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CINA

Cardinal Zen: "Non svendete la Chiesa a Pechino"

Un appello doloroso perché la Santa Sede “non svenda (al regime di Pechino, ndr) la Chiesa fedele in Cina”. Lo ha lanciato il cardinal Joseph Zen, nell'omelia della messa di suffragio per Pietro Wei Heping, sacerdote della Chiesa sotterranea (fedele al Vaticano) morto in circostanze misteriose.

Libertà religiosa 13_11_2017
Mons. Joseph Zen

Un appello doloroso perché la Santa Sede “non svenda (al regime di Pechino, ndr) la Chiesa fedele in Cina”. Lo ha lanciato il cardinal Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, nel corso dell’omelia nella messa di suffragio per padre Pietro Wei Heping, sacerdote della comunità cattolica sotterranea (fedele al Vaticano) trovato morto in circostanze misteriose. E’ uno dei simboli della tragedia, sempre peggiore, che sta vivendo la Chiesa sotterranea, proprio mentre i colloqui fra Santa Sede e Pechino pare stiano facendo passi avanti. Ma a quali condizioni?

Padre Pietro Wei Heping, sacerdote della comunità sotterranea è morto in circostanze misteriose il 6 novembre 2015, due anni fa. Il suo corpo senza vita era stato trovato in un fiume nella città di Taiyuan (Shanxi). Le notizie arrivano a rilento, in Cina e della morte del sacerdote della Chiesa sotterranea si era saputo qualcosa solo dopo giorni. Le autorità avevano chiuso il caso in fretta: suicidio. Un prete cattolico, fedele alla Chiesa romana, che si suicida? I parenti non hanno mai potuto aver accesso al referto dell'autopsia. Padre Wei, trentenne, ordinato sacerdote nel 2004, era una persona dinamica e solare, il suo impegno di evangelizzazione lo faceva viaggiare spesso in varie province della Cina. Era in trasferta anche nei giorni in cui è stato trovato senza vita. Secondo tutti coloro che lo conoscevano non avrebbe potuto nemmeno pensare al suicidio. La commissione Giustizia e Pace, organizzatrice della messa di ieri per padre Wei, ha pubblicato un libretto che lo ricorda: “Pellegrino di pace” (Heping, in cinese, vuol dire “pace”). C’è anche una sua riflessione sui rapporti fra Cina e Vaticano: “Il tempo appartiene a Dio”. Il defunto sacerdote si diceva contrario a correre in fretta verso un accordo, se la situazione politica non fosse stata ancora pronta.

Il cardinal Zen è partito da questa riflessione: “Qualcuno - ha detto ieri - potrebbe pensare che io stia usando la messa per lamentarmi. No, io credo che padre Wei stia usando la mia bocca per comunicare. Queste parole servono a farci conoscere che tipo di grazia noi domandiamo oggi”. Precisando che “la Santa Sede non è necessariamente il papa”, monsignor Zen, come riporta l’agenzia missionaria Asia News, ha fatto notare come in questi anni, in cui è in atto un iniziale dialogo fra Pechino e Vaticano, la Santa Sede ha spesso taciuto sulle tragedie e le persecuzioni in Cina, non solo sulla morte di padre Wei, ma anche sulla prigionia di mons. Giacomo Su Zhimin e sulla distruzione delle croci e delle chiese nel Zhejiang.

“Il dialogo - ha detto il card. Zen - è importante e necessario. Ad ogni modo essa (la Santa Sede, ndr) è troppo ottimista verso il regime comunista. E si fida della diplomazia invece che della fede. Per raggiungere un accordo, rinuncia a una qualunque linea di confine (…) Di continuo la Santa Sede sceglie il compromesso e perfino la svendita di sé per appianare le cose. Ma questo non è ciò che Dio si aspetta dalla Chiesa e non è per nulla fedele alla missione che Gesù ha affidato agli apostoli”.

Questi commenti sono spinti da evoluzioni del dialogo fra Santa Sede e Pechino, di cui Zen sarebbe venuto a conoscenza. Senza citare la diocesi, il vescovo emerito di Hong Kong ha detto che “essi (i comunisti cinesi, ndr) stanno spingendo per realizzare un piano malvagio: chiedere a vescovi fedeli di dare le dimissioni per lasciare spazio libero a vescovi illeciti e scomunicati. Questo è un fulmine a ciel sereno! Ed è l’approssimarsi di un enorme disastro per la Chiesa”.

Il cardinal Zen nel 2016, già esprimeva sul suo blog tutte le sue perplessità sul dialogo Santa Sede-Pechino. “Ovviamente le nostre comunità clandestine sono come non-esistenti per il Governo. Ma anche il Vaticano le ignora nelle trattative, per accondiscendere alla parte cinese? Per “salvare la situazione” si abbandonano questi nostri fratelli e sorelle? Ma sono le membra sane della Chiesa! (Ovviamente, avranno anch’essi i loro problemi, specialmente quando non si danno i vescovi alle loro diocesi. Presto verrà il disordine). Far tacere le comunità clandestine per non irritare il Governo non è un suicidio?”

Rispondendo alle critiche ricevute a seguito della sua presa di posizione, nell’estate del 2016, Zen aveva scritto altre sue riflessioni sulla “sconfitta”: “Ma di che sconfitta si tratta? Si sa che in Cina il regime ateo ha sempre voluto controllare totalmente le religioni. Finora gruppi consistenti di cattolici, tanto in clandestinità come nella ufficialità, con grandi sacrifici rimangono fedeli alla Chiesa fondata da Gesù su Pietro e sugli Apostoli. Ma oggi si presenta loro lo spettro di una dichiarazione proveniente proprio dalla autorità della Chiesa che dice loro di cambiare rotta. Quello che era dichiarato contrario alla dottrina ed alla disciplina della Chiesa diventerà legittimo e normale, tutti dovranno sottomettersi al Governo che gestisce la Chiesa, tutti dovranno obbedire a vescovi che fino ad oggi sono illegittimi e perfino scomunicati. Allora, hanno sbagliato per decenni questi poveri “confrontazionisti”?”

E aveva confidato: “Sarà per me una vera lacerazione del cuore, tra l’istinto salesiano di devozione al Papa (sì, devozione la chiamiamo; le tre devozioni: al Santissimo Sacramento, alla Madonna e al Papa) e l’impossibilità di seguirlo fino in fondo nel caso, per esempio, che incoraggiasse ad abbracciare l’Associazione Patriottica ed entrare in una Chiesa totalmente asservita ad un Governo ateo”.