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L'INCHIESTA

Camilla, operazione verità su negligenza e rischi vaccino

Le prime ammissioni dei medici sulla morte di Camilla Canepa, morta a 18 anni dopo il vaccino. Tra negligenza, superficialità e mancata trasparenza sui rischi i ragazzi sono stati condotti agli open day vaccinali per interesse: ecco perché l'inchiesta può aprire una breccia e far emergere il dramma delle reazioni avverse. Paragone alla Bussola: «Le Regioni hanno avuto il mandato politico di eccellere nelle vaccinazioni e gli ospedali hanno avuto bonus. Ora molte procure sono al lavoro per casi di reazioni avverse».

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Attualità 29_01_2022

Nel corso dell’ultima audizione dei medici che l’hanno avuta in cura, la Procura ha appreso che il personale sanitario di Lavagna sapeva che Camilla Canepa era stata da poco vaccinata, ma nella documentazione clinica del primo ricovero non era stato indicato che la giovane, poi morta a causa di un trombo, si era sottoposta al vaccino.

Si tratta di un elemento grave che offre ai pm che stanno indagando sulla morte della diciottenne di Lavagna un quadro d’interpretazione più chiaro rispetto a quanto già la Procura sospetta e cioè che ad uccidere la giovane sia stata una reazione avversa al vaccino Astrazeneca ricevuto nel maggio scorso. Ma fino a quanto sospettata?

Il punto è questo. Perché i medici, nel ricoverare la ragazza non avevano inserito l’appena avvenuta vaccinazione? Non avevano forse interesse a indagare da che cosa fosse causata quella citopenia che inizialmente, subito dopo la morte, era stata definita congenita, salvo poi fare marcia indietro?

E quanto questo elemento, se adeguatamente scandagliato, avrebbe potuto orientare le indagini scientifiche fin da subito dato che le reazioni avverse sul vaccino erano già emerse dalla farmacovigilanza? Si poteva intervenire in tempo se solo si fosse sospettato che Camilla poteva aver contratto la VITT, la trombocitopenia indotta da vaccino che poi l’ha portata al decesso?

Sono solo alcune delle domande alle quali il procuratore di Genova cercherà di dare delle risposte. Sarà ovviamente la giustizia a fare il suo corso, a stabilire se c’è stata imperizia o imprudenza dei medici o se invece nessuna responsabilità va ascritta al personale sanitario che ha seguito la giovane durante gli ultimi giorni di vita.

Quello che emerge però con questa notizia è che la mancata trasparenza sulle informazioni di farmacovigilanza e sui rischi di reazione avversa tocca con questa tragedia un punto dolente.

Responsabilità o no dei medici, una cosa è certa: la mancanza di trasparenza sulle informazioni degli effetti avversi è direttamente proporzionale alla superficialità con la quale la campagna vaccinale è stata condotta presso strati di popolazione che avrebbero meritato invece ben altre attenzioni.

Camilla, è noto, venne vaccinata nel corso di uno dei tanti open day vaccinali che Regioni, Comuni, perfino pro loco hanno promosso, organizzato e foraggiato per invogliare i ragazzi con tanto di adescamenti: feste della birra, concerti, promozioni, stand vaccinali all’ingresso delle fiere, delle sagre. Camilla aveva partecipato a uno di questi open day perché il leit motiv che accompagnava allora la campagna era incentrato sulla ripresa della socialità dei ragazzi. Ragazzi ai quali, dopo essere stati tenuti semi segregati in camera per un anno e trattati da untori con la DaD, veniva offerta la possibilità di riscattarsi, di pulirsi, di dimostrare di essere responsabili e liberi per poter tornare a una vita sociale.

Ovviamente tutto questo era un inganno e una truffa. Camilla e la maggior parte dei suoi coetanei sono caduti in questa trappola.

Quindi è sicuramente indispensabile appurare se non ci siano delle responsabilità mediche nelle fasi di cura di Camilla quando è arrivata in pronto soccorso, ma è altrettanto importante che non si perda l’attenzione sulle anamnesi insufficienti che hanno segnato la campagna vaccinale. Quale anamnesi sui fattori di rischio, le controindicazioni, il giusto rapporto rischi/benefici che è sempre personale e mai collettivo, si potrà mai fare se la vaccinazione avviene su un parco pubblico con il medico a bordo di un camper e appena fuori pronta per il premio un “pinta” di birra e un concerto?

Ci sono due aspetti, dunque, nel caso di Camilla Canepa che possono essere dirompenti: il primo è mettere un punto giuridico sulla negligenza con la quale è stata fatta la farmacovigilanza in questo Paese. Negligenza resa evidente dal disinteresse nel quale vivono i comitati di cittadini che si sono riuniti per chiedere ascolto sulle reazioni avverse (la Bussola, ad esempio, ha seguito personalmente la nascita del Comitato Ascoltami), ma anche dal fatto che da settembre scorso Aifa non aggiorna i dati sulla farmacovigilanza dei vaccini e ha annunciato per il 9 febbraio la presentazione di un report che si fermerà a dicembre scorso.

Il secondo motivo è quello di mettere la pulce sulla superficialità con la quale si è vaccinato soggetti che, a fronte di una anamnesi più approfondita, avrebbero dovuto essere esentati.

L’eventuale responsabilità dei medici che hanno curato Camilla dopo i sintomi, non deve essere certo più grave della responsabilità dei medici che hanno vaccinato senza conoscere o minimizzando gli eventuali rischi da reazione avversa.

Ma questo è un tema che questo Paese non è ancora in grado di affrontare con serenità, anche se c’è qualcuno che con coraggio continua a battere il tasto della verità e della trasparenza. Come Gianluigi Paragone (in foto), il deputato di Italexit che ha dato vita per primo ad un sito segnalazione sugli effetti avversi che ora, divenuto associazione, si sta dotando di un pool di legali.

«La vicenda di Camilla – spiega Paragone alla Bussola – evidenzia l’assoluta mancanza di trasparenza e la volontà politica di spingere sulle vaccinazioni a prescindere dal rischio delle situazioni avverse».

L’ex parlamentare 5 Stelle in questi giorni è a casa positivo, ma asintomatico e ha deciso di non partecipare alle elezioni per il Quirinale «perché sono come un lavoratore qualunque che non può andare al lavoro anche se asintomatico: non voglio apparire un privilegiato della casta».

E anche secondo Paragone il punto sta proprio nella mastodontica campagna di vaccinazione di massa che ha attirato tutti i ragazzi in una rete che si è verificata essere per molti una trappola: «I governatori avevano il mandato politico di eccellere nella percentuale di vaccinati per Regione – prosegue – mentre le strutture ospedaliere prendevano bonus con i vaccinati, ma in questa euforia generale si è perso di vista ciò che caratterizza anche la vaccinazione e cioè il controllo di eventuali reazioni avverse»·

Ma il caso di Camilla Canepa può essere un trampolino per costringere le istituzioni a una presa di responsabilità o piuttosto potrebbe essere un insabbiamento? «Il caso di Camilla è un caso più avanzato; potrebbe essere un precedente importante perché mi sembra di capire sia uno dei meglio impostati dal punto di vista del quadro accusatorio, ma posso confermare che ci sono molte altre procure al lavoro».

Paragone accenna a casi di denunce ed esposti di morti misteriose sulle quali diverse procure hanno acceso i fari. «Siamo in una fase in cui alcune persone stanno uscendo dal guscio di paura e vogliono andare in fondo per capire se la morte del proprio caro è correlata o no».