Cambio sulla pena di morte, reazione a catena
Guerra giusta, legittima difesa, il concetto di autorità politica, i princìpi non negoziabili: sono tutti elementi della dottrina della Chiesa messi in discussione dal cambiamento del Catechismo sulla pena di morte. Ecco perché.
Sulla questione della pena di morte, dopo il mutamento del Catechismo della Chiesa cattolica voluto da Papa Francesco, va notato che, cambiando questo principio, entrano in pericolo molti altri elementi e principi della Dottrina sociale della Chiesa nel suo complesso. Qualche commentatore ha parlato del Vaso di Pandora che il Papa avrebbe scoperchiato. La teologia morale cattolica, cui appartiene, almeno per la sua formalità disciplinare, anche la Dottrina sociale della Chiesa, è un tutt’uno che si tiene, eliminando un elemento, anche altri diventano instabili.
Per esempio il principio della guerra giusta o lo stesso principio della legittima difesa potrebbero essere rivisti. La dottrina della guerra giusta, come quella della pena di morte, fa parte della sapienza morale e sociale coltivata e tramandata dalla Chiesa cattolica ed anche i pronunciamenti conciliari e postconciliari sul tema (dalla Gaudium et spes alla Pacem in terris fino ai pronunciamenti di Giovanni Paolo II in occasione della guerra del Golfo) non hanno mai negato il principio, pur introducendo nuove considerazioni a seguito degli inediti contesti delle guerre moderne.
Non può sfuggire l’analogia tra pena di morte e guerra giusta: ambedue sono una difesa della comunità, ambedue tendono a ripristinare la giustizia, ambedue si possono applicare di principio ma in pratica sono soggette a numerose restrizioni morali. La morale cattolica ha sempre vietato in assoluto di uccidere l’innocente. Non ha mai vietato in assoluto e di principio di uccidere. Ora, invece, si vieta di uccidere in assoluto: la cosa viene detta per la pena di morte ma diventa possibile l’estensione ad altri ambiti, come appunto la guerra giusta e la legittima difesa. Perché anche la legittima difesa individuale? Perché se il principio del diritto di difendersi uccidendo il colpevole viene negato per la comunità politica non si capisce perché non dovrebbe essere applicato anche all’ambito personale. Per San Tommaso non bisogna uccidere difendendosi ma si può difendersi uccidendo, e questo vale anche per la guerra giusta.
Il cambiamento ha anche conseguenze sul concetto di autorità politica e sul suo ruolo in difesa del bene comune. A questo ultimo principio verrebbe tolto l’elemento essenziale della giustizia che porta in sé un aspetto retributivo che ora viene negato a proposito della pena di morte. La giustizia non è solo retribuzione ma nessuno può negare che sia anche ciò. Di conseguenza, toccando il tema giustizia, il cambiamento comporta delle conseguenze anche riguardo al diritto e i suoi riferimenti al diritto naturale, dato che la pena di morte è sempre stata considerata un’azione contemplata appunto dal diritto naturale.
Il cambiamento mette in crisi anche lo ius gentium così come lo abbiamo ereditato lungo i secoli, il quale ha sempre compreso la liceità (limitata) della pena di morte così come anche della guerra giusta – per tornare al parallelo di cui sopra -, intesa come guerra di difesa o di protezione dall’aggressore ingiusto, definendo alcuni fondamentali punti morali nelle relazioni internazionali che riguardano le regole dello ius in bello, ossia di una guerra in corso.
C’è poi una conseguenza molto importante per quanto riguarda gli assoluti morali e, di conseguenza per i cosiddetti principi non negoziabili. Come è stato giustamente scritto, il magistero attuale sembra avere introdotto nell’elenco degli assoluti morali negativi, ossia dalle azioni che non si devono mai compiere in nessuna circostanza e per nessun motivo, la pena di morte. Ma negli elenchi degli assoluti morali negativi che la Scrittura e il Magistero ci hanno fornito, la pena di morte non c’è mai. Per esempio la Gaudium et spes del Vaticano II (n. 27) parla di omicidio, genocidio, aborto, eutanasia, suicidio, mutilazioni, torture, condizioni disumane di vita, incarcerazioni arbitrarie, deportazioni, schiavitù, prostituzione, mercato delle donne e dei giovani, ignominiose condizioni di lavoro … ma non di pena di morte, a meno che essa non venga equiparata al primo dell’elenco, ossia all’omicidio, cosa che però sembra forzata. Il cambiamento degli assoluti morali negativi su punti così importanti ne indebolisce la concezione, facendoli dipendere dai corsi della storia e mette in crisi la dottrina dei principi non negoziabili enunciata da Benedetto XVI ed espressione della legge morale naturale.