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OMOFOBIA

"Bambini arcobaleno", fare outing alle elementari

Si sentono (o li fanno sentire?) omosessuali fin dall'età pre-puberale, alle elementari. I genitori li incoraggiano a scegliere a quale sesso appartenere a fare outing. Il fenomeno sta diventando una moda, su Internet e nell'editoria.

Famiglia 01_12_2013
bambino "arcobaleno"

Si chiamano bambini arcobaleno. Per i loro genitori sono già dei piccoli gay o comunque bambini che sessualmente non hanno ancora deciso da che parte stare, sospesi in una sorta di limbo sessuale. Figli in tenerissima età che, ad esempio, pur essendo maschietti amano vestirsi da femmina e giocare con le bambole. In rete si sta costituendo una vera e propria comunità di genitori di “gender creative children”. Creativi – perché a detta delle mamme – saranno loro stessi a crearsi un’identità sessuale anche differente da quella indicata da madre natura.

E così da alcuni blog, seguiti da milioni di persone, emergono spezzoni di vita vissuta di gay in erba. C’è Johnny che a 8 anni ha già fatto il suo piccolo outing con la mamma: «Ho una cotta per Blaine [un personaggio omosessuale della serie Glee], quanto vorrei incontrarlo... Sai? Sono gay come lui». Una mamma poi racconta: «Mio figlio ha solo 8 anni, non ha familiarità con gli atti sessuali: essere gay, per lui, è una questione di empatia, di atmosfera, di emozioni». Un’altra, la signora Amelia, tiene a precisare che lei e il marito non hanno fatto nulla per instradare il figlio verso questa strada: «Quando mio figlio mi disse di essere gay, due anni fa, sorrisi: era così piccolo... E voglio sottolineare: fu lui a dirlo a me, non io a lui. Certo non mi sognai di contraddirlo. Sarebbe stato molto irrispettoso nei suoi confronti. Ma nemmeno di assecondarlo. Nel tempo non ha mai cambiato idea e due anni sono tanti nella vita di un bambino».

L’outing pre-puberale poi non deve essere confinato alle pareti domestiche ma deve diventare fenomeno sociale condiviso. E dunque perché non rendere nota la decisione ad altri? Così la signora Amelia ha deciso di recarsi in missione nella scuola del figlio: «sono andata a parlare con i suoi insegnanti a scuola spiegando come volevamo crescerlo. Ci hanno compreso e sostenuto. Il preside ha subito riunito tutti gli insegnanti della scuola dicendo che un bambino aveva fatto il suo coming out. Nessun discorso omofobo, nessun atto di bullismo sarebbe stato tollerato». Lotta all’omofobia in formato bonsai.

C’è chi organizza anche party omo per i bambini chiamando a raccolta altri coetanei arcobaleno. I motivi di questa trovata gay friendly sono tre. In primo luogo, così dicono, l’omosessualità minorile non deve essere un marchio d’infamia e dunque perché non uscire allo scoperto? In secondo luogo è bello stare insieme per non far sentire soli i propri figli “creativi”. E infine lo scopo di queste festicciole è quello di rieducare i fratellini che sono ancora fermi a giocare con le pistole e i soldatini, giochi troppo etero. Ecco infatti cosa racconta una di queste mamme arcobaleno: «Con altre mamme che mi hanno contattato organizziamo una merenda, per ora mensile, perché purtroppo abitiamo tutti in città diverse. Facciamo incontrare i nostri bambini per non farli sentire unici, isolati. L'ultima volta si sono messi addosso ogni tipo di stoffa colorata e hanno organizzato una sfilata di moda per noi genitori. Sapesse che festa! Ma lo facciamo anche per non far sentire soli i loro fratelli e sorelle, anche loro invitati a giocare e a confrontarsi». Un’occasione dunque per aprire la mente degli altri figli al credo gay.

Queste mamme fanno quadrato attorno all’idea che occorre lasciare campo aperto fin dalla più tenere età al libero disegno della propria sessualità perché credono che prima si agisce meglio è. Se tuo figlio si mette le tue scarpe con tacco 10 e gioca con il reggiseno lascialo fare, gli eviterai in futuro stress emotivi e scrupoli di coscienza.

Su questi bambini “non conforming”, cioè non convenzionali, è uscito anche un libro. Si intitola “Crescendo il mio arcobaleno” e lo ha scritto Lori Duron appuntando aneddoti di suo figlio maschio CJ di 6 anni che riguardano il gaio percorso dell’omosessualità in calzoni corti: volteggiare in tutu rosa in soggiorno, giocare con la Barbie e la Principessa Disney, farsi confezionare dalla nonna vestitini da femmina. Una volta prima di andare a scuola il piccolo CJ si è rivolto così alla madre alludendo ad un gioco che faceva con i suoi compagni di classe: «Mamma, oggi, quando arriviamo a scuola, possiamo dire a Gigi che io non voglio fare sempre il papà? A volte vorrei fare la mamma».

Sulla quarta di copertina del libro della signora Duron così troviamo scritto: «Non è tutto rosa e non tutto è blu. È un pasticcio confuso o un qualcosa di creativo color arcobaleno. Lori e la sua famiglia hanno deciso di vederci l'arcobaleno».