Capitale corrotta, nazione infetta. E' l'ora del tutti a casa
I guai di Marino nell’amministrare Roma crescono di giorno in giorno: non quanto i guai dei romani a essere amministrati da Marino, ma poco ci manca. Dopo il Presidente del Consiglio comunale, l’assessore alla casa e via andando, ora si è dimesso anche l’assessore ai Trasporti Improta, fedelissimo di Renzi.
I guai di Marino nell’amministrare Roma crescono di giorno in giorno: non quanto i guai dei romani a essere amministrati da Marino, ma poco ci manca. Dopo il Presidente del Consiglio comunale, l’assessore alla casa e via andando, ora si è dimesso (peraltro senza essere stato arrestato, almeno per ora) anche l’assessore ai Trasporti Improta, fedelissimo di Renzi: il segnale è pessimo per il povero chirurgo prestato alla politica. Rispetto alla quale è evidente che Marino ne digerisce poca: in compenso, di amministrazione è completamente a digiuno; e in queste condizioni, è estremamente incauto mettersi a fare il sindaco di Roma, cioè assumersi l’obbligo politico di garantire il funzionamento di una amministrazione assai complessa.
Il Comune di Roma è una brutta bestia, gestito come è da una genìa di dirigenti che solo nei casi migliori possono essere definiti nullafacenti, ma che più spesso a una forte ritrosità a svolgere i loro compiti istituzionali accoppiano uno spiccato attivismo nell’organizzare gli interessi personali propri e dei propri amici. Del resto, anche volendo trascurare tradizioni più che bimillenarie ed esercitate senza soluzione di continuità, l’identificazione di Roma come città della corruzione e del malaffare è ben radicata anche nella nostra Repubblica democratica (ricordate L’Espresso, col suo “Capitale corrotta, nazione infetta”? Erano gli Anni ’60). Una corruzione che pervade non solo l’assistenza ai migranti o ai rom, ma ogni singola branca dell’amministrazione cittadina. La novità degli ultimi decenni è l’industrializzazione del sistema corruttivo, cioè il fatto che la corruzione sia stata elevata a sistema e metodologia complessiva di governo, e abbia esteso i suoi tentacoli in tutti i gangli dell’amministrazione, strutturando i collegamenti tra attività pubblica e interessi privati come regola principale. Merito di Buzzi che, creata la Cooperativa 29 giugno nel 1985, quando era ancora in carcere per l’omicidio del complice con il quale rubava denaro alla banca presso la quale lavorava, con passaggi e coinvolgimenti successivi è riuscito a penetrare e condizionare più o meno tutti gli uffici.
Graziato Buzzi da Scalfaro nel 1994, con Rutelli e poi con Veltroni sindaci le cose progredirono col vento in poppa, tanto che la 29 Giugno riuscì a piazzare un suo uomo, Odevaine, nel vertice del gabinetto del sindaco Veltroni, affidandogli il compito di stimolare e seguire l’assunzione di tutte le iniziative più utili a favorire gli interessi del sodalizio. Quando nel 2014 a sindaco di Roma venne eletto, a sorpresa, Alemanno, Buzzi si trovò spiazzato, in quanto i suoi referenti erano sempre stati personaggi del Pci, poi Pds, poi Pd. Rispolverò allora vecchi rapporti con un terrorista di destra, tale Carminati, per averne l’aiuto nello stabilire contatti con l’entourage del sindaco: non fu difficile, sia perché Carminati nell’ambiente contava, sia perché alcuni tra i più stretti collaboratori di Alemanno avevano chiesto aiuto a Buzzi quando il Pds era al governo e tramite lui avevano concluso operazioni vantaggiose, come l’affidamento di alcuni “Punti verdi”.
La saldatura, sul terreno degli interessi comuni, fu rapida e solidissima, e le cose seguitarono ad andare avanti come con i sindaci rossi, solo con qualche commensale in più. Perché sto raccontando tutto questo? Non certo per dare notizie; tutti sapevano tutto, tanto più dopo l’avvio dell’inchiesta. Sto solo dicendo, a chi fosse interessato, che se in tutti i partiti c’è del marcio, nel Pd – almeno quello di Roma – ce ne è di più; che l’onestà esiste, ma è molto rara; e, soprattutto, che Marino sarà pure una persona onesta, ma se non si è accorto di quel che andava succedendo è bene che la smetta di pretendersi amministratore; e che anche Alemanno, col consentire ai suoi amici mascalzoni di operare senza impedimenti, ha dato prova di non essere un buon amministratore. Borròn y cuenta nueva dicono in Spagna, cioè cancelliamo tutto e ricominciamo. Il modo di dire è saggio, ma oltre a cancellare tutto occorre cancellare tutti. Il borròn, cioè la cancellatura, deve essere fatta al più presto; e nessuno tra quelli che hanno perpetrato o permesso lo scempio al quale stiamo assistendo deve ricomparire sulla scena politica romana. È l’unica possibilità di uscire dalla melma.