Bambini: comprarli non si può, fabbricarli sì
Assoluzione per la coppia che ha affittato un utero in Ucraina, indignazione nazionale per la coppia che ha "acquistato" un bambino da una famiglia romena non in grado di mantenerlo. Sono i paradossi di un diritto, che non è più certo, e di una cultura dove domina il relativismo (e anche i diritti si comprano).
L’assoluzione per la coppia bresciana che ha ordinato - dietro compenso, ovvio - un bimbo a un utero in affitto ucraino (condanna per alterazione di stato civile – del neonato - e sentenza ribaltata in appello) ci induce a porci la pensosa domanda: ma insomma, i bambini si possono comprare o no? Non era vietato?
Già, perché un mese fa suscitò un’ondata di indignazione nazionale la scoperta di un tentato acquisto per 30mila euri di un bambino romeno di otto anni da parte di una coppia di messinesi residenti in Svizzera. Le forze dell’ordine sventarono in tempo il misfatto e si suppone che abbiano assicurato tutti i rei coinvolti alla giustizia. Traffico internazionale di bambini, orrore, che schifo, di questo passo dove andremo a finire, ecc. ecc. Finale: il bambino oggetto di smercio è stato restituito alla famiglia. Cioè, all’indigenza di chi di figli ne aveva già tanti e non sapeva come sfamarli tutti. La coppia di impediti acquirenti, se vuole un figlio, dovrà assoggettarsi alle regole dell’adozione. Cioè, campa cavallo. Conosco personalmente coppie che, dopo anni di lotta, hanno gettato la spugna e si sono rassegnati a restare senza. Va bene così, dura lex sed lex (frase che sembra la réclame di un preservativo o dei bicchieri di vetro infrangibile).
E la lex dice alla famiglia romena indigente: dovevi usare gli anticoncezionali o far ricorso all’aborto. A quella siculo-svizzera: con gli stessi soldi pàgati l’inseminazione artificiale oppure sfoglia i cataloghi degli uteri messi a disposizione da morte di fame nei Paesi cosiddetti emergenti.
Riassumendo, è vietatissimo acquistare un bambino cresciutello, ma è permesso farselo fabbricare da terzi. Il bambino cresciutello devi adottarlo, cioè procurartelo gratis, anche se alla fine, quando ti fai i conti, scopri che un’adozione internazionale, sempre che non ti stufi in corso d’opera per le infinite complicazioni burocratiche, ti viene a costare una cifra spropositata. Ma così dice la legge e amen. Niente, ti conviene fartelo fabbricare, spendi meno. È la legge, amigos.
Non ha forse decretato nientepopodimenoché la Corte Costituzionale che avere un figlio è un «diritto»? Così, vai col tango e metti mano al portafogli. Quando studiavo all’università mi hanno fatto una testa così col principio della «certezza del diritto». Voleva dire che il sistema delle norme doveva avere un minimo di stabilità nel tempo, sennò non ci si capiva più niente e l’esistenza quotidiana diventava un tormento.
In pratica: se una cosa è vietata oggi, devo avere la sicurezza che lo sarà anche domani, altrimenti mi faccio furbo e comincio timidamente col trasgredire, tanto «del doman non v’è certezza» e, si sa, tutto s’aggiusta. Lo stesso dicasi per quel che è permesso. Quand’ero giovane, fumare era consentito e, anzi, incoraggiato. Ora, guai. Ai miei tempi, dare una pedata a un cane molesto era plaudito (vendevano anche le pistole scaccia-cani, a libero mercato), oggi finisci in galera. Non si poteva divorziare, l’adulterio era penalmente sanzionato e per il procurato aborto il sole a scacchi era sicuro. In pochi anni lo scenario si è praticamente capovolto. Così, tra interpretazioni della Suprema e sentenze «creative», la solida terra sotto i piedi è diventata un parquet di sabbie mobili in cui si si naviga a vista. È il relativismo, bellezza. Muta il costume e la legge si adegua. Cioè, il mondo alla rovescia: la legge non governa ma si fa governare dalle mutevoli circostanze.
Ora, se c’è una cosa al giorno d’oggi facilissima da far mutare è il «costume». Basta avere i soldi. Orientare (o disorientare) la cosiddetta opinione pubblica è diventato un mestiere profumatissimamente pagato, e gli esperti di «comunicazione» e i consulenti d’«immagine» vengono contesi perfino dai presidenti americani. Così, finisce che quelli deputati a fare le leggi si mettono alla finestra e chiedono: gente, che cosa vi va oggi? Uno dice che vuole a tutti i costi un figlio, un altro dice che vuole disfarsi di quello che gli nascerebbe, un terzo vuole morire perché la sua vita non ha la «qualità» desiderata, un quarto vuole sposarsi con un maschio, e così via.
Occhèi, ecco una bella legge a pro di ciascuna di queste voglie all’uopo proclamate «diritti» e galera tetra per chi osa protestare. Se domani vi viene in mente qualche altro desiderio, fatecelo sapere, siamo qui apposta per accontentarvi. A qualcuno tutto ciò sembra anarchia costituzionalizzata? Nessun problema, se può si finanzi la sua bella lobby e poi andiamo a contare i voti. Eh, ce l’avevano detto, i Papi, che sganciata dal Decalogo la democrazia di massa è condannata a oscillare in un perverso pendolo tra anarchia e totalitarismo. Oggi, poi, l’Occidente ce li ha tutti e due: l’anarchia sociale in casa e il totalitarismo islamista alle porte.