«Caivano è il day after di chi sogna un mondo senza regole»
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«Caivano è il day after del mondo senza regole che tanti sognano e una certa idea di libertà vuole consegnarci». Intervista al Procuratore di Avellino, Domenico Airoma, che conosce il Parco Verde dai tempi dell'assassinio di Fortuna Loffredo. «Il decreto coniuga sanzione e responsabilità e dà risposte anche a chi sceglie la via del bene».
«Più che un inferno, Caivano è il day after del mondo senza regole che una certa idea di libertà vuole consegnarci». L’allarme arriva dal procuratore capo di Avellino Domenico Airoma in questa intervista alla Bussola nel corso della quale ha inquadrato quanto è successo al Parco Verde, dallo stupro al decreto del Governo fino alle polemiche che ne sono seguite.
Airoma non è solo un magistrato che affronta ogni giorno bene le problematiche scaturite dagli episodi che hanno infiammato il dibattito nei giorni scorsi, ma anche un profondo conoscitore della realtà di Caivano e della periferia Nord di Napoli. Quando era Sostituto procuratore alla procura di Napoli ha seguito personalmente il caso di Fortuna Loffredo, la bambina di sei anni stuprata e gettata nel vuoto proprio da una palazzina del Parco Verde, contribuendo all’arresto e alla condanna del responsabile.
«Conosco bene quella realtà – ci spiega – e proprio per questo credo che per parlare della realtà di Caivano, ma anche di molte altre realtà della periferia napoletana, si debba alzare un po’ lo sguardo».
Procuratore Airoma, resta il fatto che il decreto del governo è stato criticato per eccessiva severità…
Ci tengo a ribadire che non dobbiamo mai dimenticare che la responsabilità è sempre personale, bisogna fare attenzione a diluire la responsabilità in una sorta di lavacro collettivo per cui la colpa è della società.
Lo dice in riferimento al decreto?
Le scelte sono sempre personali, lo dico perché se ci sono ragazzi che hanno fatto scelte diverse, cioè per il bene cosa devono pensare? In questo senso estendere le sanzioni per questi minorenni che compiono questi reati va nel giusto senso della responsabilità perché responsabilità e sanzione sono importanti sia per ribadire a chi sbaglia che sta sbagliando, sia per confermare che chi non sbaglia, sta facendo bene.
Si riferisce alle accuse al governo di aver calcato la mano?
Ho letto ad esempio, con dispiacere, il titolo di Avvenire con quel “Ragazzi puniti”. Bisognerebbe ribadire che vengono puniti quelli che sbagliano.
Le obietteranno che una sanzione non può mai essere sufficiente.
Certamente, ma può essere il punto di partenza per un discorso di rieducazione serio, la misericordia presuppone la giustizia, sennò diventa buonismo. Per questo dico che il messaggio del decreto è importante: chi sbaglia paga, anche se è un minorenne. Ma soprattutto mi sembra di poter dire che la legge conferma così quelli che non sbagliano.
Resta il fatto che se non si interviene sul degrado in cui vivono questi ragazzi nessuna legge potrà mai risolvere il problema…
Vero! Ma allora tutti dobbiamo interrogarci sul perché questi ragazzi fanno questa scelta, sennò diventa un refrain ipocrita. Vorrei ricordare che la Camorra non è sbarcata a Caivano dalla navicella spaziale.
Cioè?
In questi posti la Camorra non fa altro che occupare dei vuoti, rispondere a domande a cui altri non danno risposta. E si badi bene, non sono solo domande di tipo economico o di profitto, ma esistenziale. Prendiamo i ragazzi che hanno fatto la stesa l’altra notte. Sanno perfettamente che rischiano anche la loro vita, ma ormai pensano che sia questo il senso della loro vita.
La stesa è un modo per marcare il territorio, per ribadire una supremazia, uno schiaffo allo Stato…
Ma se questi ragazzi ritengono di spendere la vita in questo modo, è perché non hanno risposte di senso da altri e qui siamo tutti chiamati alle nostre responsabilità: famiglia, Chiesa, Istituzioni. Dovremmo tutti chiederci: perché si rivolgono alla Camorra? Che senso trovano nella Camorra che non trovano nella legalità? In questo senso il decreto è sanzione, ma è anche responsabilità.
Forse pensano di trovare un modo per sopravvivere nell’inferno di Caivano.
Ma Caivano non è solo un inferno, perché ci sono realtà e persone come don Maurizio Patriciello, che stanno mostrando un senso della vita diverso. Io penso piuttosto che Caivano sia un day after del mondo senza regole che tanti sognano.
Che cosa intende dire?
Da decenni si predica che tutto è permesso e questo viene declinato in diversi modi, ad esempio che non ci deve essere nessuno ostacolo alla mia affermazione e quindi si afferma il più forte. Caivano è la dimostrazione in corpore vivo di come possa ridursi un mondo nel quale vengono eliminate le regole, anzi in cui le regole vengono viste come un disvalore. Don Maurizio dice bene che tanti benpensanti gridano allo scandalo, ma chi va a Caivano a comprare la droga? Ci vanno proprio quelli che educano alla droga libera, perché sanno che lì trovano la droga libera. Responsabili sono anche coloro che alimentano la domanda e che dicono che drogarsi non è un male.
Lei ha conosciuto la realtà di Caivano e del Parco Verde quasi dieci anni fa per la vicenda della piccola Fortuna. Era già un day after? Che cosa è cambiato da allora?
È peggiorato tutto. All’epoca mi colpì il fatto che non ci fu nessun tipo di reazione da parte della Camorra, che si è sempre vantata di avere un codice d’onore per cui i bambini non si toccano. Adesso la situazione è peggiorata: la Camorra protegge i responsabili e impedisce di denunciarli, perché anche la pedopornografia e l’abuso sui minori sono diventate una fonte di lucro.
Ha parlato di pornografia. Dal suo osservatorio esiste l’equazione pornografia uguale violenza?
Assolutamente sì. Non solo in termini di dipendenza, ma per il processo che si innesca per cui non ti basta mai e alla fine approdi alla pedopornografia. Il processo vizioso non ha limiti e ti porta ad essere violento, a possedere l’oggetto del piacere.
Cioè le donne…
Noi ci interroghiamo giustamente sul fenomeno della violenza sulle donne, ma dovremmo anche interrogarci sulla radice di questa violenza che risiede nel malinteso senso di ricerca del piacere in una libertà portata alla sua espansione massima.
In questo però la Giustizia dovrebbe fare mea culpa. Il giudice di Firenze che ha assolto i ragazzi accusati di stupro, lo ha fatto anche perché li ha ritenuti condizionati dalla pornografia e quindi ha concesso loro una giustificazione.
Non nascondo che anche in questo caso c’è un malinteso senso di responsabilità e del giusto peso che si dà alle libertà personali. È lo stesso discorso dello spinello, se mi metto alla guida dopo aver fumato uno spinello è un aggravante, non un attenuante. Con la pornografia deve essere la stessa cosa.
Che cosa può fare la Chiesa?
Don Maurizio sta facendo una grande cosa, peraltro è bene ribadirlo e ricordarlo: coniuga l’impegno caritativo-assistenziale con l’impegno a favore della vita nascente dimostrando che questi sono temi che non vanno separati, perché il rispetto della vita altrui comincia sin dal concepimento. Credo che lo stile debba sempre essere quello di San Giovanni Paolo II alla Valle dei templi: la Chiesa deve ricordare che esiste il bene e il male e che ci sono scelte per il bene e per il male.