Camille Paglia: senza cattolicesimo non c'è arte
Solo tornando al cattolicesimo l’arte può salvarsi, perché l’ateismo e il protestantesimo hanno inaridito gli artisti a livello internazionale. A dirlo non è un vescovo cattolico, ma una grande studiosa che si professa atea.
Solo tornando al cattolicesimo l’arte può salvarsi, perché l’ateismo e il protestantesimo hanno inaridito gli artisti a livello internazionale, con la tragica conseguenza di far perdere loro il contatto con la gente comune. E questo è causa anche della banale superficialità di tanta arte contemporanea, alla quale purtroppo non è rimasta nessuna grande idea.
Come non essere d’accordo su questa affermazione, che riconosce un ruolo primario nel mondo dell’arte non solo al cattolicesimo ma anche alla Chiesa cattolica, artefice dei capolavori del nostro passato? Ad esprimerla, anzi a scriverla su Repubblica, non è stato uno studioso credente ma una critica d’arte che si professa atea, e lo puntualizza nel lungo articolo, aggiungendo però di rispettare le religioni e di prenderle seriamente, “come vasti sistemi di simboli che contengono una verità profonda sull’esistenza umana”. E anche su questo punto siamo d’accordo con lei.
Il suo nome è Camille Paglia, professore di Lettere e Media all’Università delle Arti di Philadelfia dal 1984, critica d’arte e scrittrice.
L’arte non è un lusso, è una necessità, è il suo motto. Da lei ci saremmo aspettati un discorso ben diverso. Ed invece eccola asserire che “la religione è stata una forza enorme di civilizzazione nella storia del mondo” e schernirla “è una cosa puerile, sintomatica di un’immaginazione rachitica. Eppure, questa posizione cinica è diventata di rigore nel mondo artistico, un ulteriore motivo della banale superficialità di tanta arte contemporanea a cui non è rimasta nessuna grande idea”.
Una creatività superficiale e impoverita, aggiungiamo noi, che in cerca di visibilità punta su una trasgressione priva d’arte: un nome per tutti quello di Maurizio Cattelan.
E’ riuscito nel difficile compito di far parlare i media di tutto il mondo di se stesso solo puntando su una provocazione priva di qualsiasi senso e valore artistico, ossia esponendo tre bambini-manichini impiccati a un albero di Porta Ticinese a Milano e proponendo la scultura raffigurante papa Giovanni Paolo II a terra colpito da un enorme meteorite.
Ma torniamo alla denuncia, e alla difesa, di Camille Paglia. “Una enorme quantità della migliore arte occidentale è stata intensamente religiosa - scrive ancora - e i progressisti, i quali hanno voluto che si togliessero i presepi dalle piazze, obietterebbero a loro volta sull’istruzione dottrinale necessaria per presentare l’iconografia cristiana nella scuola pubblica. Per questo l’educazione artistica viene ostacolata negli Stati Uniti, vittima del fuoco incrociato della politica”. La cultura e il mondo politico a cui si riferisce l’autrice dell’articolo sono quelli dell’America di Obama, ma non sono lontani dai nostri europei, che hanno negato qualsiasi riferimento alle radici cristiane nella Costituzione e che ogni giorno battagliano – oltre che a favore dell’aborto e del matrimonio gay – per l’eliminazione dei simboli cristiani nei luoghi pubblici.
Eppure, sempre secondo Camille Paglia, “chi subordina l’arte all’agenda politica contemporanea è colpevole di rigido letteralismo e di propaganda quanto un qualsiasi predicatore vittoriano o un burocrate stalinista. Una delle ragioni dell’odierna marginalizzazione delle belle arti è che gli artisti si rivolgono troppo spesso agli altri artisti e hanno perso il contatto con la gente comune, di cui disprezzano e sbeffeggiano i gusti ed i valori”, anche cristiani.
Insomma, secondo la Paglia “la maggior parte degli artisti americani sono dei progressisti che hanno un contatto minimo se non nullo con chi la pensa in modo opposto a loro”. E lo afferma, appunto un’atea dichiarata. Quindi, un’accusa al protestantesimo, che ha “una storia di iconoclastia: durante la Riforma del nord Europa, le statue delle chiese e le vetrate colorate furono sistematicamente distrutte in quanto idolatriche.
Rispetto al cattolicesimo romano, così ricco d’arte, il protestantesimo americano tradizionale è visivamente impoverito. Le sue immagini di Gesù come buon pastore sono spesso artisticamente così deboli da rasentare il kitsch”.
Come ha ragione, professoressa Paglia!