dio, si è aperto un processo di canonizzazione. L’ultima immagine dei due coniugi è data da quel 1° aprile 1922. Lui, sul letto di morte. Lei, accanto a Carlo, a pregare in quel supremo momento. Con lei, l’ultimo dialogo. Con la sua sposa. Carlo a Zita: «Adesso voglio dirti che ho sempre cercato di conoscere la volontà di Dio e di eseguirla nel modo più perfetto. Io devo ancora soffrire tanto affinché i miei popoli si ritrovino ancora tra loro. Gesù, proteggi i nostri bambini, ma falli piuttosto morire che commettere un solo peccato mortale». L’unzione degli infermi, il Santissimo Sacramento esposto, ancora un’ultima Ave Maria del Santo Rosario insieme,  e – soprattutto – il dono dell’Eucaristia, data in quel momento per prepararlo al viaggio verso il Cielo. La memoria del 21 ottobre fu scelta da san Giovanni Paolo II proprio per ricordare il loro matrimonio. Aspettiamo, in un futuro speriamo non lontano, di vederli sulla gloria degli altari. Insieme.



INTERVISTA / MARTINO D'AUSTRIA-ESTE

Il beato Carlo d’Asburgo: la politica come “servizio santo” ai popoli

Alla Bussola l’arciduca Martino d’Austria-Este parla del nonno, l’ultimo imperatore d’Austria, di cui oggi ricorre la memoria liturgica nell’anniversario delle nozze con Zita di Borbone-Parma. Dall’isola di Madeira, dove morì giovanissimo in esilio nel 1922, al mondo intero è diffusa la devozione verso il sovrano che san Giovanni Paolo II beatificò nel 2004 proponendolo a modello di politico e uomo di pace.