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ORA DI DOTTRINA / 9 - IL SUPPLEMENTO

Atti degli Apostoli e Vangeli, occhio alle date, di Luisella Scrosati

Gli Atti degli Apostoli sono anteriori al 62 d.C. e il Vangelo di Luca è sicuramente anteriore agli Atti. Lo si deduce dai racconti contenuti, ed è stato ribadito con autorità en 110 anni fa dalla Pontificia Commissione Biblica istituita da papa San Pio X, proprio per contrastare l'azione di quanti disseminavano errori sulla Sacra Scrittura.

Catechismo 30_01_2022
Martirio di san Giacomo minore, XVII secolo

Atti degli Apostoli, datazione dei Vangeli e profezie. Il lettore perdonerà questa insistenza, ma è comprensibile che non si esagererà mai il valore della profezia. Ed infatti non è un caso se da svariati decenni si continuano a pubblicare monografie, articoli, introduzioni ai libri della Bibbia, che sistematicamente negano la realtà della profezia e cercano di svuotarla principalmente postdatando i libri biblici.

A subire questo trattamento sono stati soprattutto i Vangeli. I papi Leone XIII e San Pio X avevano ben compreso l’insidia: il primo decise infatti di fondare, con la Lettera apostolica Vigilantiae studiique (1902), la Pontificia Commissione Biblica, non solo per promuovere gli studi biblici, ma anche per contrastare la pericolosa azione di quanti disseminavano errori sulla Sacra Scrittura; il secondo diede facoltà alla medesima Commissione di conferire gradi accademici e sostenne la pubblicazione di numerosi contributi.

Il lavoro della Commissione fu davvero notevole: dal 1905 al 1921 vennero emanati sedici documenti, tra decreti e dichiarazioni, sotto forma di risposte a dubbi che articolavano le prevalenti posizioni problematiche del tempo. Nel 1908, per esempio, nel documento De libri Isaiae indole et auctore, si respingevano le tesi di chi riteneva che nel libro di Isaia fossero presenti non «profezie propriamente dette», ma «narrazioni composte dopo l’evento», come anche l’idea che le profezie non fossero una «rivelazione soprannaturale di Dio», ma una previsione dovuta ad «una certa felice sagacità» e un «naturale acume d’ingegno» dell’autore.

Torniamo agli Atti degli Apostoli e alla datazione dei Vangeli. La Pontificia Commissione Biblica, il 26 giugno 1912, rispose ad alcune Quaestiones de Evangeliis secundum Mc et secundum Lc, che ci interessano in modo particolare. Molto pertinente è, per esempio, la domanda VI: «È lecito differire la data della composizione dei vangeli di Marco e Luca fino alla distruzione della città di Gerusalemme; oppure, visto che in Luca la profezia del Signore circa la distruzione di quella città pare più circostanziata, si può sostenere che almeno quel Vangelo fu scritto quando l’assedio della città era già cominciato?». La risposta fu un secco “no” ad entrambe le asserzioni. Affermativa, invece, la risposta alla domanda VII: «Si deve affermare che il Vangelo di Luca è anteriore al libro degli Atti degli Apostoli; e poiché tale libro, che ha lo stesso Luca per autore, fu terminato alla fine della prigionia romana dell’apostolo, si deve affermare che il suo Vangelo non fu composto dopo questo tempo?».

Dunque la Commissione dichiarava che gli Atti sono anteriori non solo alla fatidica data del 70 d. C., ma anche a quella del 62; indizio di tale anteriorità è la brusca interruzione delle vicende di Paolo, che viene “lasciato” in una casa presa in affitto a Roma, raggiunta appunto tra il 61 e il 62. Ed il Vangelo di Luca, che contiene la profezia più dettagliata della distruzione del Tempio e dell’assedio di Gerusalemme, è anteriore agli Atti. Ne avevamo parlato nell’articolo precedente, presentando altri indizi della presenza del Vangelo di Luca già intorno all’anno 54/55.

Altre considerazioni vengono a supportare le risposte della Pontificia Commissione Biblica. Anzitutto la constatazione che sarebbe stato non meno strano del silenzio sul martirio di san Paolo, anche quello sul martirio di san Pietro e sulla distruzione del Tempio. Tre eventi che si collocano nella manciata di anni che va dal 64 al 70. Gli Atti degli Apostoli dimostrano di mantenere sempre una certa attenzione verso i fatti che interessano la comunità gerosolimitana: nei primi capitoli, la Pentecoste, il discorso di Pietro, la predicazione di Pietro e Giovanni; poi, la violenta persecuzione (cf. 8, 1), che costrinse i cristiani a disperdersi nella Giudea e nella Samaria; il martirio dell’apostolo Giacomo per mano di Erode Agrippa, nel 42, che incoraggiò il Re a mettere le mani anche su Pietro, miracolosamente liberato; e ancora il primo concilio di Gerusalemme (anno 49) e l’arresto di Paolo, tornato a Gerusalemme.

Dunque Luca avrebbe narrato l’arresto di Pietro e di Paolo, ma non il loro martirio? Avrebbe riportato il martirio di Giacomo, ma non quello dei due Apostoli? Avrebbe parlato della diaspora dei cristiani di Gerusalemme in occasione di una persecuzione e non della loro fuga a causa della Guerra Giudaica?

Eusebio di Cesarea riporta il fatto importantissimo della fuga dei cristiani da Gerusalemme verso Pella: «Al popolo della Chiesa di Gerusalemme una profezia, rivelata prima della guerra da una visione divina solo ai notabili, ordinò di abbandonare la diocesi e di trasferirsi in una città della Perea, di nome Pella; in essa, tra gli abitanti di Gerusalemme, andarono coloro che credevano in Cristo, così che uomini in tutto santi lasciarono la città regale dei Giudei e l’intera Giudea» (Storia Ecclesiastica III, 5. 3). La stessa attenzione a questi fatti si trova anche nel Panarion di Epifanio (29, 8).

I terribili disordini della Guerra Giudaica iniziarono già nel 66 d. C. ed è probabile che, vedendo quanto stava accadendo, i cristiani abbiano ricordato le parole profetiche di Gesù - stando ad Eusebio, ravvivate da una qualche rivelazione privata -, e siano letteralmente fuggiti verso i monti (cf. Mt 24, 16), cioè verso le alture di Galaad, a est del Giordano, ai cui piedi sorgeva appunto la città di Pella. Che l’autore degli Atti non accenni a questo esodo straordinario, che oltretutto avrebbe avuto uno straordinario valore apologetico di conferma della profezia del Signore da lui stesso riportata nel suo vangelo, lascia ragionevolmente pensare che egli, nel momento in cui aveva concluso il suo secondo libro, non ne sapeva nulla, perché nulla era ancora accaduto.

Un altro aspetto interessante è il silenzio degli Atti riguardo ad un altro illustre martirio: quello di Giacomo, “il fratello del Signore”, conosciuto come “il Giusto”, e generalmente identificato con l’Apostolo Giacomo il Minore. Che questa identificazione sia confermata o meno, resta il fatto che Giacomo, il Giusto, era una figura di spicco della chiesa gerosolimitana; il suo martirio avvenne nell’anno 62, ed anche di lui gli Atti degli Apostoli stranamente tacciono. È singolare osservare che l’anno 61/62 sia anche quello che colloca temporalmente il viaggio di san Paolo a Roma, ultima notizia che Luca ci riporta nella sua opera.