«Benedetto XVI ha strappato il Concilio dalle grinfie dei modernisti»
Ratzinger ha corretto gli errori e vanificato i tentativi dei modernisti di falsificare il Vaticano II, contrapponendo «alla loro ermeneutica della rottura la sua ermeneutica della continuità». La maggior parte dei teologi tedeschi lo odia anche perché Benedetto «ha preteso una de-mondanizzazione della Chiesa». La Bussola intervista lo storico Michael Hesemann, amico personale di Ratzinger.
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Storico, autore di numerose pubblicazioni di taglio archeologico - tra le quali ricordiamo, tradotte in italiano, Titulus Crucis e Testimoni del Golgota - Michael Hesemann è stato un grande amico ed estimatore di Benedetto XVI. La Nuova Bussola lo ha intervistato.
Dottor Hesemann, quando ha incontrato per la prima volta Joseph Ratzinger?
Era il 1999; avevo appena pubblicato il mio studio sull'iscrizione della Croce di Gesù: Ratzinger lo seguiva con grande interesse. Quindi siamo rimasti in contatto. Quando è morto Giovanni Paolo II, sono stato profondamente toccato dalla sua omelia durante la Messa funebre. Avrei dovuto scrivere una biografia del Papa polacco per un editore tedesco e gli ho chiesto il permesso di stamparla; cosa che mi ha concesso. Per la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia nel 2005, ho scritto la mia prima biografia “Benedetto” per giovani lettori. Nel 2009 sono diventato membro fondatore di Deutschland pro Papa, un movimento che si è battuto per un giusto apprezzamento del suo pontificato nei media e ha contribuito a preparare la sua visita in Germania nel 2011. Ogni anno mi riceveva in udienza per aggiornarlo sul mio lavoro e sui miei ultimi libri.
E poi, un’altra curiosa biografia.
Nel 2011 ho pubblicato My Brother, the Pope, con il fratello Georg, con il quale sono rimasto amico fino alla sua morte nel 2020; dopodiché ho curato i suoi discorsi durante il suo viaggio in Germania. Ogni volta mi ha ispirato a scrivere nuovi libri ed è solo grazie a lui che sono quello che sono oggi. Siamo rimasti in contatto anche dopo le sue dimissioni del 2013; ho continuato a visitarlo ogni anno, l'ultima volta il 10 dicembre 2022, appena tre settimane prima della sua morte. Attingerò da questi incontri, dalla sua saggezza e bontà, per il resto della mia vita. Ogni volta mi sentivo come se avessi incontrato un santo.
Cominciano ad alzarsi autorevoli voci perché Benedetto XVI venga dichiarato dottore della Chiesa. Il cardinale Müller lo ritiene persino un “Augustinus redivivus”.
Ciò è assolutamente giustificato. Ho avuto lo stesso pensiero quando gli ho regalato un ritratto di Agostino per il suo 95° compleanno [vedi foto; si tratta dell’ultima foto in assoluto con il Papa emerito in vita]. È l'unico teologo del Novecento che ha avuto la statura di un dottore della Chiesa. Solo la sua trilogia Gesù di Nazaret trasmetterà la vita e il messaggio di Gesù alle generazioni future con una profondità e una bellezza storicamente uniche. Non per niente è stato chiamato anche il “Mozart della teologia”, per via del suo linguaggio bello, elegante e chiaro, in cui esprimeva le sue profondità e il suo ampio pensiero. Con la sua teologia, la Chiesa può superare la sua crisi, che è principalmente una crisi di fede. Deve solo rendersi conto del tesoro che ha lasciato per tutti noi.
Cosa ha realizzato questo breve ma straordinario pontificato nei travagli della “Chiesa postconciliare”?
Ha strappato dalle grinfie dei modernisti il Concilio - che era anche il “suo” Concilio e di cui è stato uno dei protagonisti - e ha contrapposto alla loro ermeneutica della rottura la sua ermeneutica della continuità. Il Concilio non è stata una rivoluzione che ha gettato a mare tutto ciò che era antico, ma un tentativo di tradurre in linguaggio moderno la verità rivelata, il tesoro della fede della Chiesa. Il primo padre conciliare fu Papa Pio XII, le cui prediche, discorsi ed encicliche hanno contribuito a preparare il Concilio, fatto che da solo porta a considerare un’assurdità l’idea di una rottura. Sfortunatamente, alcuni dei testi conciliari furono successivamente annacquati e così alcune ambiguità divennero una porta d’ingresso per quegli avventurieri teologici che in seguito fecero riferimento allo “spirito del Concilio”, perché non avevano il supporto dei testi conciliari. Benedetto XVI ha corretto questi errori e queste deviazioni sbagliate con una chiarezza unica. A ciò appartiene anche il fatto di aver revocato l'assurdo divieto della Messa tridentina, perché ciò che è stato buono, giusto e santo per secoli non poteva improvvisamente essere sbagliato.
Ci racconti cosa è successo in occasione del viaggio di Benedetto XVI in Spagna.
