Basta uno scherzo russo e la Meloni si scopre vulnerabile
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Lo scherzo telefonico dei comici russi Vovan e Lexus alla Meloni rivela quanto sia facile bucare la sicurezza di Palazzo Chigi. Il premier, reduce dall'affaire Giambruno, si scopre molto vulnerabile.
C’era una volta la “merchant bank” di Palazzo Chigi ai tempi di Massimo D’Alema premier. Correva l’anno 1999. Una lobby che faceva capo al Presidente del Consiglio e che bocciava o consacrava accordi di potere, scalate finanziarie, operazioni su importanti aziende di Stato. Più di recente c’è stato il “cerchio magico” di Matteo Renzi, con Maria Elena Boschi, Luca Lotti e altri sodali dell’allora premier, ora semplice senatore di Rignano, che dicevano di voler cambiare il Paese ma in realtà volevano solo impossessarsi delle leve fondamentali del potere. Entrambe quelle esperienze di governo sono durate relativamente poco (da poco più di uno a poco meno di tre anni) perché entrambi i premier, sia D’Alema che Renzi, si chiusero nella loro torre d’avorio e rinunciarono di fatto a guidare il Paese, dimostrando di essere uomini di potere ma non uomini di governo.
Da questo punto di vista Giorgia Meloni, che a differenza di D’Alema e Renzi è stata votata dagli elettori e non è arrivata a Palazzo Chigi per operazioni di Palazzo, rischia di compiere un percorso analogo se, come quei suoi due predecessori, dovesse arroccarsi nel fortino di Palazzo Chigi con i suoi fedelissimi e alimentare la sua (forse innata) sindrome dell’accerchiamento. Inevitabilmente, quando un premier ripiega su se stesso e sul potere che ha, finisce per implodere e per perdere la misura della realtà che lo circonda.
Forse è questa la chiave di lettura più realistica dello scherzo telefonico orchestrato dai due comici russi ai danni del premier italiano e che svela ancora una volta la vulnerabilità della Meloni, considerata sempre meno invincibile dagli osservatori internazionali e anche dai suoi fedelissimi in Italia. «C’è molta stanchezza da tutte le parti» sul conflitto in Ucraina e «siamo vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita». È forse questa la frase più discussa pronunciata da Giorgia Meloni in quella telefonata organizzata dai due comici russi Vovan&Lexus (Vladimir Kuznetsov e Alexey Stolyarov), uno dei quali si è spacciato per un leader africano.
I due comici hanno presentato la conversazione raccontando che Giorgia Meloni si sarebbe lamentata dell’atteggiamento del Presidente francese Emmanuel Macron circa l’emergenza migratoria e hanno riferito di una presunta stanchezza della premier verso la guerra in Ucraina. In verità Meloni, pur caduta nel raggiro, si è limitata a ripetere le sue note posizioni sulle diverse questioni internazionali. In un passaggio dedicato ai flussi migratori, il premier ha detto che è impossibile affrontare questo dossier senza un coinvolgimento dell’Unione Europea e dell’Onu. Meloni ha anche parlato della problematica dell’integrazione delle persone che arrivano illegalmente in Italia con i toni critici che contraddistinguono anche le sue uscite pubbliche. Dunque nulla di sensazionale, tanto più che il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi, Alfredo Mantovano, interpellato sull’argomento, ha sostenuto che Giorgia Meloni non ci era cascata e si era subito resa conto che si trattava di uno scherzo.
In realtà balza subito all’occhio l’impressionante facilità con cui Vovan&Lexus sono riusciti a ingannare la rete diplomatica, a bucare i filtri di sicurezza, a violare la speciale barriera con cui andrebbe protetto il presidente del Consiglio. Bisogna dire che Kuznetsov e Stolyarov ci sanno fare. Nei loro scherzi telefonici sono caduti in tanti: l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel, il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez, il principe Harry e persino il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Altra cosa grave di questa faccenda è che dello scherzo l’entourage della Meloni si è reso conto a più di un mese dal fatto, solo dopo che la telefonata è stata postata sulla piattaforma online canadese Rumble e ripresa dall’agenzia russa Ria Novosti.
Non si sa chi abbia personalmente gestito la telefonata arrivata dalla Russia, forse occultata con l’utilizzo di una scheda telefonica africana. Attualmente è il consigliere Lucia Pasqualini che si occupa di Africa, ma con un comunicato diffuso ieri, il presidente dell’ufficio diplomatico della presidenza del Consiglio, Francesco Talò, si è preso la totale responsabilità dell’accaduto, pur non avendo gestito direttamente la vicenda. Talò è un diplomatico di grande esperienza (curriculum di rango, un passato alla Nato, perciò considerato autorevole tassello atlantista della Farnesina) che poteva contare della totale fiducia del senatore Giovanbattista Fazzolari, diventato l’uomo ombra della Meloni, visto che si occupa anche della comunicazione dopo il siluramento di Mario Sechi, ora direttore di Libero. Inoltre, quando l’ufficio riceve la richiesta di un colloquio telefonico con il presidente del Consiglio, automaticamente viene avviato un lavoro di dossieraggio. Un lavoro importante e delicato di cui solitamente si occupa l’esperta dell’area da dove proviene l’interlocutore, in tal caso l’area africana. A questo punto le ipotesi sono due: i due comici o sono stati particolarmente abili e fortunati o hanno goduto dell’appoggio esterno di qualcuno, e vengono subito in mente i servizi segreti russi.
Questo scivolone ha infiammato le opposizioni: «Che figuraccia per l’Italia e per Giorgia Meloni. Avendo lavorato qualche anno a Palazzo Chigi mi chiedo come sia possibile raggiungere un livello di superficialità così devastante che fa fare una figuraccia non solo alla Meloni ma alla Repubblica italiana», sbotta Matteo Renzi, leader di ItaliaViva. Giuseppe Conte (M5S) gli fa eco, dicendo che «è veramente sconcertante apprendere che i nostri collaudati protocolli di sicurezza possano essere aggirati e penetrati in modo così plateale». Non meno caustici i commenti di Carlo Calenda (Azione) e della leader del Pd, Elly Schlein.
Una gaffe che arriva in un momento delicato per la Meloni, che pochi giorni fa si è ritrovata a fare i conti con gli imbarazzanti fuorionda dell’ormai ex compagno Andrea Giambruno. Dopo la loro trasmissione, il presidente del Consiglio ha annunciato la fine della relazione sentimentale con un comunicato postato direttamente sul suo profilo Instagram.
Due scivoloni piuttosto importanti che evidenziano le difficoltà di Giorgia Meloni a livello di immagine nell’ultimo periodo. Gaffe, soprattutto quella dello scherzo telefonico, che potrebbe avere risvolti anche politici. Qualche giorno prima della pubblicazione della telefonata, infatti, il ministro della difesa russo, Sergej Šojgu, ha detto che forse è venuto il momento di discutere di una situazione post-bellica della crisi ucraina su “una base realistica”. Possibile che ci sia un collegamento fra la stanchezza di Mosca che traspare dalle parole di Šojgu e quella cui allude Meloni nella telefonata? Non è da escludere, ma in ogni caso questo susseguirsi di criticità nella gestione del potere dovrebbe aprire gli occhi al premier e indurlo a più miti consigli, affinchè curi con più oculatezza e accortezza i processi comunicativi, poiché nell’era multimediale nella quale siamo immersi la forma conta forse più della sostanza e dunque la verifica delle fonti e dei contenuti diventa una dimensione imprescindibile per un successo duraturo in politica.