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COVID E POTERE

Canada, contro i camionisti sono manganelli antirazzisti

Scene di guerriglia urbana, ad Ottawa, capitale del Canada, per tutto il fine settimana: venerdì la polizia ha iniziato a sgomberare con la forza la protesta del Freedom Convoy. A tutti pare normale, ma normale non è. La reazione delle autorità è sproporzionata. La causa di tanta violenza è ideologica. 

Editoriali 21_02_2022
Polizia ad Ottawa

Scene di guerriglia urbana, ad Ottawa, capitale del Canada, per tutto il fine settimana: venerdì la polizia ha iniziato a sgomberare con la forza la protesta del Freedom Convoy, i camionisti contro l’obbligo vaccinale. Domenica mattina, la situazione era stata riportata “sotto controllo” con l’evacuazione della collina del parlamento e delle vie del centro. La polizia ha posto fine alla protesta, su ordine del governo. Il metodo e le giustificazioni non sono affatto normali.

Prima di tutto, il premier Justin Trudeau ha invocato lo stato d'emergenza per una protesta che non era violenta, non costituiva una minaccia per il governo, né per la sovranità del Canada: non era né un golpe, né una rivoluzione. Ma è stata trattata come se lo fosse, solo a causa delle idee che erano alla base della protesta. I camionisti invocavano la libertà di scegliere se vaccinarsi o meno, Trudeau li ha definiti “anti-scientifici” (solo per cominciare, poi ha aggiunto una serie di condanne) ed ha rifiutato ogni forma di dialogo. La libertà di cura, inclusa la libertà di scelta sul vaccino, è un diritto costituzionale, ma il governo ha deciso che in situazione di emergenza va reinterpretato in senso molto più restrittivo. Però, al tempo stesso, ha trattato i manifestanti come se fossero una minaccia al Canada e alle sue istituzioni democratiche.

La polizia si è mossa come se avesse a che fare con una protesta violenta, anche se i camionisti erano disarmati (le uniche “armi” finora sequestrate sono fumogeni e corpetti anti-proiettile) e in tre settimane di manifestazioni non hanno mai attaccato le forze dell’ordine. Le foto mostrano poliziotti a cavallo che travolgono i manifestanti, largo uso di sfollagente da parte di agenti in tenuta anti-sommossa e lancio di lacrimogeni. I camionisti e i loro sostenitori formavano catene umane, cantando l’inno canadese e la polizia li attaccava, lanciando continuamente tweet in cui si affermava che l’atteggiamento dei manifestanti fosse “aggressivo”. In una curiosa inversione delle parti, i camionisti chiamavano la polizia, quando i poliziotti li attaccavano o rimuovevano i loro camion e la centrale di polizia ha diramato un avvertimento in cui intimava di smettere di fare chiamate. Giovedì erano già stati arrestati i leader della protesta, fra venerdì e sabato altre 170 persone sono finite dietro le sbarre.

La reazione delle forze dell’ordine ha colpito le proprietà. Sulla base dello stato emergenziale, il ministero delle Finanze ha congelato 76 conti correnti per un totale di 3,2 milioni di dollari canadesi. Le autorità hanno avvertito che gli animali domestici, che i camionisti si erano portati con sé, sarebbero finiti tutti in canile per otto giorni e poi dichiarati “randagi” e messi in adozione.

Le autorità hanno anche deprecato la presenza di figli minorenni. Ovviamente non hanno minacciato di mandarli in un canile, ma hanno allertato i servizi sociali che, in caso di arresto dei genitori, sarebbero stati inviati in case rifugio, in attesa di contattare altri parenti.

Tutto questo è stato ordinato da un governo che ha sempre, costantemente, appoggiato la libertà di manifestare, sia in patria che all’estero. Il governo Trudeau ha tollerato i blocchi causati dalle proteste delle popolazioni indigene contro i nuovi oleodotti. All’estero ha sostenuto apertamente la causa di Black Lives Matter negli Stati Uniti. E nel dicembre del 2020 aveva anche accusato il governo indiano di aver avuto il polso troppo duro contro gli agricoltori, sostenendo la loro piena libertà di manifestare pacificamente.

Quel che ha reso possibile una simile incoerenza è sicuramente il Covid. La pandemia ha travolto ogni regola della politica normale, permettendo di giustificare quel che fino all’anno prima era ingiustificabile. Ma è solo uno degli elementi, perché di fatto stiamo assistendo all’applicazione di un’ideologia di sinistra antirazzista sempre più autoritaria. Anche le proteste di Black Lives Matter violavano, in teoria, le regole del distanziamento sociale. Ma erano tollerate perché la questione razziale è ormai considerata “prodromo” del contagio, sulla base di teorie che mischiano disinvoltamente scienze sociali e medicina. Nell’editoriale del Washington Post sulla fine della protesta dei camionisti in Canada, invece, si legge a chiare lettere che l’idea dei diritti di libertà sia “strettamente interconnessa alla bianchitudine”. E quindi "Credere che una persona abbia diritto alla libertà è una componente fondamentale della supremazia bianca". Ciò che rappresenta il lascito migliore della società cristiana occidentale, dunque, è ormai passibile dell’accusa di razzismo. E di fronte al razzismo, nella migliore delle ipotesi, ci sono i manganelli e le cariche dei poliziotti a cavallo.