Nel 2003 avevo pubblicato uno studio sulla reliquia del “Santo Caliz”, il calice di Gesù venerato oggi nella cattedrale di Valencia. Quando si seppe che Benedetto XVI si sarebbe recato a Valencia per l'Incontro Mondiale delle Famiglie nel luglio 2006, ottenni un’udienza e informai il Papa sui retroscena della venerazione di questa reliquia e sugli indizi della sua autenticità. Ne fu così impressionato che chiese di poter consacrare con questo calice a Valencia, utilizzando l'antico Canone romano, che in passato veniva pronunciato dai Papi, i quali con l’espressione “et hunc praeclarum calicem”, consacravano proprio “questo glorioso calice”. È stato un meraviglioso segno della continuità della Tradizione apostolica e uno sguardo ai primi tempi della Chiesa.
Ha condiviso con Benedetto XVI le sue ricerche storico-archeologiche?
Sì, più volte, perché lo interessavano davvero, se non altro perché confermano l'autenticità storica dei Vangeli e della Tradizione apostolica. Con i miei libri, infatti, ho fornito una sorta di commento archeologico a iniziative pontificie come l'Anno Paolino, in cui Benedetto XVI è ricorso all’archeologia per la conferma della tradizione paolina nel caso specifico della ricerca della tomba di Paolo. O la trilogia Gesù di Nazaret, alla quale ho affiancato in contemporanea un libro dedicato allo stato attuale della ricerca archeologica su Gesù. Del resto, facendosi uomo, Gesù ha lavorato in una specifica regione geografica, in un momento specifico. Oggi, grazie all'archeologia, si può dire che gli evangelisti conoscevano questa regione e questo tempo come solo i contemporanei potevano farlo. I Vangeli respirano lo zeitgeist e il sapore locale della Giudea del I secolo.
Come è veramente “percepito” Benedetto XVI in Germania? Sembra essere un segno di contraddizione lì più che altrove.
Sa, i tedeschi sono un popolo di guastafeste. Invece di essere orgogliosi del più grande pensatore tedesco della storia, come giustamente i polacchi lo sono del “loro” Giovanni Paolo II, cercano disperatamente quell’“unico neo”, qualcosa con cui abbatterlo. Da nessuna parte il detto biblico “Nessun profeta è accettato nel suo paese d'origine” calza più che in questo paese. Ciò è ovviamente dovuto anche al fatto che la maggior parte dei teologi tedeschi - e purtroppo anche la maggior parte dei vescovi - vogliono ingraziarsi non solo i protestanti, ma anche il Governo federale, che dopo tutto paga i loro stipendi principeschi - una conseguenza del Concordato con il Reich di Adolf Hitler del 1933. Ed è per questo che sono ipermodernisti. Solo in Germania è possibile una costruzione astrusa come la “via sinodale”, che è una via suicida della Chiesa e sacrifica ogni concetto di verità al Moloch del relativismo. Benedetto XVI, d'altra parte, si è sempre distinto per la Chiesa della verità rivelata, per la bellezza della fede tradizionale; già nel 2005 metteva in guardia contro la “dittatura del relativismo”: quell’omelia fece scandalo in Germania. Ha preteso una de-mondanizzazione della Chiesa, di fronte alla secolarizzazione della maggior parte dei vescovi e dei teologi e al loro adattamento incondizionato allo spirito dei tempi.
Ci racconti un ultimo aneddoto.
Volentieri. Cinque anni e mezzo fa, nel maggio 2017, quando ho potuto visitarlo di nuovo, mi sono congratulato con lui per il suo 90° compleanno: “Santo Padre, le auguro tanti anni felici, sani e pieni di creatività”. Non appena ho detto queste parole, il suo dito indice si è alzato: “Per favore, non me lo auguri, signor Hesemann!”. Mi fermai stupito e balbettai, perché non riuscivo a pensare a niente di meglio: “Ma Santo Padre, lei è fortunato, qui, in mezzo a questi bei giardini vaticani”. Poi il dito del Papa puntato dritto in alto: “Il Paradiso è molto più bello!”, disse veramente convinto. Ha trascorso i suoi ultimi anni con un piede in Paradiso, per così dire. Sopportò che il Signore non lo volesse ancora prendere, ma desiderava incontrare Cristo, “volto umano di Dio”, come lo chiamava, e che aveva desiderato per tutta la vita. Per lui era più il suo amato amico che il suo Giudice celeste: è così che vive, pensa e muore un santo, che è un modello per tutti noi!
Un “inedito” per i nostri lettori. Benedetto XVI e l’ultima apparizione di Sievernich [di queste apparizioni parleremo in modo più approfondito con lo stesso Hesemann, in un’altra intervista].
Se diamo credito a Manuela Strack, che sostiene che la Madonna le sia apparsa a Sievernich, vicino a Colonia, tra il 2000 e il 2005, e che il Signore le appaia sotto l’aspetto del Bambino Gesù di Praga dal 2018, Benedetto XVI è in Cielo. Lei afferma di averlo visto nell'apparizione del 6 gennaio scorso, tutto vestito di bianco, circondato di luce. Dice che abbia detto: «Di’ a tutti... che sono con il Signore. Il Signore è la mia patria celeste. Prego per la Chiesa cattolica. Per favore, pregate molto per la Chiesa cattolica».