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IL RICORDO

Baget Bozzo, le profezie di un uomo contro

Il fondamentalismo islamico, l'Occidente smarrito, le persecuzioni anticristiane: l'attualità del politologo genovese scomparso due anni fa.

Cultura 06_05_2011
Baget Bozzo

L’8 maggio 2009 veniva a mancare don Gianni Baget Bozzo, figura centrale nel cattolicesimo politico italiano del Novecento. L'attualità del teologo e politologo genovese è evidente in un suo libro L’impero d’Occidente. La storia ritorna.

In questo volume il nuovo impero d’occidente non è Roma, ma gli Stati Uniti d’America in quanto guida della civiltà occidentale spesso smarrita e incapace di andare orgogliosa del proprio portato di valori, di storia, di identità, di riconoscimento nel destino della cristianità che ha indissolubilmente segnato il destino delle grandi nazioni moderne e democratiche. Di fronte all’islam, ad una minaccia che ritorna da Oriente e che don Gianni guarda prima di tutto con occhi da “orientale”, egli ha saputo spiegare come le società musulmane guardano i modelli culturali, sociali e politici occidentali. «Il terrorismo islamico non si propone il dominio di un territorio (proprio perché non ha più attaccamenti territoriali), ma solo la distruzione di una civiltà in quanto aggregatore umano. È un fine bellico mai conosciuto prima perché tendente solo alla distruzione e non alla conquista. (…) La guerra preventiva di Bush è stata un vero tuono nell’ordine legale internazionale, non tanto perché violava il concetto di un monopolio delle nazioni unite nel determinare la legalità internazionale, ma perché si esercitava in condizioni tali da mostrare che essa fondava una nuova legalità: la legalità dell’impero, cioè di un potere che decide sovranamente ciò che giova al tempo al suo Paese e all’ordine internazionale nel suo complesso e vede questo procedimento riconosciuto quale nuova legittimità».

«L’Occidente – spiega ancora Baget Bozzo – sorge come impero provocato dal fatto nuovo del terrorismo islamico. Vanno tenuti distinti i due problemi dell’area musulmana. Il primo è quello del territorio islamico come area non pertinente alla cultura dell’Occidente; il secondo è il problema del terrorismo islamico che nasce da una combinazione di fattori interni all’islam con l’anti-occidentalismo interno all’Occidente».

Baget Bozzo è stato sempre un intellettuale cattolico capace di guardare verso la Mecca. Ma liberamente, senza alcun tipo di sudditanza. Claudio Leonardi, ultraottantenne docente di letteratura latina anima gemella di don Gianni. Leonardi che fin dagli anni Cinquanta ebbe da don Gianni la confidenza della misteriosa “Voce” cui il prete si sottometteva ha raccontato che un giorno don Gianni gli chiese di accompagnarlo a Santiago di Compostela, perché la "Voce" lo chiamava là. Un mese dopo aveva scritto Di fronte all'islam, il saggio per il quale ricevette un biglietto personale da papa Ratzinger.

Nel 2000, dunque prima dell’attentato alle Torri gemelle, con coraggio denunciava il fenomeno della persecuzione dei cristiani nel mondo e della timidezza dell’Occidente di fronte al terrorismo di matrice islamica: «Islam è il nuovo problema. In tante parti del mondo l'attacco dell'islam contro i cristiani è in corso: da Timor est alle Molucche a Mindanao in Nigeria i cristiani fuggono dagli Stati del Nord verso le terre cristiane del Sud. Ibn Turabi, il persecutore dei cristiani, non è più al potere a Khartum, ma la guerra contro il Sud cristiano continua. Perché è difficile all'Occidente riconoscere che l'islam ha sostituito il comunismo come principale problema politico dell'Occidente? Il comunismo sovietico finisce nel 1989: nel 1991 scoppia la guerra del Golfo e si rompe la Jugoslavia. La bomba islamica scoppia quando finisce la potenza sovietica. Ma non era un fatto nuovo: nel'79, dieci anni prima, era avvenuta l'altra rivoluzione, la nuova rivoluzione, quella iraniana. E in quell'anno l'ingresso dei sovietici in Afghanistan apriva un'altra strada alla rivoluzione islamica. Da quel momento l'era dell'Occidente vede chiudersi il tempo bisecolare della Rivoluzione giacobina e della Rivoluzione comunista, rivoluzioni contro la religione, e nascere una rivoluzione in nome della religione. Tutte e due – sottolinea Baget – contro il cristianesimo ma infine per motivi opposti. La rivoluzione islamica che comincia nel 1979 consiste nella decisione di fare dell'islam una religione politica, di imporla, in forme diverse come la forma totale della società.

