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STRASBURGO

Berlusconi incandidabile ma indispensabile

La Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo ha rinviato la sua decisione sull'incandidabilità di Berlusconi. La sentenza arriverà certamente dopo le elezioni. Dunque Berlusconi sarà ancora incandidabile. Proprio quando inizia ad essere considerato "indispensabile" non solo dal centrodestra, ma anche dai suoi nemici storici.

Politica 23_11_2017
Silvio Berlusconi

Com’era prevedibile, Silvio Berlusconi resta, almeno per ora, incandidabile. Si è svolta ieri alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo l'udienza sul ricorso presentato dall’ex Cavaliere contro la decadenza del suo mandato di senatore e la sua ineleggibilità, sancite in base alla legge Severino. La seduta è stata tolta dalla Presidente della Corte, Angelika Nussberger dopo poco più di due ore dall'inizio. La Corte si è quindi riunita in camera di consiglio, ma una decisione è attesa non prima di diversi mesi, come consuetudine della Corte. C’è chi parla addirittura di dieci mesi, quindi con ogni probabilità il verdetto arriverà durante l’estate 2018, abbondantemente dopo il voto politico, previsto a marzo o, al più tardi, a maggio 2018.

"Il governo italiano ha rispettato la Convenzione dei diritti dell'uomo, nessuna violazione può essergli attribuita. La decisione della decadenza da senatore e della sua ineleggibilità non è stata arbitraria ed è arrivata al termine di una procedura che ha rispettato tutti i diritti del Cavaliere", ha detto il rappresentante del governo italiano, Maria Giuliana Civinini all'udienza di ieri. Per il legale di Silvio Berlusconi, Edward Fitzgerald, nel caso del Cavaliere "la legge Severino è stata applicata a fatti contestati per gli anni 1995-1998, quindici prima che la legge fosse adottata".  Rimane dunque in piedi la principale contestazione che arriva dal fronte berlusconiano, cioè l’applicazione retroattiva di quella norma al leader del centrodestra.

Ma al netto delle disquisizioni di natura tecnico-giuridica il dato politico è immodificabile: Silvio Berlusconi non potrà candidarsi a premier per il centrodestra e quindi, in caso di vittoria elettorale di quello schieramento, si porrebbe il problema di individuare una figura in grado di compattare i diversi partiti e di guidare il Paese. In verità questo limbo in cui resterà per molti mesi Berlusconi, che nel frattempo ha già annunciato di voler rimanere in campo e di voler fare al 100% campagna elettorale come se fosse candidato, potrebbe paradossalmente aiutare tutti, anche Matteo Renzi. Il segretario Pd, si sa, ha molti problemi, sia dentro il suo partito che nella sua coalizione, e fa fatica a stringere alleanze con i riottosi e i malpancisti bersaniani e con le altre sigle minoritarie della sinistra, che sarebbero disposte a scendere a patti solo se lui ritirasse la sua candidatura a premier.

Se Berlusconi guidasse il centrodestra senza essere candidato premier, anche Renzi avrebbe l’alibi per avallare l’impostazione di una campagna elettorale priva di un’effettiva indicazione del cavallo su cui puntare per la Presidenza del Consiglio. La giustificazione di Matteo potrebbe essere la seguente. Visto che gli avversari non indicano in anticipo chi andrebbe a Palazzo Chigi in caso di loro successo, neppure il centrosinistra si sentirebbe obbligato a designare un aspirante Presidente del Consiglio e tutto verrebbe rinviato a dopo lo svolgimento delle elezioni politiche. Resterebbe soltanto il Movimento Cinque Stelle, a quel punto, a indicare l’inquilino designato per Palazzo Chigi, vale a dire Luigi Di Maio.

Centrodestra e centrosinistra, proprio per svicolare rispetto ad elementari obblighi di chiarezza e trasparenza nei riguardi degli elettori, potrebbero appellarsi alle caratteristiche della nuova legge elettorale, che in teoria, a onor del vero, non impone l’indicazione preventiva del premier. In questo modo Renzi potrebbe presentarsi agli elettori senza imporre ai suoi potenziali alleati di coalizione il suo nome come unico aspirante premier, lasciando aperta la porta a un ritorno di Gentiloni o a un’investitura di Pietro Grasso (si parla già dell’ipotesi di Matteo Renzi ministro degli esteri di un eventuale governo di larghe intese o Presidente del Senato).

Berlusconi, dal canto suo, potrebbe ventilare l’ipotesi di una sorta di sua candidatura a Palazzo Chigi “sospesa” o “con riserva”, nell’attesa del responso definitivo di Strasburgo, e in questo modo galvanizzare comunque l’elettorato, non escludendo un suo ritorno a Palazzo Chigi. Giochi di prestigio consentiti da un Rosatellum che impone le coalizioni nei collegi uninominali, ma lascia ai partiti la parziale possibilità di andare in ordine sparso senza predeterminare gli equilibri futuri.

Considerati i sondaggi, che continuano a prevedere l’improbabilità che dalle urne esca un vincitore chiaro, tutte queste manovre potrebbero andare a buon fine. Tanto più che gli avversari storici di Berlusconi, da quelli europei a quelli italiani, da Angela Merkel a Eugenio Scalfari, tanto per citarne due, sembrano auspicare un ruolo centrale nella politica italiana per il redivivo “re di Arcore”, considerato il più credibile argine contro i populisti grillini, stante il repentino declino di Matteo Renzi.