Autodeterminazione, solo quando serve a vaccinare
Il Comitato Nazionale di Bioetica ha licenziato il suo parere sui vaccini somministrati agli adolescenti dai 12 ai 17 anni. Prevale il principio di autodeterminazione del minore, se i genitori non vogliono che il figlio si vaccini. Ma per la campagna vaccinale, in generale, torna prevalente il principio della beneficialità: si segue il miglior interesse, al di là della volontà
Il 29 luglio scorso il Comitato Nazionale di Bioetica (CNB) ha licenziato un parere dal titolo “Vaccini e adolescenti”. Gli adolescenti di cui si tratta rientrano nella fascia di età 12-17 anni, indicati anche con l’espressione “grandi minori”.
In via preliminare annotiamo che per il CNB questi vaccini offrono un buono scudo contro l’infezione da coronavirus, sono efficaci, ossia i benefici superano di gran lunga gli effetti collaterali, rallentano il contagio dato che il vaccinato è meno contagioso rispetto al non vaccinato e costituiscono un valido baluardo contro la proliferazione di varianti. Ma, come abbiamo appuntato più volte da queste colonne, tali asserzioni solo imprudentemente possono essere accolte in modo così apodittico perché su ogni punto appena citato c’è ampia discussione scientifica.
Però non è su questi aspetti che vogliamo qui soffermarci, bensì sul principio di autonomia riferito all’adolescente. Il CNB scrive: “Se la volontà del grande minore di vaccinarsi fosse in contrasto con la volontà dei genitori contrari alla vaccinazione, il Comitato ritiene che l’adolescente debba essere ascoltato da personale medico e che la sua volontà debba prevalere nei confronti del dissenso dei genitori, in quanto la volontà del minore coincide - secondo le attuali indicazioni scientifiche e salvo situazioni di salute particolari che sconsigliano la vaccinazione - con il migliore interesse della sua salute psicofisica e della salute pubblica”. Quindi, se il minore vuole vaccinarsi e i genitori dissentono, prevale la volontà del minore. Questo è valido anche nel caso opposto: “Nel caso dell’adolescente che rifiuti la vaccinazione a fronte del consenso dei genitori […] appare comunque corretto, dal punto di vista bioetico, non procedere all’obbligo di vaccinare in mancanza di una legge”.
Quanto indicato dal CNB è in palese contraddizione con l’art. 3 della legge 219/17 (la legge che ha implementato l’accesso all’eutanasia), dunque è un parere contra legem. Questo articolo al comma 2 così recita: “Il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità” (curiosamente il CNB menziona la parte dell’art. 3 relativa alle volontà espresse del minore, ma non cita invece la sezione dedicata alla decisione dei genitori che prevale su quella del figlio). Dunque obbligo di sentire il parere del minore, ma la parola definitiva spetta ai rappresentati legali, ossia, nella maggior parte dei casi, ai genitori. Il dovere nei confronti del minore è meramente consultivo, ma il parere del minore non è vincolante: decidono i genitori, non il figlio. Invece per il CNB a decidere è il minore. Per quale motivo?
Perché il moloch intoccabile della medicina contemporanea è il principio di autodeterminazione, tenuto in così alta considerazione che deve essere applicato anche a chi giuridicamente non è ancora capace di agire perché non ancora maggiorenne. Citiamo nuovamente un passaggio già menzionato: se il minore vuole vaccinarsi, occorre acconsentire a tale richiesta “in quanto la volontà del minore coincide - secondo le attuali indicazioni scientifiche e salvo situazioni di salute particolari che sconsigliano la vaccinazione - con il migliore interesse della sua salute psicofisica e della salute pubblica”. Tradotto: dobbiamo accogliere la volontà del minore in primis per il rispetto del principio di autonomia e in secondo luogo perché tale principio, in questo specifico caso che riguarda i vaccini, coincide con il principio di beneficialità (o beneficienza). Ossia voler vaccinarsi è oggettivamente la scelta migliore. Nel caso in cui, all’opposto, il minore rifiuti il vaccino, seppur non sia il suo bene oggettivo, dobbiamo comunque rispettare il principio di autonomia, cioè la volontà dell’adolescente, anche se confligge con il principio di beneficialità.
La storia della medicina ci insegna che ha sempre avuto un peso specifico maggiore il principio di beneficialità rispetto a quello di autonomia: la medicina è chiamata a curare, non ad acconsentire ad ogni richiesta del paziente. È il cliente ad aver sempre ragione, non il paziente. Nei tempi recenti invece la gerarchia si è invertita e il documento del CNB, firmato anche da membri cattolici, ne è una prova.
Se il parere del CNB mette l’accento sul principio di autonomia – seppur lo benedica quando ciò vuol dire vaccinarsi e lo tolleri nel caso opposto – l’attuale campagna di vaccinazione invece si basa sul principio di beneficialità. Oggi, e solo per il Coronavirus, il principio di autonomia è saltato e quello di beneficialità è tornato nuovamente in auge. Infatti l’obbligo de facto e non de iure alla vaccinazione si basa proprio su tale principio, seppur, come annotato, non ne esistano i presupposti dato che non siamo per nulla certi della efficacia del vaccino.
Insomma quando fa comodo ecco che rispunta il principio di beneficialità: costringiamo il popolo italico a vaccinarsi, anche contro il libero consenso, perché sappiamo che lo facciamo nel loro migliore interesse. Una schizofrenia lampante. Infatti, nel rispetto proprio della legge 219 appena citata, se una persona vuole morire e, ad esempio, non vuole più la nutrizione e idratazione assistita il medico è obbligato ad obbedire e ad ucciderlo. Di contro, il cittadino che non vuole il vaccino è obbligato alla vaccinazione se non vuole perdere l’esercizio di libertà costituzionalmente garantite. Nel primo caso la libertà è intoccabile, nel secondo caso vale come carta straccia. In breve, il sacro principio di autodeterminazione è andato in soffitta. E per chiudere: dove son finiti i difensori della libertà di cura senza se e senza ma che deve essere tutelata persino in caso di richiesta di eutanasia? Spariti.