Dove è la novità? Non era così l'islam dei Califfati degli Omeadi e degli Abbasidi, d'Oriente e d'Occidente? Era così: ma da quando i turchi ed i mongoli imposero il loro impero al mondo islamico, mantenendo le loro tradizioni tribali e preferendole all'islam, l'islam conobbe qualcosa come una differenza tra religione e politica. Il Khan turco o mongolo governava la società, l'ulema islamico la religione. E la cosa continuò con il colonialismo cristiano. Oggi invece gli imperi sono finiti: gli Stati a forma occidentale nazionale che li hanno sostituiti hanno conosciuto un ritorno all'indietro: sono sfidati a dare all'islam la sua vocazione originaria ad imporsi con la forza a tutta la società, musulmana o non musulmana. È ciò che in termini occidentali – spiega Baget – chiamiamo l'islam politico, l'islam totale. Con esso è nato anche un conflitto intraislamico: le scuole dell'islam politico sono assai diverse tra di loro, variano secondo l'ulema di riferimento, l'islam non conosce una autorità dottrinale. Ed è nato un conflitto tra l'islam politico e l'islam tradizionale, sostenuto dagli Stati ereditari dall'impero turco, dall'impero inglese e francese.

Il fenomeno politico del mondo è oggi la guerra tra l'islam politico e l'islam degli Stati, e tra le varie forme dell'islam politico. Da quando in Occidente c'è una forte migrazione musulmana in Occidente è mutata la concezione islamica delle terre occidentali. Prima esse erano considerate dar 'el ahd ("terre di pace contrattuale" Kepel): commercianti viaggiatori, marinai vi potevano vivere in pace. Ma da quando l'immigrazione è divenuta consistente, esse sono divenute dar el islam, terre d'islam. Ed in esse i musulmani debbono esercitare la Jihad, la guerra per la fede. Debbono cioè rivendicare la sharia, la legge islamica, e debbono cominciare a chiederla per sè. E per questo possono far avere pressioni una vera lotta perchè i musulmani vi possano vivere con la loro legge, diversa dalle leggi della cristianità divenute Occidente e per noi leggi dello Stato. Lo Stato: ma l'islamismo politico è una guerra contro il concetto di Stato. Il modo in cui la guerra si adatta può essere condotta dipende dalle circostanze, l'islam è flessibile nella pratica.

Ma il fine della Jihad non può essere che l'islamizzazione degli islamici: ed infine l'islamizzazione della società occidentale. Vien da sorridere quando sento laici e sinistra parlare di "multietnico". Ridurre gli islamici ad una "etnia"! O "multiculturale"; l'islam è una totalità religiosa e sociale, non una cultura in senso occidentale Da un punto di vista occidentale, dovremmo dire che gli islamici chiedono una realtà "multigiuridica": negano il concetto occidentale di Stato». «L'islam politico – concludeva con durezza il ragionamento l’intellettuale cattolico – considera il cristianesimo come un cane morto e l'Occidente come il vero nemico».

 

* autore di Don Gianni Baget Bozzo. Vita, morte e profezie di un uomo contro (ed. Marsilio)