Beata Vergine Maria Addolorata
Furono i serviti a diffondere il culto dei «Sette dolori della Vergine», un numero che si basa su altrettanti episodi narrati nei Vangeli. Oggi la celebrazione ha il nome di “Beata Vergine Maria Addolorata”, che meglio esprime la sua totale partecipazione all’opera salvifica del Figlio, «servendo al mistero della Redenzione in dipendenza da Lui e con Lui» (Lumen Gentium, 56)
Riassunta mirabilmente nello Stabat Mater del beato Jacopone da Todi, la devozione all’Addolorata ebbe un particolare impulso nel Basso Medioevo anche grazie alla costituzione nel 1233 dell’ordine dei Servi di Maria. Nel 1667 i serviti ottennero l’approvazione ufficiale del culto dei «Sette dolori della Vergine», un numero che si basa su altrettanti episodi narrati nei Vangeli: la profezia di Simeone («e anche a te una spada trafiggerà l’anima»), la fuga in Egitto, i tre giorni di angoscia che precedono il ritrovamento di Gesù tra i dottori nel tempio, l’incontro sulla via del Calvario, i patimenti ai piedi della croce, la deposizione e la sepoltura del Figlio.
Ma tutta la vita di Maria è stata segnata dal dolore, dalla cui libera accettazione è sgorgato il suo infinito amore. Già sant’Ildefonso da Toledo (607-667) spiegava che le sofferenze della Vergine furono maggiori di quelle dell’insieme di tutti i martiri. E san Bonaventura († 1274), Dottore della Chiesa, scriveva che «non vi è dolore simile al dolore di Lei eccettuato quello del Figlio, cui è simile il dolore della Madre». Dopo varie tappe, fu san Pio X a fissare la data della festa al 15 settembre (significativamente dopo l’Esaltazione della Santa Croce). Un altro cambiamento è occorso con la riforma liturgica del 1969. Nel nuovo calendario, seppur ridotta a semplice memoria, la celebrazione ha il nome di “Beata Vergine Maria Addolorata”, che meglio esprime la sua partecipazione all’opera salvifica del Figlio, «servendo al mistero della Redenzione in dipendenza da Lui e con Lui» (Lumen Gentium, 56).
In questa luce di speciale cooperazione alla Redenzione - al servizio totale dell’unico Redentore, Nostro Signore Gesù Cristo - si spiega il titolo di Corredentrice, usato da pontefici quali san Pio X, Pio XI e san Giovanni Paolo II, da una serva di Dio come la mistica Luisa Piccarreta e da una schiera formidabile di altri santi come per esempio Gabriele dell’Addolorata, Veronica Giuliani, Padre Pio, Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), Massimiliano Maria Kolbe, Francesca Saverio Cabrini, Leopoldo Mandic e Madre Teresa di Calcutta. Diceva quest’ultima: «La definizione papale di Maria Corredentrice, Mediatrice di tutte le grazie e Avvocata, porterà grandi grazie alla Chiesa».
Quel titolo è oggetto di approfondimento teologico in vista di un possibile quinto dogma mariano. Stando alle dibattute apparizioni di Amsterdam occorse alla veggente Ida Peerdeman nel 1945-1959[1], la Madonna stessa, presentandosi come «Signora di tutti i Popoli», avrebbe chiesto esplicitamente la proclamazione del dogma quale «Corredentrice, Mediatrice e Avvocata». E avrebbe inoltre profetizzato che sarebbe stato molto combattuto, l’ultimo e il più grande.
[1] Le predette apparizioni sono state riconosciute nel 2002 come soprannaturali dal vescovo di Haarlem, Joseph Marianus Punt, ma di recente la Congregazione per la Dottrina della Fede, per mezzo di una lettera privata della Nunziatura Apostolica del Libano datata 20 luglio 2020, avrebbe ribadito la validità del vecchio giudizio di non constat de supernaturalitate. Un giudizio per così dire “sospensivo” poiché intermedio tra il riconoscimento del carattere soprannaturale delle apparizioni (constat de supernaturalitate) e il loro rifiuto (constat de non supernaturalitate).
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