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Bologna a 30 km/h, cittadini contro il comune

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Proteste trasversali e cittadini infuriati per l'entrata in vigore del limite di 30 km/h in tutta la città di Bologna: dal centrodestra ai centri sociali, tutti contro le nuove regole. Possibile class action.

Cronaca 22_01_2024
Bologna a 30 km/h

Bologna, avanguardia delle restrizioni descritte nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, è la prima grande città italiana ad adottare ovunque 30 kmh come limite di velocità, relegando i 50 a graziosa concessione per poche arterie «di scorrimento».  E i bolognesi?  Non l’hanno presa bene.

Il Comune ci era andato piano, abituando i cittadini all’idea con un questionario dove la risposta «non mi piace per niente» non era prevista, cominciando a  cospargere la città di cartelli e immagini “30” sull’asfalto fin dall’estate scorsa, e prospettando, sulla pagina “Bologna 30”, la contentezza di tutti, anziani e disabili compresi, costretti sì ad andare a piedi ma in mezzo ad «una palette di colori che esprimono solarità, rassicurazione, calma, felicità, energia».  

Tanta suasione però non ha funzionato. Arrivati al dunque, quando il 16 di questo mese sono scattate le multe, i bolognesi non hanno esultato come era loro preciso dovere. Con il piede sulla frizione, gli occhi incollati al cruscotto per obbedire al limite 30, con tolleranza fino a 35 e mannaia a 36, il pensiero fisso ai telelaser mobili e alle 6 pattuglie abilitate a comminare un ventaglio intricato di multe, i bolognesi non hanno esultato.
Fin dal mattino della prima giornata hanno dato vita a manifestazioni di protesta a clacson spiegati in Piazza VIII agosto (la “piazzola”), lungo i viali e, chi poteva, lungo Strada Maggiore. Incessanti gli sberleffi sui social, dalla versione satirica della canzone di Gianni Morandi “Andavo a trenta all’ora” a foto di cortei funebri multati per eccesso di velocità, e la boutade sui lavavetri che non chiedono più che ci si fermi: puliscono intanto che l’auto passa.

Proteste delle ambulanze, proteste dei tassisti. La sera del 18, pioggia e gelo hanno punito la manifestazione di protesta indetta dai partiti di centrodestra, ma di gente imbufalita ce n’era lo stesso, rifugiata sotto il portico e dentro al cortile di Palazzo d’Accursio finché il Sindaco contestato non ha  mandato i vigili a chiudere i portoni.

Nella città che resta un segnaposto rosso anche quando tutto il resto della mappa vota un colore diverso, sentire la gente inveire contro il PD fa un certo effetto. Sotto il sindaco Guazzaloca, unico non-PCI/PD nel corso di 75 anni, i dipendenti del Comune tenevano il volto di Sergio Cofferati sul salvaschermo dei computer e alla Restaurazione provvidero per primi gli industriali che finanziarono l’arrivo del Corriere della Sera edizione Bologna, infarcito di pagine dedicate all’ex-sindacalista “cinese”. La colta e gaudente Bologna ha contemplato prima di altre le vicende della “sinistra ZtL”, ha vissuto l’addomesticamento del Carlino, una volta barricadiero, di Attilio Monti, il passaggio della Curia da cardinali nettamente conservatori come Biffi e Caffarra all’eminenza immmigrazionista Matteo Zuppi, e la lunga parabola di Pierferdinando Casini, partito dalla destra DC e approdato, dopo il passaggio dai governi Berlusconi, a Senatore eletto dal PD.  Sullo sfondo sempre l’eminenza grigia, che nessuno osa mettere in discussione, Romano Prodi.

Questa volta però la grande maggioranza dei bolognesi non conosce colore nel rifiutare la delibera del Comune. Se la manifestazione del venerdì sera era di centro destra, l’assemblea cittadina indetta dal “Coordinamento Paradiso” non lo era di certo. Di sinistra DOC è il Presidente del Centro Sociale che ospita il Coordinamento, Maurizio Sicuro, il quale ci ha tenuto a chiarire che lo spirito del posto è “libertario” e che per l’appunto sabato prossimo vi si terrà un’Assemblea cittadina per parlare di censura, pensiero unico e «arroganza dell’amministrazione comunale» per aver vietato la proiezione in quei locali di un film finanziato dal Ministero della Cultura russa.  

Il seguito dell’assemblea su Bologna 30 ha visto intervenire avvocati, ingegneri, casalinghe, studenti, pensionati fattisi attivisti di fronte al proliferare dei controlli e delle limitazioni della libertà. «Bologna fra le Smart City previste per il 2030 si distingue per i mega-progetti costosissimi decisi sopra la testa dei cittadini», ha detto Fabrizio Guerra del Coordinamento Paradiso (gruppo distinto dal Centro sociale). «Solo il Tecnopolo, da dove opera il supercomputer Leonardo, è costato finora un miliardo. A cosa ci serve il secondo computer d’Europa e il quarto del mondo? Solo per i dati. Quelli che prenderanno dalle telecamere e i telelaser, a risoluzione talmente alta che vedono fin nell’abitacolo delle auto. Si prevede di raccogliere 5200 pagine per ogni essere umano. Il 5G serve poi a trasferirli ad altri.”

Invitati a guardare agli esempi della altre città, il gruppo bolognese si coordina con il “Comitato di Cittadini Miracolo a Milano”, dove, come a Roma, si trasformano interi quartieri in “Città di 15 minuti” calati sulla popolazione senza chiedere il permesso. «L’atteggiamento delle classi dirigenti verso il popolo ricorda la zootecnia – ha osservato Alessio Gasperini – c’è da efficientare la stalla, lì troverete l’amore, lì le cure per la salute, ci dicono.  È veramente necessario differenziare fra il pronto soccorso e l’hospice? Alla scuola serve davvero tutto questo sapere? E il nuovo cittadino perché mai avrebbe bisogno di spostarsi? Per dove deve andare lui, 15 minuti bastano! Le merci possano forse ribellarsi? Dire che tutto ciò non è democratico è dire poco».

In attesa delle mosse di Matteo Salvini, Ministro dei Trasporti, si parla di referendum, di class action, di azioni collettive e di responsabilità individuali, e le assemblee cittadine previste come questa sono di già quattro.



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